Questo è Halloween!

 di Stefano Ceccarelli

Con una citazione dal celebre Nightmare Before Christimas vorrei iniziare a parlare dello splendido concerto all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, svoltosi proprio la sera della vigilia di Ognissanti. Antonio Pappano e Martha Argerich eseguono un programma ben calibrato: l’ouverture dall’Euryanthe op. 81 di Karl Maria von Weber, il Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra di Franz Liszt e la Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61 di Robert Schumann.

ROMA, 31 ottobre 2019 – Ogni volta che Martha Argerich fa un’apparizione romana è sempre un momento, a suo modo, magico. E la magia si è palpabilmente sentita anche questa volta, non solo perché era la famigerata vigilia di Ognissanti; la Argerich ha un dono essenziale per un interprete: la qualità di connettersi empaticamente con il pubblico, trascinandolo nel suo particolarissimo mondo di interprete musicale.

Il concerto ‘di Halloween’ dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha visto, oltre alla Argerich, anche il maestro Antonio Pappano sul podio, che apre la serata con l’esecuzione dell’ouverture dall’Euryanthe di Weber. L’uditorio è trasportato nel mondo del romanticismo fantastico di Weber, il padre fondatore dell’opera tedesca. La melodia principale, piacevolmente orecchiabile, rimane a lungo nella memoria; Pappano cura meticolosamente – come al suo solito – i passaggi più sfumati, dove l’orchestra evoca brine vaporose e indefinite. L’esecuzione, eccellente, merita calorosi applausi. Ecco poi entrare Martha Argerich, sùbito subissata di applausi, fin dal suo primo apparire. Un rapido sguardo d’intenti con Pappano e può incominciare il Primo concerto di Liszt. Il pubblico, che aveva fresco nelle orecchie il Secondo eseguito dallo straordinario Kissin poco più di una settimana prima [leggi la recensione], non potrà che ammirare ancora la straordinaria esecuzione della Argerich. Non sto parlando solo, naturalmente, della precisione, della sensibilità, della musicalità, del fraseggio; mi riferisco, pure, a una lettura un po’ differente da quella da lei proposta, per esempio, nelle incisioni fatte in studio (con Abbado per la Deutsche). La Argerich, nel leggere questo concerto senza soluzione di continuità, appare maggiormente eterea, soprattutto nella consistenza materiale del suono, porto con impareggiabile sensibilità, eppure sempre ben udibile nelle trame dell’orchestra. Il Primo concerto è certamente tipicamente lisztiano, soprattutto nei passaggi virtuosistici di tipo verticale, che ricordano gli studi trascendentali, o nelle aree più spiccatamente virtuosistiche, fatte di salti improvvisi, toccatine e volatine fulminee sulla tastiera. Tutto ciò è dalla Argerich spaginato con gusto incredibile ed esperienza che pochi possono vantare oggi al mondo. L’intesa con l’orchestra e con Pappano è visibilmente ottima: anche l’orchestra riesce a cavare effetti mozzafiato, non coprendo mai il solista, in uno sforzo molto equilibrato di ottenere la perfezione di un suono terso. Il pubblico applaude forte i due interpreti e l’orchestra. La Argerich rientra sul palco, dopo molte chiamate, ed esegue la trascrizione da parte di Liszt del lieder Widmung di Schumann.

Proprio questa trascrizione lisztiana è un eccellente trait d’union con il secondo tempo, dove Pappano dirige la Seconda di Schumann, la sinfonia che reifica in veste sonora la depressione e l’insoddisfazione del compositore. Pappano dirige cercando un suono netto, chiaro, un volume sempre consono al passo che sta leggendo, evitando effetti troppo banali, rispettando profondamente la musica (e, in questo caso, il dolore) di Schumann. Il migliore esempio, in tal senso, è l’Adagio espressivo (III), «una voragine di melanconia accidiosa in cui è finito l’autore nei suoi “tempi oscuri” (trübe)» (A. Rostagno, dal programma di sala). L’abilità ritmica di orchestra e direttore si dispiega tutta nello Scherzo (II), un moto ossessivo che volutamente contravviene alle regole ritmiche del genere. I due movimenti che, rispettivamente, aprono e chiudono il pezzo vengono interpretati con autentica vena schumanniana da Pappano, che evidenzia la bellezza melodica come pure il dolore del tedesco. Gli applausi chiudono una straordinaria serata di musica.

Foto: Musacchio, Ianniello e Pasqualini