Gli imprevisti di Pimpinone
di Alberto Ponti
Nonostante il meteo avverso, l'intermezzo di Telemann cattura i favori della platea per merito di un'accoppiata di voci autorevoli e di uno spettacolo leggero e gradevole.
Torino, 27 luglio 2021 - Vi sono serate in cui accade di tutto. La replica del Pimpinone di Georg Philipp Telemann, martedì 27 luglio presso il cortile di Palazzo Arsenale, è una di queste. Il cielo minaccia pioggia da due settimane e puntualmente quasi ogni sera si sfoga in un temporale. Non ci sono eccezioni nemmeno per il gustoso intermezzo, vera chicca tra l'enorme produzione di colui che passa per essere il compositore più prolifico della storia. Nuvole nere si addensano sopra il pubblico. Sul palcoscenico l'andirivieni diventa frenetico. Dove si collocherà l'orchestra? Sotto, anch'essa nel cortile esposto agli elementi, oppure sopra, accanto alle scene? Arrivano le 21, il sipario non si alza. Il tempo trascorre. Dopo venti minuti l'annuncio: una formazione ridotta di cinque archi e un cembalo, in un angolo del palco, farà le veci del più ampio insieme previsto.
Alle nove e mezza si comincia. Il soggetto del Pimpinone, libretto di Pietro Pariati, non è tra i più originali: l'omonimo protagonista, anziano e benestante, si invaghisce della giovane e arguta cameriera Vespetta, senza grandi mezzi ad eccezione dell'intraprendenza. Pimpinone finisce per sposarla. Una volta uniti in matrimonio, la ragazza trascura il marito in favore di una vita brillante fuori casa. Ai mugugni del consorte Vespetta contrappone la minaccia di estorcergli la dote costituita in suo favore e il vecchio, per il timore di perdere il denaro, è così costretto a far buon viso a cattivo gioco.
I due interpreti, il mezzosoprano Francesca Di Sauro e il baritono Marco Filippo Romano, sono una coppia oliata e convincente. La grintosa Vespetta parte in quinta, l'esordio di 'Chi mi vuol son cameriera' è già un piccolo capolavoro di recitazione scenica e di sicurezza nel dominare la linea del canto, dove l'intonazione impeccabile e sicura e il timbro smagliante della voce non sono da meno del talento attoriale della giovane cantante. Pimpinone, sedotto e colpito, rivela anch'egli una naturale attitudine teatrale e pare davvero confuso nell'aria seguente 'Ella mi vuol confondere' con Telemann che dimostra di conoscere a fondo, con una scrittura tutt'altro che prevedibile, i segreti dell'immortale archetipo haendeliano. Il Pimpinone di Romano è però un osso duro, di battuta in battuta emerge una personalità non facilmente arrendevole, e gli effetti del tradizionale repertorio comico convivono con felice esito con un fraseggio di ampio respiro, ammantato dallo charme di una voce un po' velata ma dall'eloquio appassionato e sincero.
Il quintetto di musicisti guidato dalla bacchetta del bravo Giulio Laguzzi compie miracoli e non fa sentire la mancanza di un'orchestra che, sebbene rientri in un ridotto organico settecentesco, era nelle intenzioni iniziali del programma più ampia e articolata.
Ma ecco, teatro nel teatro, il colpo di scena. Si è fatto ormai buio, tutti si sono scordati del cielo quando grossi goccioloni cominciano a cadere senza preavviso con crescente intensità. Scatto di ombrelli che si aprono con oscuramento quasi totale, per chi è seduto, del palcoscenico e fuggi fuggi generale verso i portici ai lati del cortile da parte di chi invece di parapioggia è sprovvisto. Inevitabile pausa tecnica. Qualche spettatore abbandona, confidando nella mancata ripresa.
Invece l'acquazzone lascia spazio a una pioggerella quasi primaverile che tosto si smorza e scompare e il duo di cantanti delizia l'uditorio rientrato nei ranghi con la conclusione dell'operina.
Da manuale è l'aria 'So quel che si dice, e quel che si fa'. Romano è abilissimo a riprodurre un trio di voci: la propria e, in falsetto, quella di due signore che trovano da ridire sui rispettivi coniugi. Anche la performance di Francesca Di Sauro si mantiene su un livello elevato fino al termine. In 'Voglio far, come fan l'altre' la solista è rigorosa nella linea degli abbellimenti come si deve a un pezzo di bravura, snocciolato tra l'altro con inebriante velocità, e riesce nello stesso tempo a ricreare l'immediata e ammiccante comunicativa che decretò all'epoca il successo del titolo non solo in area tedesca.
Un plauso particolare va tributato alla terza colonna della rappresentazione, l'attore Pietro Pignatelli nel ruolo di mendicante. Il suo originale mix di recitazione, canto 'leggero' e movimento evoca con raffinata e un poco malinconica grazia un ambiente partenopeo in grado di istituire manifeste e sotterranee corrispondenze con la pergolesiana Serva padrona proposta dal medesimo trio nella settimana precedente, ideale contraltare di questo raro Pimpinone. Nella stessa scia si inserisce il realistico e gustoso allestimento di un interno di palazzo settecentesco per la regia di Mariano Bauduin con l'aiuto delle scene di Claudia Boasso, dei costumi di Laura Viglione e delle luci di Andrea Anfossi.
Entusiasta e divertito, il pubblico che nonostante il meteo avverso non abbandona la poltrona tributa un caloroso e meritato applauso agli esecutori e all'efficiente macchina organizzativa del Teatro Regio.