Ingo Metzmacher

La versione di Ingo

 di Roberta Pedrotti

Ingo Metzmacher debutta a Bologna con un bel programma articolato fra Stravinskij e Mozart.

BOLOGNA, 23 febbraio 2017 - Da Stravinskij a Mozart e ritorno, due brani ciascuno, incorniciati l’uno nell’altro, con l’onore bilanciato di un brano breve d’apertura (Circus Polka e Ouverture da Die Zauberflöte) e un pezzo forte di almeno mezz’ora (Sinfonia n.39 K 543 e Petruška), entrambi presenti con partiture fra loro connesse, vuoi per i richiami al mondo popolare ed esuberante di fiere circhi e teatrini di marionette da una parte, vuoi per la strettissima parentela fra il Singspiel e la Sinfonia. Il programma è, insomma, davvero bello e ben congegnato, sapiente rete di richiami e affinità; a reggerne le fila ci vuole, però, la bacchetta giusta, la bacchetta che abbiamo incontrato nel debutto bolognese di Ingo Metzmacher.

La fama e la carriera del maestro tedesco si confermano ampiamente meritate quando si ammirano la sicurezza tecnica e l’autorevolezza nel controllo dell’orchestra, spinta a una particolare concentrazione, ma anche e soprattutto l’energia propulsiva del suo gesto coinvolgente e del suo fraseggio, che si dipana come un flusso continuo, mai omogeneo o scontato.

Quello di Metzmacher è un Mozart che non passa inosservato e non si dimentica, chiarissimo nel disegno, ricco nel suono, ma con una sorta di nervosismo sottopelle che si scrolla di dosso ogni morbida levigatezza e fa emergere un gioco di equilibri e incastri metrici capace di sorprendere e intrigare. Originale, insolito, ma non bizzarro, sempre sostenuto da una limpida coerenza.

Con Stravinskij, poi, il direttore va a nozze, da esperto e amante della musica del Novecento e dei giorni nostri, e ne scontorna le prospettive cubiste, i risvolti inquieti dei colori festosi, le combinazioni ardite di frammenti popolari, l’estro ferino del ritmo, l’imprevista levità lirica.

Alla singolare, spiccata personalità, che appone una firma a ogni interpretazione e lascia un segno sempre propositivo, si unisce il pragmatismo di chi sa calibrare esattamente le proprie esigenze per raggiungere lo scopo prefisso nel modo più efficace. L’orchestra del Comunale è condotta così nell’arduo cimento (soprattutto stravinskijano) con guida sicura che non si lancia in temerari voli senza rete: lo confermano la cura delle arcate, la pulizia delle percussioni, la prova di fiati e ottoni, magari non sempre scintillanti nota per nota, ma saldi precisi e senza intoppi, anzi, con qualche bell’inciso della tromba, per esempio.

Buon successo, meritato, con l’auspicio di approfondire la conoscenza di Metzmacher anche sui nostri lidi italiani.