Michael Barenboim

L'attuale e l'avvenire

 di Roberta Pedrotti

La stagione di Musica Insieme si apre con un bel concerto che ambisce trasversalmente il tema di Bologna Modern con il gioco, veggente o contingente, di piani quasi cinematografici in Wagner, Bruckner e Korngold (tutti autori direttamente o indirettamente) fondamentali nella storia della colonna sonora). Ottima la prova dell'Orchestra Giovanile Italiana guidata da Philippe Auguin con la pregevole partecipazione solistica di Michael Barenboim.

BOLOGNA, 16 ottobre 2017 - Wagner, Korngold, Bruckner: può essere legittimo domandarsi come si inserisca questo concerto, senza che in programma vi sia spazio per nulla di più recente, nel cartellone di Bologna Modern. La risposta arriva obliqua, accarezzando le estensioni del concetto di modernità e del rapporto con la stessa, soffermandosi sul sottotitolo della rassegna, che recita “festival per le musiche contemporanee” e non “festival di musiche contemporanee” e aprendosi, perlomeno, a tutte le accezioni dell’accogliente caso ablativo. Gli accostamenti ben escogitati fanno il resto, ché, se non ascoltiamo nulla che si possa dire “contemporaneo” (tanto più che in Italia il pubblico dovrebbe finalmente abituarsi a considerare  come tali solo i viventi, e non autori come Nono e Berio, defunti e storicizzati) ascoltiamo musica che, fra aspirazione all’avvenire e contingenza contemporanea, con la modernità ha un legame profondo.

Basti pensare alla grandiosità dell’architettura tematica del Preludio di Die Meistersinger von Nürnberg e a quella più tormentata di Bruckner nella sua Settima Sinfonia, associarle alle rinnovate frontiere di rielaborazioni e destrutturazioni dei linguaggi d’avanguardia, considerare anche solo la mobilità delle prospettive e delle focalizzazioni fra temi, dettagli, timbri. Un procedimento che si potrebbe dire cinematografico, un virtuosismo di inquadrature, piani sequenza, tagli repentini. Qui si innesta Korngold, che nel Novecento s’immerge proprio attraverso il cinema, incontro fortunato per quanto forzato dalla tragedia storica (ebreo, era stato costretto a emigrare negli Stati Uniti, dove grazie a un altro esule illustre come Max Reinhardt era entrato in contatto con la nascente industria della celluloide). Anche quando, a guerra finita, torna alla sala da concerto per ribadire serenamente la sua posizione di compositore “serio”, la sua musica resta squisitamente, quasi sfacciatamente immanente, con quel gusto melodico che guarda senza dubbio a certo Mahler e a certo Strauss (nonché a un pizzico di Čajkovskij), con una comunicativa immediata ma non sprovveduta, piuttosto quasi edonista nel suo struggente lirismo. Risulta pertanto quasi incredibile che questa sia – ed ecco la punta di novità in seno al festival – la prima esecuzione bolognese del Concerto per violino e orchestra di Korngold, uno di quei brani che pareva di conoscere già da prima del primo ascolto, tanta è la chiarezza d’ispirazione dei temi.

Lo tiene a battesimo Michael Barenboim, che regge bene l’onore e l’onere di tale cognome (e di una costellazione familiare non meno ingombrante: basti pensare che il primo marito della madre, la pianista Elena Baškirova, è stato nientemeno che Gidon Kremer). Si tratta prima di tutto di un violinista giovane (classe 1985) e bravo, che si abbandona con sincerità e buon gusto alla melodia, dominandone anche la progressiva disarticolazione così come i passaggi più virtuosistici. Le sue qualità di interprete accorto e di esecutore tecnicamente solido si confermano anche nei due bis paganiniani, meritatamente coronati da grandi applausi.

A solista giovane corrispondono una compagine ancor più giovane e una bacchetta di grande esperienza. La prima è l’Orchestra Giovanile Italiana ed è un vero tesoro: non sono molti i complessi in Italia a tener testa alla scrittura di Bruckner con questa compattezza e identità di colore, soprattutto negli archi e nei legni, ma anche in una sezione d’ottoni superiore alla media, ben calibrata e attenta. Queste sono le realtà da valorizzare, questi i giovani musicisti a cui garantire un futuro che non ne disperda il talento: fra modern e contemporaneo, ecco il futuro.

Sul podio la guida preziosa è Philippe Auguin, che garantisce sicurezza e giusta misura, con una lettura elegante, capace di abbracciare anche la frammentazione tematica di Bruckner in uno sguardo d’insieme coeso e compatto, concentrandosi più sull’unitarietà del tutto che sul tormentato gioco delle parti senza, tuttavia, perdere di vista l’articolazione interna delle voci e dei rimandi.

Un franco successo saluta tutti gli interpreti di un bel concerto, a prescindere da ogni etichetta.