La consacrazione del canto

di Giuseppe Guggino

Stefano Ranzani dirige i complessi del Massimo di Palermo in un programma pomeridiano con due pagine corali di Brahms e la sinfonia Jupiter di Mozart; ma la perla preziosa che rende indimenticabile il concerto è il canto di Marianna Pizzolato nella Alt-Rhapsodie.

PALERMO, 27 aprile 2014 - Accostare due pagine struggenti quali la Alt-Rhapsodie Op. 53 e lo Schicksalslied Op. 54 di Brahms con un capolavoro di Mozart quale la Sinfonia K551, scritta in raggiante tonalità di Do maggiore, potrebbe sembrare una semplice casualità e invece, come informano le note di sala, confezionate con la consueta lodevole cura, Giorgio Pestelli ha osservato che il tema di quattro note che dà l’avvio all’ultimo tempo della sinfonia mozartiana (di derivazione vagamente gregoriana) ritornano più volte in queste due composizioni sinfonico-corali del compositore di Amburgo, sebbene in realtà il rimando compaia tanto sottotraccia da non risultare mai ben riconoscibile all’ascolto. Al di là dell’osservazione sul tema “Jupiter”, il “canto” è l’elemento unificante del concerto, capace di dare voce alla disperazione non rassegnata dei versi di Goethe o all’enigmaticità di quelli di Hölderlin, così come anche alla massima espressione della gioia in musica che è nell’ultima sinfonia mozartiana.

E non si poteva scegliere solista migliore della splendida Marianna Pizzolato per aprire un programma interamente consacrato al “canto”, giacché la sua voce è baciata dalla natura che le ha regalato uno strumento di purissimo velluto, sorretto da un’emissione morbida e perfettamente calibrata, supportato da una respirazione assolutamente naturale e tecnicamente ben assestato a garantire un legato immacolato; con queste premesse, aggiungendo che la tessitura molto grave della Alt-Rhapsodie è stata gestita con grande perizia (senza peraltro ricorrere alle lezioni alternative segnate in due punti della partitura su “Das Gras”) e che la mano di Stefano Ranzani sul podio era veramente ispirata, non è difficile immaginare come l’incanto abbia facilmente lenito i dolori dell’anima e levitato le coscienze verso le alte sfere dove – ne siamo certi – anche Johannes Brahms avrà provato godimento. Al rientro sulla terra, fortunatamente, ha provveduto l’ingresso del coro maschile in “Ist auf deinem Psalter”, corretto nell’intonazione, tutto sommato accuratamente preparato, ma privo di discrezione nelle sonorità, oltre che di qualsiasi poesia. E se il tributo del pubblico verso il giovane mezzosoprano, non avvezzo a trascinare seguiti di claque smodatamente plaudenti ma saggiamente concentrato nell’amministrazione dell’ingente patrimonio vocale, forse non è stato pari al valore maiuscolo del cimento, vale la pena osservare che successi del genere guadagnano in autenticità e consapevolezza, più che in decibel. Lo Schicksalslied, con una prova della sezione maschile del coro nettamente superiore rispetto a quella del settore femminile, tutto sotto la preparazione del maestro Piero Monti, è stato reso con efficacia anche grazie al supporto dell’Orchestra in netto guadagno di spolvero rispetto agli ultimi concerti della stagione sinfonica.

Con lo stesso approccio volto a far “cantare” gli archi (sollecitati spesso ad arcate generose), oltre che con lo stesso organico delle pagine brahmsiane, il maestro Ranzani si lancia nella seconda parte nella Sinfonia K551, sfoggiando un fraseggio nervoso, febbrile, volto a differenziare - forse ad esasperare - i contrasti dinamici, oltre che quelli agogici; se la presenza di sei contrabbassi contro sei violoncelli può far risaltare con bell’effetto i pizzicati dell’ultima parte del primo tempo, certamente pone qualche problema di equilibrio tra canto e controcanto nella monumentale scrittura contrappuntistica dell’ultimo tempo, dove, un po’ come quando si spinge in autostrada un’automobile di media cilindrata su velocità oltre i limiti consentiti, la scarica di adrenalina è garantita a prezzo di qualche eccesso di rumorosità e di gas di scarico. Complessivamente la lettura, anche grazie a un’ottima prestazione di tutti i settori dell’Orchestra, ha una sua coerenza con lo spirito dionisiaco innegabile della Sinfonia e costituisce un bel biglietto da visita per il Don Giovanni che prossimamente il maestro Ranzani dirigerà al Teatro Massimo. Bis dell’ultima parte del “Molto allegro”, sempre a velocità da capogiro e applausi convinti.