Sognando la stagion de' fiori

di Andrea R. G. Pedrotti Carrara

Per la prima - e si spera ultima - volta nella storia il concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker si svolge a porte chiuse, ma mantiene vivo più che mai, grazie anche alle parole del m° Daniel Froschauer, presidente e primo violino dell'orchestra, il suo valore culturale, con un messaggio di coesione, dialogo e rinascita.

Nella mattina del 1 gennaio 2021 il Wiener Musikverein vede all'interno delle sue eleganti sale un concerto di Capodanno per la prima volta – e si spera ultima – eseguito senza pubblico.

La solita esplosione di fiori, le solite inquadrature del raffinato spazio, ma nessuno in sala, nessuna possibilità di indugiare su un pubblico proveniente da ogni parte del globo. Per mantenere questo senso di centralità di messaggio artistico, di apertura mentale e intellettuale verso la diversità e il dialogo, la scelta è di mostrare dei collage di immagini inviate da persone delle etnie più diverse ad appludire i Wiener Philharmoniker, costretti a non poter offrire, come di consueto, a uno spazio gremito.

Pochi sorrisi malinconici e un clima di serietà, anche nelle scelte dinamiche e agogiche delle esecuzioni, accompagnano un concerto del tutto unico nel suo genere.

Il filo conduttore è la speranza, una dramma condiviso che consenta una rinascita come accade a primavera con le sue voci, le sue esplosioni di colori e lo sbocciare dei suoi fiori. Un senso di decadenza, diverso da quello che visse la Felix Austria, perché guarda al domani con spirito di coesione, conscia e matura degli errori che il mondo in generale, e l'Austria in particolre, compì nella prima parte del secolo scorso.

Vienna è da sempre dimora del pensiero e il pensiero deve potersi evolvere con i suoi traumi, tenuto in vita dalla costante linfa del ragionamento, dell'ascolto e dell'analisi di un evento sincronico, che consenta una maturazione della mente - e della metalià - in chiave diacronica. Vienna negli ultimi duecento anni ha dimostrato di amare una conservazione dell'immagine a celare un'innarrestabile ricerca di rinnovamento - anche correndo rischi -, così da affermarsi quale capitale mondiale dell'Impero della mente, come qualcuno seppe saggiamente definirla in passato.

Un dialogo fra antico e moderno che ritroviamo anche nelle coreografie e che seguono perfettamente l'intento anticipato nella nostra presentazione, sia nella foggia degli splendidi costumi, sia nell'elemento puramente coreutico, adattadosi in stile e gusto all'antitesi architettonica delle due sedi.

Conciso, preciso, condivisibile e perfettamente conforme all'idea complessiva il discorso del m° Daniel Froschauer, presidente e primo violino dei Wiener Philharmiker, che, nei giorni scorsi, aveva anche presentato la possibilità di eseguire il concerto senza la tradizionale Radetzky-March.

Dispiace, che questa opportunità non sia stata portata a termine, perché avrebbe evidenziato il clima di sospensione temporale, antecedente alla tanto agognata stagion dei fiori. Dispiace altresì, che il m° Muti, nel suo discorso precendente agli auguri rituali, si sia rivolto esplicitamente al mondo politico. Una scelta che denobilita la struttura ideologica del concerto, un messaggio artistico di crescita che era un messaggio all'intera umanità (della quale la politica è solo “una” parte e non “la” parte), anche considerando che per determinati discorsi esistono e sono stati sfruttati altri canali più adeguati.

In questo concerto doveva essere contenuto un pensiero di ascolto, di speranza, di ottimismo: chiuderlo con una polemica, condivisibile o meno che fosse, cozza con la nobiltà artistica delle parole pronunciate dal m° Froschauer.

Da segnalare, nella pausa fra le due parti, un bel cortomotraggio celebrativo dei cento anni dall'istituzione del Land di Vienna, con la partecipazione delle prime parti dei Wiener Philharmoniker.

L'appuntamento è ora per il 2022, quando alla guida della filarmonica viennese sarà Daniel Barenboim, augurandoci che per allora la sala possa tornare a essere gremita e torni quel clima di positività da non abbandonare mai.