Danza sotto le stelle

 di Antonino Trotta

Mozart, Schubert, Dupare e Connesson: le stelle d’oggi e di ieri del firmamento musicale si incontrano per danzare insieme nella serata MITO dedicata agli “Étoiles”.

Torino, 11 Settembre 2018 – Non è sempre facile, per chi costruisce a un festival così articolato come il MITO, riuscire a stilare centoventicinque programmi perfettamente allineati con il leitmotiv dell’intera rassegna e la ricerca di un filo conduttore nei capitoli di un’antologia impressa sulle note di sala si limita il più delle volte a essere un esercizio per gabbare l’attesa dell’inizio. Dunque non ci si cruccia se nella serata dedicata agli “Étoiles”, almeno in prima istanza, della danza non s’intravede nemmeno l’ombra.

La prima esecuzione italiana dei Feux d’artifice di Guillaume Connesson proietta nella sala del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino il luccichìo di costellazioni squisitamente hollywoodiane. Si tratta infatti di un omaggio alla grande musica da film, di un lavoro dalla scrittura orchestrale colorita e accattivante: la creatività ritmica e l’inventiva strumentale erigono le colonne portanti di una partitura simpatica, piuttosto commerciale, che assolve egregiamente il compito, nei circa otto minuti di durata, di riscaldare il pubblico senza rischiare di annoiarlo. Giampaolo Pretto investe su una concertazione scaltrita e spinge al limite le sonorità dell’Orchestra Filarmonica di Torino, fragorosa nella sezione dei fiati, protagonisti nello scioglimento della trama melodica più corposa.

Il discorso musicale diventa più interessante nella dimensione cameristica del concerto per violino no.3 in sol maggiore di Mozart. Gli echi e le proiezioni della partitura prendono forma in uno spazio dinamico ben più cesellato dall’orchestra (nonostante qualche protagonismo eccessivo dei fiati nel secondo movimento), con archi guizzanti nelle luminose gragnole di sedicesimi dell’Allegro iniziale. Pretto è ora garante di un’intensa comunione d’intenti tra il violino solista e i complessi dell’OFT e si fa artefice di una specularità quasi illusoria che acuisce oltremodo la luminosità della musica. Chloë Hanslip danza sulle quattro corde del suo Guarnieri del Gesù con grande leggiadria e il suono femminile (nell’accezione più nobile del termine) restituisce al concerto un candore fanciullesco plasmato con arcate morbide, cantabilità dispiegata e un fraseggio di stampo classicheggiante che nelle acciaccature e nei lunghissimi legati dell’Adagio si concede qualche estetismo di caratura più romantica. In prossimità del ponticello si avverte talora un po’ di metallo, ma i calorosissimi applausi, prolungati fino alla concessione di un bis – l’Adagio dalla prima sonata di Bach – confermano il grande apprezzamento per un violinismo che sa attingere linfa a una musicalità d’introspezione.

Introspezione dilagante nel manto sereno e flessuoso di Aux étoiles di Henri Dupare, dedicato alla memoria di Renzo Brancaleon, primo violoncello dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai fino al 1989, didatta e figura di spicco nell’ambiente musicale torinese, scomparso alcune ore prima dell’inizio del concerto. Dalla celeberrima Incompiuta di Schubert si evince infine un lavoro di preparazione estremamente curato. In un repertorio che richiede tanta malleabilità timbrica, il forbito lessico interpretativo di Pretto sa sopperire alla mancanza di un suono più ricco e avvolgente nella chiaroscurale lotta tra le ombre dell’Allegro moderato e i serafici bagliori dell’Andante con moto.

In ciascuna delle quattro opere affrontate, il gesto coreografico di Giampaolo Pretto, vero étoile del podio, veicola un’intenzione espressiva mutevole e variegata: dall’esuberanza di Mozart all’imponenza di Schubert, passando per le commosse pagine di Dupare, la suggestione visiva corrobora il fascino sonoro in un’esperienza concertistica di grande valore. È sempre bello osservare un artista danzare sotto le stelle del firmamento musicale.