Romanticismo e dintorni

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia propone un concerto (quasi) tutto romantico, che è un successo: Ludwig van Beethoven, Ouverture da ‘König Stephan’ op. 117; Felix Mendelssohn-Bartholdy, Concerto in mi minore per violino e orchestra op. 64; Robert Schumann, Sinfonia n. 1 in si bemolle maggiore, op. 38 “Primavera”. Alla direzione, Antonio Pappano; nella parte solistica mendelssohniana, la violinista Janine Jansen. Con il medesimo programma, l’orchestra, Pappano e la Jansen saranno in tournée in Germania nei prossimi giorni.

ROMA, 16 gennaio 2020 – Il sodalizio artistico fra la violinista Janine Jansen e il maestro Antonio Pappano ha sempre dato eccellenti frutti. La Jansen, con il suo Stradivari è una poetessa dell’archetto, sapendo coniugare una dolcezza sentita naturalmente, senza artificio, a una pulizia impeccabile del suono. Non si pensi, però, che il talento della Jansen sia esclusivamente tecnico; la violinista è, infatti, in grado di reagire con estrema musicalità alla compagine orchestrale, mostrando un virtuosismo non meramente esornativo, ma piuttosto naturalmente spettacolare. Insomma, il dato più incredibile dell’arte della Jansen è la facilità con cui riesce a emettere quel magnifico suono.

Ma andiamo con ordine. Il concerto si apre con un’ouverture scenica di Beethoven, König Stephan op. 117, musiche di scena, appunto, che dovevano accompagnare un testo composto per celebrare l’apertura di un nuovo teatro a Pest; il che estrinsecava, palesemente, gli interessi politici di Francesco I per l’Ungheria. Re Stefano, infatti, era un celebre re medioevale che aveva cristianizzato (dunque, in linguaggio occidentale, ‘civilizzato’) l’Ungheria. L’ouverture, che presenta elementi brillanti e coreutici, è ben diretta da Pappano e mostra già un’orchestra, quella dell’Accademia, perfettamente centrata. Segue il Concerto per violino di Mendelssohn. Si tratta di un canto continuo del violino assieme all’orchestra, una concezione modernamente romantica della forma del concerto; pur mantenendo, in un certo senso, intatte le caratteristiche estetiche dei singoli movimenti, la mancata interruzione del discorso e gli stretti legami che si vengono a creare fra le parti creano un effetto di immersione dell’ascoltatore continuo, quasi un affogare nel discorso musicale mendelssohniano. Stupendo, in particolare, l’ultimo ‘movimento’ (Allegretto non troppo etc.), dove la Jansen esegue saltelli di note sull’archetto, virtuosismi a fior di corda porti con estrema raffinatezza, in perfetta rispondenza ai vapori orchestrali di accompagnamento (in particolare dei legni), evocando le magiche atmosfere delle musiche di scena del Midsummer Night’s Dream. Nel I ‘movimento’ (Andante un poco maestoso etc.), Pappano tiene l’orchestra a un volume contenuto, volendo esaltare al massimo grado l’elegiaca e penetrante linea melodica del violino: la Jansen imprime con delicatezza il tema principale, lanciandosi con radiosa leggerezza nei passaggi più frizzanti e, soprattutto, nell’ardita cadenza. Il II ‘movimento’, di estrema delicatezza, è un canto flebile e lievemente malinconico: eccellente, in tal senso, l’apporto sensibile di Pappano alla direzione orchestrale, un velluto su cui la Jansen può adagiare un canto che sembra schiarirsi in lontananza. Dopo notevoli applausi, la violinista abbandona il palco senza regalare un bis.

È ora il turno della Prima di Schumann. Pappano guida l’orchestra magnificamente, donando alla musica del tedesco un potente slancio vitalistico, che si è potuto notare in particolare nell’Allegro molto vivace (I), staccato con energico abbrivio dal precedente Andante e condotto, appunto, rilasciando energia vitalistica, soprattutto nelle sezioni di giunzione fra le parti della forma sonata. Il tutto, specialmente nei temi principali, condotto con incredibile pulizia sonora – mercé, naturalmente, l’eccellente orchestra. Delicatissima, suadente la lettura del Larghetto, volta a far cantare il tenero tema principale. Dello Scherzo Pappano esalta il carattere quasi funambolico nel contrasto di ritmi e temi, taluni dal carattere apparentemente austero, altri stemperanti in un guizzo acquatico, in un’atmosfera decisamente coreutica e danzante. Il finale Allegro animato e grazioso è, ancora, una fonte di pura energia musicale, che Pappano sa dosare al meglio. Gli applausi finali sugellano un bel concerto.