L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Finché c'è spiritual c'è speranza

 di Carla Monni

Si è rinnovato il tradizionale appuntamento natalizio con l'Harlem Gospel Choir che quest'anno ha deliziato la platea del Teatro Duse bolognese.

Bologna, 12 dicembre 2018 – Da New York a Bologna ha ripreso il volo l'Harlem Gospel Choir, l'ensemble gospel più famoso d’America fondato nel 1986 da Allen Bailey, in occasione della festività nazionale statunitense in onore di Martin Luther King. Composto da alcuni dei migliori cantanti e musicisti delle Black Church del quartiere culturale di Manhattan, il coro è l'unico al mondo ad essersi esibito per importanti personalità come Nelson Mandela, Barack Obama e Giovanni Paolo II.

Formato da oltre quaranta membri, ribattezzati “Angels in Harlem” dagli U2, l'ensemble si divide in nove elementi per concerto – accompagnati da tastiere e batteria – per poter divulgare un messaggio di pace, amore e speranza a livello mondiale e contemporaneamente in più città, potendo raggiungere in questo modo numerose persone appartenenti a culture differenti e superando inoltre le barriere linguistiche e razziali. Nove voci dunque – sei femminili e tre maschili – che si fanno promotrici di valori religiosi e non solo, intrisi di positività.

Un repertorio, quello proposto, ricco di magnanimità e spensieratezza testuale, di sonorità caleidoscopiche e ritmi intriganti, che stanno a marcare la natura multietnica di questo genere davvero variegato.

Dai canti tradizionali come il bellissimo inno cristiano Amazing Grace – caratterizzato dalla docile melodia che lo tratteggia, ma che poi sfocia in un'esplosione di ritmi vorticosi –, o come quella che ormai è divenuta la colonna sonora del Natale, la folgorante Oh Happy Day, un vero e proprio tripudio di esultanza; al gospel più contemporaneo, impregnato di reminiscenze blues e r&b, come l'energico canto Do you know Him di Hezekiah Walker, dalle massicce armonie contraddistinte dalle voci ben incastonate, e l'elettrizzante Are you good di Israel Houghton, pregnante di riff che sottolineano le parole cruciali del brano. E ancora un'esclamazione di gioia nella contagiosa Halleluljah!, dagli equilibrati impasti vocali e dalle eccitanti dinamiche.

Non solo potenza vocale ma anche lirismo e poesia, come in Have yourself a Merry Christmas – canzone quasi doverosa alla soglia del Natale – incisa per la prima volta da Judy Garland nel 1944, e ancora oggi imbevuta da una suggestiva atmosfera trascendentale. Un omaggio anche agli anni Ottanta con l'eccitante Celebration dei Kool & The Gang, qui declinata in una chiave fortemente spirituale.

A corredo del concerto inoltre un tributo alla regina del soul, Aretha Franklin – che è venuta a mancare lo scorso agosto – con un medley delle sue hit maggiori: A Natural Woman, Think, Respect e Chain of Fool; quelle stesse musiche che affondano le proprie radici nell'antica e robusta tradizione del gospel, e che il coro interpreta alla lettera, triplicando semplicemente le voci del terzetto vocale originario della cantante di Memphis.

Il divertimento è il filo conduttore dell’intera performance, dove il pubblico stesso è protagonista dello show, trascinato caldamente a cantare, alzarsi dalle poltrone, ballare e battere le mani con l'ensemble. Lo spettatore non rimane solo coinvolto fisicamente, ma anche affascinato dalla profondità e dall'energia dei canti, che solo la musica gospel sa trasmettere con un calore così avvincente. In questo pieno inverno gelido, l'Harlem Gospel Choir è riuscito a riscaldare non solo il corpo ballerino ma anche l'anima del suo pubblico.


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