Viaggi, visioni e castori

 di Giuliana Dal Piaz

 Originale viaggio musicale nella storia del Canada fra XVII e XVIII secolo dal punto di vista dell'importanza assunta dal castoro nell'economia locale.

TORONTO, 22 febbraio 2017 - Alison Mackay, membro dal 1979 della Tafelmusik Baroque Orchestra in cui suona il contrabbasso e il violone, non è solo una bravissima strumentista, ma anche una sperimentata e creativa musicologa: sono sue, infatti, sia l’idea dell’evento multimediale Visioni e viaggi: il Canada tra il 1663 e il 1763 sia tutta l’ampia ricerca storica che vi sottende per la celebrazione del 150º anniversario della nascita del Canada come unica entità federativa, e che fa seguito ad altri sette progetti analoghi che ha già realizzato per Tafelmusik, dal “Galileo Project” al “Tales of two Cities: Leipzig-Damascus” [leggi]. L’originalità dell’idea non si limita ai meri fatti storici – a cui fanno cenno sia il testo sia molte delle immagini – ma si ispira anche a un peculiare filo conduttore: il castoro e la sua importanza nello sviluppo dell’economia canadese, quando le sue pelli erano il principale articolo di esportazione verso l’Europa, dove venivano lavorate per creare i neri tricorni (chiamati appunto “beaver”, dal nome inglese del castoro), di gran moda nelle Corti e di uso generale nei ranghi superiori degli eserciti.

La consueta formazione dell’ensemble ha di recente subito qualche variazione: il violista Stefano Marcocchi (rientrato in Italia per ragioni familiari) è stato temporaneamente sostituito dal giovane Brandon Chui, e al gruppo dei violini si è aggiunta in quest’occasione Michelle Odorico (che sembra tuttavia aver bisogno di maggior esperienza e concentrazione). Artisti ospiti per Visions and Voyages l’attore Ryan Cunningham, appartenente alla nazione aborigena PlainsCree/Métis e molto attivo nel settore teatrale indigeno, e il ballerino Brian Solomon, di origine Anishnaabe, già noto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in altri paesi europei.

I testi letti da Cunningham sono tratti da varie fonti: relazioni di gesuiti francesi, diarii, lettere, documenti di archivio, manifesti di carico di alcune navi, e alcuni versi dal poema Old story di Armand Garnet Ruffo, della Gente Ojibwe, docente di Letteratura Indigena presso la Queen’s University.

Nella prima metà del concerto, al pubblico è stata trasmessa da immagini e narrazione un’idea della vita nelle antiche comunità indigene prima dell’arrivo degli europei, così come della vita nella "Nouvelle France", l’ampio territorio colonizzato nel XVII secolo che comprende oggi il Québec, il Newfoundland e la Nova Scotia. Alla recitazione si sono alternati brani musicali di autori francesi dell’epoca: dalla Sémelé di Marin Marais, le Airs pour les thébains et les thébaines hanno commentato i testi antichi e lo sprezzante atteggiamento degli europei nei confronti degli indigeni, la Passepieds en musette ha accompagnato l’andirivieni di castori al lavoro nel loro habitat fluviale, e il Tremblement de terre (sempre di Marais), dedicato al ricordo del sisma di Charlevoix nel 1663 – nel quale l’oboista John Abberger ha gestito con impressionante efficacia le percussioni – è stato rappresentato sullo schermo da impattanti immagini in bianco/nero/argento scattate dal canadese Simeon Posen, le cui collezioni fotografiche si trovano al Metropolitan Art Museum di New York, così come ad Ottawa e a Toronto. Un altro terremoto di poco successivo, stavolta politico – lo scioglimento della Compagnie de la Nouvelle France col quale, artefice il ministro Colbert, Luigi XIV avocò a sé il governo diretto della provincia reale del Québec –, è raccontato da una selezione di passi dalla Suite orchestrale dell’Alceste di Jean-Baptiste Lully (Marche des combattants, Rondeau pour la fête marine, Loure pour les pêcheurs e Pompe funèbre) sottolineando in musica, da una parte, il fiorire della cultura e dell’economia in Francia con la creazione di importanti istituzioni (come l’Académie des Sciences, l’Observatoire, l’Académie de Musique o la Manufacture des Gobelins) e, dall’altra, l’effimero impulso al ripopolamento della nuova colonia con l’invio di ottocento donne francesi, les filles du Roi, e la sottoscrizione nel 1701 della Grande Pace di Montréal per mettere fine alle guerre con gli indigeni. La prima parte del concerto si è conclusa col Preludio al Te Deum in Re Maggiore di Marc-Antoine Charpentier.

In assenza di una vera politica coloniale francese in Nordamerica, soprattutto a fronte della contemporanea lungimiranza dell’espansione britannica, che in territorio canadese crea la “Company of Hudson’s Bay” per il controllo del commercio di pellicce e minerali preziosi, e più a sud si esplica nelle tredici colonie da cui nasceranno gli Stati Uniti d’America, l’attenzione si sposta sull’Inghilterra sia nella seconda metà di questo Visions & Voyages sia negli avvenimenti storici dei cent’anni in riferimento. Malgrado la moda del tricorno fosse stata lanciata dal Re Sole per poi diffondersi in tutta Europa, il commercio delle pelli era praticamente un monopolio britannico come la produzione del cappello, chiamato in Inghilterra “cocked beaver” (castoro a tricorno). Esisteva perfino una composizione popolare anonima dal titolo Johnny, cock thy beaver! (Johnny, raddrizzati il tricorno!) pubblicata nel 1685, tema sul quale il violino di Christopher Verrette e un continuo di liuto e clavicembalo eseguono una spiritosa variazione. Echeggiano quindi le composizioni di Henry Purcell per i sovrani che portarono a termine la colonizzazione inglese del Canada: l’ode Come ye sons of art; King Arthur: The Trumpet Tune e Chaconne; Dido and Aeneas: Danza trionfale, tutte in onore di Guglielmo III di Orange; e infine la Marcia che, con altri brani composti da Purcell, fu inclusa nel The Old Bachelor (Il vecchio scapolo) di William Congreve, opera presentata in occasione della visita a Londra (1710) di quattro principi irochesi (The Four Kings of Canada) invitati e colmati di onori dalla regina Anna Stuart, succeduta a Guglielmo III. Quello stesso anno, si trasferiva definitivamente a Londra George Friderich Haendel (lavorerà per la Regina Anna, ma anche per i suoi successori Hannover, Giorgio I e Giorgio II) e sue sono le musiche che seguono: la “Grande Entrée” dall’Alcesti, con un uso insolito di oboe e violini per una processione regale; l’Allegro dal Concerto Grosso in Re op. 3, n. 6; la “Marcia” dallo Scipione – poi divenuta famosa come Marcia dei Granadieri inglesi – e la Sinfonia da Israele in Egitto, riadattata dallo stesso Haendel da un inno funebre composto anteriormente e qui usato come un lamento dinanzi alla raccomandazione di portare agli indigeni canadesi “un incivilimento aggressivo”. Giorgio III sale al trono nel 1760 e tra le sue prime preoccupazioni, alla fine della Guerra dei Sette Anni, è quella di sostenere i possedimenti inglesi in Nordamerica: con il Proclama Reale del 1763, egli stabilisce nuove regole per l’acquisizione di terre dagli aborigeni e per frenare l’espansione coloniale ad ovest. Dopo un breve interludio di Robert de Visée per liuto solo, suonato da Lucas Harris, l’intero ensemble esegue due delicati brani di Jean-Philippe Rameau, “L’Entrée de Polymnie” da Les Boréades (opera che era in preparazione al Palais Royal nell’aprile 1763, quando il teatro soffrì un incendio devastante), e la “Contredanse” da Pygmalion, per i versi di Armand Garnet Ruffo e la suggestiva coreografia di Brian Solomon, che ha dato “forma e figura” alla malinconia dei violini e del clavicembalo, che ci esprimono nostalgia per la fine di un mondo ma anche speranza di futuri risvegli.