Lieder d'un meriggio di mezz'estate

 di Roberta Pedrotti

Fra le recite di Le siège de Corinthe, di cui è protagonista giustamente applaudito per autorevolezza e classe, Luca Pisaroni offre un recital in cui propone, con la complicità di Giulio Zappa, perle cameristiche di Schubert, Liszt e Rossini.

PESARO 15 agosto 2017 - Tante possono essere le declinazioni dei Concerti di Belcanto che da una ventina d'anni animano a mo' di aperitivo musicale pomeriggi nei giorni del Rossini Opera Festival, ma fra queste sempre gradita è la formula della Liederabend che a brani da camera del genius loci affianchi pagine del più blasonato repertorio vocale d'Oltralpe. Artista perfetto per un programma di questo genere è Luca Pisaroni, biografia cosmopolita (nato in Venezuela, cresciuto a Busseto, moglie statunitense, carriera fiorita fra Vienna e New York) così come la sua personalità artistica, che al teatro di Mozart e Rossini intreccia un'intensissima attività di liederista.

Le attese non vanno deluse innanzitutto nella scelta del programma, che si apre con sei Lieder giovanili (composti fra il 1816 e il 1821) di Schubert su testi di Mayrhofer e Goethe: Der Schiffer, Memnon, Auf der Donau, Ganymed, Grenzen der Menschheit a An Schwager Kronos. Tutti pervasi, in forme e prospettive diverse, da un senso profondo di Sehnsucht, di nostalgia struggente verso qualcosa di inafferrabile, inafferrato, perduto, che nella timbratura virile della voce di Pisaroni mantiene una dolorosa introspezione senza scivolare nella nevrosi o nel languore, valorizzando, piuttosto, la nobile semplicità e la quieta grandezza dei ricorreti richiami classici.

Lo stesso sentimento, nei tre Lieder di Liszt prescelti per il prosieguo, dall'universale si concentra nell'ambito amoroso, dal tono notturno e rarefatto di Über allen Gipfeln, lo scoramento disperato di Vergiftet sind meine lieder fino alla dolcezza nostalgica di O lieb' so lang du lieben kannst. È, però, soprattutto il primo brano lisztiano a colpire per l'audacia poetica di quel canto tutto sussurrato sulla parola, come l'acustica della sala e l'abile sostegno del pianoforte possono consentire.

Un plauso speciale va, dunque, anche a Giulio Zappa, sia perché una Liederabend non po' dirsi degna di questo nome senza un pianista all'altezza, sia perché dall'accompagnamento, anzi dialogo, con il canto passa disinvoltamente all'impegno solistico con la Rapsodia ungherese op. 5, giustamente applaudita con calore dalla sala.

A questo intermezzo strumentale segue la parte italiana e rossiniana, per qualità e profondità di scrittura serenamente omogenea alla precedente. La selezione è accorta, in un percorso che in perfetta simmetria parte dalle Soirées musicales e vi fa ritorno passando per i Péchés de vieillesse (Album italiano, Morceaux réservés, Album italiano): La promessa, La lontananza, L'esule, L'ultimo ricordo sembrano delineare un unico arco narrativo, che, fortunatamente, stempera infine la tensione con il carattere più scanzonato del Rimprovero. Soprattutto in quest'ultimo e nei primi due, una voce più acuta sembra più congeniale alla scrittura, ma il senso di continuità e consequenzialità che porta a un lamento d'esilio più introverso e intellettuale che eroico e soprattutto a un intimo e commuovente Ultimo ricordo determina la cifra artistica e stilistica di un concerto ponderato con intelligenza.

Sciolti, per i bis, i confini entro i quali la Sehnsucht romatica prede forma musicale, Pisaroni e Zappa offrono con L'orgia rossiniana un esempio di eleganza, spirito e fascino timbrico dongiovannesco uniti a un'accurata musicalità. “La calunnia”, infine, non fa che confermare, con sobria arguzia, queste doti e l'ottimo acquisto per il Rossini Opera Festival costituito dal debutto di Luca Pisaroni.

foto Amati Bacciardi