In camera col coro

di Antonino Trotta

Il coro del Teatro Regio di Torino arricchisce il cartellone della rassegna estiva con magnifiche pagine della letteratura da camera. A Rossini è dedicato il primo appuntamento mentre Brahms e Schumann impegnano i complessi del teatro nel secondo.

Torino, 19-23 luglio 2020 – Solo tornare a sedere tra i morbidissimi velluti del Regio è motivo di sincera commozione. Quando poi l’occasione è quella di concerti – con le rassicuranti eccellenze del Teatro – dall’impaginato decisamente interessante – lunga vita a Schwarz e la sua squadra che proprio in questi giorni ha anticipato i titoli di un cartellone davvero entusiasmante –, al coinvolgimento del tutto affettiva da vigoria l’incontro con pagine tratte da un repertorio ricercato che difficilmente, almeno al Regio, si sarebbe ascoltato in circostanze “ordinarie”. Il coro è schierato a distanza di sicurezza, il pianoforte campeggia maestoso accanto al podio, il pubblico, contingentato secondo le vigenti norme, è distribuito a macchia di leopardo in una platea che non è mai parsa così grande.

Domenica 19 luglio è tutta dedicata a Rossini. Il Kyrie dalla Petite Messe Solennelle, O salutaris Hostia, Ave Maria e il mottetto Salve, o Vergine Maria sono intonati dal coro del Teatro, istruito e guidato dal maestro Andrea Secchi – Paolo Grosa al pianoforte –, in un’atmosfera di palpabile emozione. Fatta eccezione per l’incoativo Kyrie che, vuoi per le imponenti impennate sonore, vuoi per gli accenti eccessivamente sardonici dell’accompagnamento, risuona forse un po’ troppo poco “petite” – tradendo l’originale disegno cameristico a cui l’esecuzione, pur con una sola tastiera, potrebbe ambire –, i testi sacri del Cigno di Pesaro ottengono massima giustizia da una prova corale di indubbio valore: si va di cesello sulle frasi, le sezioni si dimostrano solida e omogenee, si investe sulla palette dinamica che caratterizza ovunque l’interpretazione. È comunque nel Rossini “profano” – benché ogni nota scritta di suo pugno sia sacra – che il coro del Regio eccelle: la bella amalgama timbrica avvolge l’oasi bucolica – sulle colline dell’Eufrate – del quartetto pastorale tratto dal secondo atto di Aureliano in Palmira («L'Asia in faville è volta») e si riflette poi lunare lungo i canali di Venezia descritti da I gondolieri. Ecco allora che nei Péchés de vieillesse (I gondolieri, Toast pour le nouvel an, La passeggiata) il fraseggio si fa particolarmente teatrale, si gioca gustosamente sul contrasto tra legato e staccato e si occhieggia, infine, all’inarrivabile genio del buffo con l’ultimo peccato (di giovinezza), Il carnevale di Venezia.

Decisamente più complesso è invece il programma di giovedì 23 luglio che impegna una diversa compagine del coro in raffinatissimi lavori da camera del repertorio tedesco. Ancora una volta le maestranze del Regio portano a testa alta in nome dell’istituzione e affrontano le magnifiche pagine di Schumann (Poesie op.29 nn. 1 e 3, Canzoni spagnole op. 74, nn. 5 e 9) e Brahms (Quartetti op. 92 e 31) con eccellente varietà espressiva e timbrica – a cui contribuisce anche l’ottima prova al pianoforte di Marco Rimicci –. Si apprezza ora, soprattutto in Brahms, il suono più raccolto e delicato – necessario in questo tipo di repertorio –, i bei piano a cui conferiscono sostanza bassi e baritoni – il terzo quartetto op.31 (Der Gang zum Liebchemi), ad esempio, è tutto costruito a mezza voce –, il nitore con cui le sezioni si intrecciano in disegni vocali aristocratici. In chiusura due bis, tra cui il toccante Moderatamente mosso («Wie lieblich sind deine Wohnungen») dal Deutsches Requiem di Brahms.