Riscoprire Mercadante

di Gabriele Cesaretti

il-giuramentoErnesto Pulignano

"Il giuramento" di Rossi e Mercadante

De Sono Tesi | Musica, 2007

ISBN 978-88-6040-142-7

Pagine 106

 

Strano destino quello di Saverio Mercadante, compositore tra i più interessanti ma anche tra i più bistrattati nella moderna storia del recupero del repertorio ottocentesco italiano: autore intrigante ed erudito, tanto da essere spesso escluso dall’elenco dei “minori”, Mercadante non può nemmeno essere paragonato a Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi (e considerato, quindi, “maggiore”). Mancano al compositore pugliese quell’immediatezza e quella riconoscibilità che sono caratteristiche salienti dei quattro artisti già citati e, benché si sia reso protagonista di una programmatica rivoluzione delle forme, Mercadante non arrivò a comporre opere in grado di entrare stabilmente in repertorio perché, a dispetto della raffinatezza della composizione, sostanzialmente mancava (e manca) alla sua musica la capacità di coinvolgere a fondo l’ascoltatore. Un musicista, in sintesi, che si ammira e si studia, ma che è un po’ più complicato amare: detto questo non è, tuttavia, affatto tempo perso indagare il suo repertorio e le sue composizioni che, benché spesso appaiano come fin troppo intellettuali e programmatiche nella rinunzia degli “effetti”, sono comunque scritte da un professionista che sapeva il fatto suo, sia per quanto riguarda la gestione delle voci che per ciò che concerne la cura dell’orchestrazione. Tra i pochissimi lavori di Mercadante rimasti abbastanza stabilmente in repertorio spicca Il giuramento (Teatro alla Scala di Milano, 11 marzo 1837), l’opera con cui secondo lo stesso autore iniziò la sua prevista riforma del teatro lirico: “variate le forme – Bando alle Gabalette triviali, esilio a’ crescendo. Tessitura corta: meno repliche – Qualche novità nelle cadenze – Curata la parte drammatica: l’orchestra ricca, senza coprire il canto – Tolti i lunghi assoli ne’ pezzi concertati, che obbligavano le altre parti ad essere fredde, a danno dell’azione – Poca gran cassa, e pochissima banda.” Questa rivoluzione stilistica è stata a volte mal compresa, cercando nella musica di Mercadante ciò che non poteva esserci: quando si parla di “forme variate” non si mette in discussione la struttura a numeri dell’opera italiana, ma i procedimenti con cui il pubblico riconosceva i numeri stessi, cercando una maggiore verità drammatica. Un’analisi completa e interessante della “riforma” mercadantiana è contenuta in questa interessante pubblicazione della casa torinese Edt all’interno della sua collana De Sono – Tesi: lo studio di Ernesto Pulignano “Il giuramento” di Rossi e Mercadante infatti parte proprio dall’opera in questione per un approfondito ed erudito viaggio all’interno dello stile mercadantiano, non prescindendo dall’analisi del libretto di Gaetano Rossi (come peraltro si evince dal titolo del libro). Una prima parte in cui il libretto è messo a confronto con il dramma di Victor Hugo Angelo, tyran de Padoue (lo stesso da cui Arrigo Boito trarrà La Gioconda per Amilcare Ponchielli) precede due capitoli dedicati rispettivamente alle Forme drammatico-musicali (tra cui l’intero III Atto, semplicemente denominato “N.8″ in partitura e poi da Ricordi smembrato in una “Scena e Romanza” e in una “Scena e Duetto Finale”) e alle Forme della melodia, con una particolare attenzione alla decodifica delle affermazioni di Mercadante nell’approfondimento di alcune scene-chiave, come l’aria di Viscardo del II Atto. Nel trattamento della melodia Pulignano individua tra l’altro alcune delle caratteristiche più sperimentali della “rivoluzione” di Mercadante, forse le stesse che ne limitarono in parte la diffusione in un momento in cui i concorrenti trionfavano proprio grazie all’immediatezza di melodie ricchissime e travolgenti (si pensi all’astro verdiano, che di lì a pochi anni, sarebbe sorto oscurando parecchi contemporanei con l’impeto delle sue composizioni). Completano il breve ma denso volumetto un cd-rom con il libretto e lo spartito dell’opera in pdf oltre a due utilissime appendici, contenenti alcune recensioni coeve al debutto dell’opera e una serie di tabelle tra cui spicca quella che mette a confronto i numeri della partitura autografa con i pezzi staccati dello spartito Ricordi per canto e pianoforte, quest’ultima particolarmente utile per capire la visione che l’autore aveva della sua opera, altrimenti incomprensibile seguendo la logica “di mercato” dei pezzi staccati Ricordi (che portano gli 8 numeri originali a un totale di 18 pezzi). Il volume è un’occasione per (ri)accostarsi a un lavoro molto interessante e raffinato, quindi, nonché un modo per iniziare un approccio a un compositore cui mancò forse la capacità di entrare nel cuore del pubblico che ebbero i suoi grandi contemporanei, ma che certamente non difettava né di estro né di stile.

La quarta di copertina Il giuramento, rappresentato con successo al Teatro alla Scala nel marzo 1837, è il quarantunesimo melodramma composto da Saverio Mercadante; il primo, a detta dello stesso compositore, a contenere alcune novità che denotano la volontà di allontanarsi dai modelli convenzionali a vantaggio di una maggiore essenzialità. L’analisi qui condotta si dipana attraverso le componenti morfologico-drammatiche dell’opera ed è divisa in tre parti tra loro interrelate: comparazione tra la struttura dell’intreccio nella fonte letteraria (Angelo, tyran de Padoue di Victor Hugo, da cui Boito e Ponchielli trarranno la più nota Gioconda) e nel libretto di Gaetano Rossi; analisi della morfologia drammatico-musicale, condotta dapprima sul piano dell’articolazione dei “numeri”, quindi su quello dell’organizzazione melodica. Se il confronto Hugo/Rossi misura l’inesorabile divario tra due differenti drammaturgie (il dramma romantico e il melodramma), e se il trattamento della “solita forma” – il “congegno fondamentale” dell’opera italiana dell’Ottocento – si risolve in una cauta combinazione di innovazione e tradizione, le forme melodiche costituiscono il momento più sperimentale della “riforma” mercadantiana. Tuttavia, proprio questa caratteristica deve aver nuociuto non poco alla completa affermazione di Mercadante nel contesto dell’opera italiana, dove il successo e la popolarità si basavano in misura preponderante, se non esclusiva, sull’immediatezza percettiva dell’invenzione melodica.

Pubblicato in collaborazione con Non solo belcanto