obiso uryupin

Estasi Čaikovskijana

 di Giuseppe Guggino

In una serata tutta “russa”, l’esuberante violinista Andrea Obiso e l’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo incantano il pubblico con una convincente esecuzione del concerto in violino di Čajkovskij, seguita da una quinta sinfonia nella quale emerge pienamente l’enorme talento del giovane Valentin Uryupin sul podio.

Palermo, 11 febbraio 2018 - Continua in crescendo la stagione sinfonica del Teatro Massimo di Palermo con una riuscita serata dedicata a due pagine classiche del repertorio russo. È l’esuberanza del violinista palermitano Andrea Obiso a onorare, quasi sempre impeccabilmente, il temibile Concerto in Re maggiore op. 35 di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Il dispiegamento tecnico che si apprezza sul Guarneri del Gesù che imbraccia è inebriante, preciso (tranne alla fine del primo movimento), espressivo nel secondo movimento (complici gli ottimi legni in orchestra) e vorticoso nell’ultimo tempo; il gusto, se non altro nello scegliere la giusta giacca da concerto, è perfettibile, così come la compostezza quando non suona, ma sono dettagli che si aggiusteranno certamente col tempo. Intanto ci stanno tutte le chiamate alla ribalta, onorate con due bis, di Ysaye (Ballata dalla Sonata n.3) e Bach (Grave dalla Sonata BWV 1003), oltre ad un informale scambio battute col pubblico.

Se l’intesa tra la compagine e il direttore nel Concerto è buona ma perfettibile, magari con un migliore rodaggio con il solista sull’attacco del terzo movimento, la presenza dell’enorme talento di in Valentin Uryupin, giovane ucraino vincitore del Concorso Solti, si avverte inequivocabilmente nella seconda parte della serata, occupata dalla Sinfonia n. 5 di Čajkovskij, che mostra di conoscere mostruosamente a menadito.

Con un gesto di grande esattezza, sia esso assistito dalla bacchetta o meno, e nel quale non si fatica a cogliere la frequentazione con Gergiev di cui è stato assistente, l’Orchestra trova una guida sicura che le consente il pieno dispiegamento di una valanga di suono e la ricomparsa di quel grande sconosciuto nelle ultime prestazioni che è il fraseggio. Se nell’Andante cantabile corno, clarinetto e oboe superlativi galleggiano sul preziosissimo tappeto intessuto degli archi tutti, non rimane che compiacersi del successo collettivo e auspicare un ritorno di Uryupin nelle prossime stagioni.

foto Franco Lannino