La Bianca sfortunata

di Antonino Trotta

All’attesissima Bianca e Fernando del Teatro Carlo Felice di Genova assistiamo in una replica funestata da un imprevisto che ne impedisce la corretta messa in scena: pur nell’incompletezza dello spettacolo si apprezza particolarmente la prova della protagonista Salome Jicia.

Genova, 28 novembre 2021 – Tra le proposte dei teatri italiani per la prima autentica ripartenza, Bianca e Fernando del Teatro Carlo Felice s’è imposta fin da subito come uno degli appuntamenti più interessanti del menù peninsulare, non solo per la rarità della pietanza offerta ma anche, se non soprattutto, per il lavoro di ricostruzione – seppur ancora parziale – della versione realizzata per l’inaugurazione del teatro genovese il 7 aprile 1828. Per quell’occasione Bellini, col sostegno del librettista Romani, rimaneggiò la sua Bianca e Gernando, già andata in scena, non senza intoppi, al Teatro San Carlo nel maggio del ’26 con un cast che annoverava tra gli interpreti principali Henriette Méric-Lalande, Giovanni Battista Rubini e Luigi Lablache nei ruoli rispettivamente di Bianca, Gernando e Filippo.

La versione di Genova è caratterizzata da significativi aggiornamenti che vanno ben oltre il ripristino del nome originariamente previsto per il deuteragonista – a Napoli sì migrò da Fernando a Gernando per non recare offesa al principe Ferdinando II di Borbone . Rispetto alla versione napoletana, in Bianca e Fernando Bellini introdusse dei nuovi numeri musicali come il coro dei seguaci di Fernando «Tutti siam? Sì, tutti uniti» e l’aria di Fernando del II atto «All’udir del padre afflitto», ricompose la cavatina – la cui cabaletta «Contenta appien quest’anima» sarà la futura «Ah! bello a me ritorna» – e l’aria finale di Bianca «Alla gioja ed al piacer», rimaneggiò ampie sezioni di numeri chiusi – la stretta del finale I, le cabalette delle cavatine di Fernando e Filippo, il terzetto Bianca-Fernando-Carlo –, aggiunse poi una sinfonia quasi nuova, quest’ultima oggetto di particolare attenzione nello studio or ora condotto. Già perché se le correzioni apportate ad arie e recitativi, nel confronto ad esempio con la versione proposta al Teatro Margherita di Genova nel 1978 – quando a cantare l’opera furono chiamati Cristina Deutekom, Werner Hollweg e Enzo Dara diretti da Gabriele Ferro e facilmente reperibile su YouTube –, sono meno lampanti, oggi la vera novità è un Maestoso, riorchestrato dal maestro Paolo Furlani a partire dalla riduzione per canto e pianoforte edita Ricordi, che segue la sinfonia d’apertura.

La ricostruzione del Maestoso non è solo argomento di speculazione musicologica: queste diciotto battute, marziali e squillanti che precedono il recitativo di Fernando avvalorano di fatto l’idea, esposta dal maestro Renzetti nelle note di direzione – che, peccato, sono le uniche presenti nel programma di sala –, di un Bellini quasi eroico, cavalleresco, non solo malinconico e appassionato. Alla guida dell’Orchestra del Carlo Felice Renzetti allora intavola, nel perimetro tracciato dalla consueta eleganza, una concertazione brillante, spedita, battagliera, che sì mette spesso a repentaglio la serenità col palcoscenico – specie nelle strette col coro – ma al tempo stesso conferisce personalità e slancio al manto orchestrale. Poi non mancano i momenti di drammaticità tagliente – introduzione alla scena di Carlo, ad esempio –, né le oasi liriche di belliniana purezza – la romanza di Bianca – e l’opera nel complesso suona perfettamente caratterizzata.

Opera a cui, purtroppo, assistiamo in una giornata nefasta perché un guasto alla strumentazione ne impedisce la messa in scena secondo il disegno di Hugo de Ana. Onore allora al Carlo Felice che nel giro di un’ora scarsa trova una soluzione alternativa per mandare avanti lo spettacolo, fissando la scenografia e collocando le masse in proscenio o peggio dietro. Ecco, dispiacere a parte per l’occasione mancata, il vero inconveniente è questo: dalle quinte il Coro, istruito dal maestro Francesco Aliberti e già non apparso in forma smagliante durante il primo atto, è letteralmente inudibile. Quanto alla regia, non possiamo riferire alcunché se non apprezzare, quantomeno, la bella fattura dei costumi di de Ana.

A Giorgio Misseri va innanzitutto riconosciuto il merito di aver affrontato l’infame ruolo di Fernando, cucito sulle capacità David – interprete a Genova nel ’28 – e Rubini, senza risparmiarsi: già col recitativo d’apertura si addentra in tessiture astrali e in seguito correda la parte di ardimentose puntature. Sì, nella cabaletta della cavatina «Ascolta, o padre, i gemiti» Misseri pasticcia un po’ e perde il controllo su un paio di acuti di appoggio per i salti ai re e ai fa – che invece vanno sempre a segno –, poi però recupera concentrazione ed energie, fa bene nel duetto con Bianca e benissimo nell’ultima ariona, «All'udir del padre afflitto», che l’aspetta al varco. Certo, la voce non è enorme e talvolta il confine tra acrobatismo vocale e belcanto è evidente tuttavia Misseri, tenore dal timbro chiaro e luminoso, canta sempre con fraseggio fiero e incisivo e ben caratterizza il suo valoroso Fernando.

Salome Jicia ha in repertorio ruoli ben più impegnativi di Bianca – Semiramide, ad esempio – e con lei, attacco sbagliato di «Contenta appien quest’anima» a parte, tutto fila liscio. Il colore di voce screziato da venature drammatiche, il temperamento pugnace dell’interprete, la baldanza dell’accento e dei passaggi d’agilità calzano a pennello con un personaggio sfaccettato come quello di Bianca, figlia, moglie, madre, donna vissuta e non vergine vezzosa che pur nei momenti di maggior patetismo preserva piena consapevolezza di sé. Particolarmente toccante per la dolcezza conferita alla linea melodica, per la generosità del legato che l’avvolge, per la bontà delle dinamiche che ne impreziosisce la scrittura, è la romanza «All'udir del padre afflitto», a cui poi s’unisce il timbro carnoso e ambrato della bravissima Carlotta Vichi (Eloisa).

Nicola Ulivieri non è un virtuoso sfrenato, la coloratura è perfettibile e l’acuto non facile, però al ruolo di Filippo garantisce la giusta dose di perfidia e una rassicurante correttezza di fondo. Alessio Cacciamani, basso, intona la romanza di Carlo «Da gelido sudore…» con morbidezza e nobiltà d’espressione. Elena Belfiore (Viscardo), Giovanni Battista Parodi (Clemente), Antonio Mannarino (Uggero) completano il cast.

Buona affluenza di pubblico e applausi calorosi per tutti.