Da Baryshevskyi a Perrotta, lo Yin e lo Yang del pianoforte a Bologna

di Roberta Pedrotti

Per la prima edizione del festival Pianofortissimo, nel ricco panorama internazionale che ha visto esibirsi anche Leone Magiera, Beatrice Rana, Wonmi Kim e Wim Mertens, si sono segnalati concerti di Antonii Baryshevskyi e Maria Perrotta: temperamento slavo fra XIX e XX secolo e tutte le sfumature di Bach.

 

 

BOLOGNA, 26 giugno/3 luglio - Da quest'anno Bologna ha un nuovo appuntamento con la musica, il festival Pianofortissimo che ha esordito fra giugno e luglio con una serie di concerti programmati nel cortile dell'Archiginnasio. A causa del tempo incerto i due cui abbiamo assistito si sono però svolti al chiuso, nell'auditorium Enzo Biagi in Sala Borsa, il centro bibliotecario polifunzionale affacciato su Piazza Maggiore. In due serate, nel medesimo spazio, si sono espresse, fra le dita di Antonii Baryshevskyi (26 giugno) e di Maria Perrotta (3 luglio), due scuole, due concezioni del pianoforte profondamente differenti.

Il primo, giovane ucraino al suo debutto bolognese, è un talentuoso esponente della tradizione slava, con la sua pienezza e potenza di suono, il suo vigore esuberante, la sua brillantezza coloristica e la grandezza di fraseggio. Tutte caratteristiche che, sorgendo dal tardo romanticismo, non rinnegano certo la raffinatezza, ma la vivono nella centralità dell'artista e nella sua capacità di sbalzare dinamiche e contrasti in una visione personalissima della musica. Baryshevskyi lo dimostra soprattutto affrontando alcuni Poemi e pezzi brevi di Skrjabin, nei quali dipana visioni e trasparenze con lucido trasporto, penetrando e facendo proprio il microcosmo cromatico e luminoso di queste miniature oniriche. Così centellina anche l'Alouette Lulu, dal terzo libro del Catalogue d'oiseaux di Messiaen, musica allo stato pulviscolare che il pianista lascia fluttuare nell'aria abbandonandosi alla pura astrazione del suono. Aveva, d'altra parte, già mostrato la sua dimestichezza con la tradizione del Romanticismo aprendo il programma con la Fantasia in Do Maggiore op. 17 di Schumann, pagina che nel suo estro geniale e conturbante si addice particolarmente alla personalità del giovane Baryshevskyi, capace di sbalzarla con vigore plastico senza perdere di vista le inquietudini, le irregolarità, i contrasti, le asprezze più taglienti o gli abbandoni. La Fantasia è forse il brano più complesso e affascinante di questo programma eclettico ma non certo sbilanciato o incoerente, tuttavia il momento di gloria del pianismo slavo di Baryshevskyi resta la seconda parte del concerto, con i Quadri di un'esposizione di Mussorgsky. Qui il talentuoso ucraino può mostrare la maestà della porta di Kiev, la giocosità danzante dei pulcini nel guscio, con il loro frenetico crescendo, il folklore fiabesco, grottesco e terribile, della Baba Yaga, l'aereo impressionismo di Limonges o delle Tuileries, i paesaggi romantici o sepolcrali, i bozzetti lievi o giocosi, quelli sarcastici, quelli tradizionali, fra le variazioni della Promenade. Il virtuosismo dev'essere qui vigoroso e visionario, nel senso proprio di evocatore di immagini, e quello di Baryshevskyi ha la potenza, la fisicità impetuosa, la cura minuziosa ed esuberante delle dinamiche per darne piena realizzazione.

[ndr. 31/05/2014: Baryshevskyi ha vinto il premio Rubinstein 2014, leggi la notizia]

Se queste categorie non si prestassero a oziose banalizzazioni e a stereotipi, si potrebbe ben definire maschile l'approccio del venticinquenne erede e astro nascente della scuola slava, come femminile è il pianismo di Maria Perrotta, che ha chiuso in bellezza la prima edizione di Pianofortissimo.

A differenza di quello di Baryshevskyi, quello della Perrotta è un programma monografico, incentrato sul primo libro del Clavicembalo ben temperato, la consacrazione e la chiave di volta del sistema musicale occidentale moderno. Non tanto per la questione dell'effettivo temperamento adottato per l'accordatura dello strumento, quanto per il livello assoluto di astrazione a cui approda lo sviluppo delle forme di fughe e preludi in tutte le tonalità enarmonicamente possibili, che risultano equivalenti, ma così dipanate lasciano ancora echeggiare l'antico concetto di ethos tonale. Almeno, un ethos traspare certamente nella lettura della pianista calabrese, che trova l'aurea proporzione fra il rigore stilistico, la pulizia estrema del tocco e una finissima sensibilità di fraseggiatrice. Dà della grande opera teorica una lettura pianistica che non scimmiotta mai il clavicembalo, ma nondimeno aderisce allo spirito bachiano, ne eleva le architetture con cristallina precisione e ne rivela il respiro melodico, lasciando il giusto spazio a tutte le voci, controllando sempre alla perfezione tutte le dimensioni della scrittura. Stimola, così, una sorta di ascolto tridimensionale che mantiene straordinariamente viva l'attenzione, completamente assorbita dalla scrittura e dalla capacità dell'artista di mantenere perfettamente intellegibili tutti i livelli della composizione senza peraltro rinunciare a interpretare, a giocare, con studiato pudore, fra sfumature cromatiche e dinamiche appena accennate, ma di tale intelligenza musicale e artistica da imprimere in filigrana lo stemma d'una grande personalità. Sala piena e applausi entusiastici per entrambi i recital. Baryshevskyi offre Chopin come bis, ribadendo le sue caratteristiche di pianista di talento e temperamento d'alta scuola e tradizione; dopo il programma della Perrotta ogni nota sarebbe stata di troppo, avrebbe turbato il divino equilibrio di una monografia ancora capace d'incantare proprio per la sua sintesi sublime di arte e speculazione. Basta un inchino, e si chiude con meritato successo la prima edizione del festival Pianofortissimo. Restiamo in attesa della prossima estate.