L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Le note ritrovate

di Luigi Raso

Riccardo Muti e l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini in concerto al Teatro Mercadante di Napoli, già glorioso con il nome di Teatro del Fondo, dedicano il programma a due partirture perdute e ritrovate: I due Figaro di Mercadante e la nona sinfonia, La Grande, di Schubert.

Streaming da Napoli, 26 marzo 2021 - È la scintillante, ritmata e intrisa di gradevole tratto rossiniano Sinfonia Spagnola da I due Figaro di Saverio Mercadante ad aprire il concerto di Riccardo Muti e dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini nel Teatro napoletano intitolato proprio al compositore di Altamura e di cui nel 2020 sono stati celebrati - un po’ in sordina, a causa della pandemia - i 150 anni dalla morte, avvenuta a Napoli nel 1870. Nella stessa sala, già Teatro del Fondo, videro la luce, nel 1816, Le nozze di Teti e Peleo e Otello, ossia il Moro di Venezia, entrambi di Rossini: il San Carlo era andato distrutto a causa dell’incendio del febbraio del 1816 e Rossini dovette ripiegare sulla più piccola sala dell’allora Teatro del Fondo).

Riccardo Muti e la sua orchestra giovanile approdano per la prima volta al Teatro Mercadante, un porto sicuro nel bel mezzo della burrascosa polemica a mezzo stampa che ha visto recentemente contrapposti Stéphane Lissner, attuale sovrintendente del San Carlo, e il grande direttore napoletano. Muti ha accusato la dirigenza del Massimo napoletano di aver cancellato i tre concerti, programmati al San Carlo nello scorso mese di novembre e dedicati proprio alle celebrazioni in onore di Mercadante, nonché la nuova e attesa produzione del Don Giovanni, diretta da Muti e regia della figlia Chiara e, in ultimo, ma non meno dolorosa ferita, la cancellazione della tappa partenopea della tournée italiana dei Wiener Philharmoniker. Alle accuse Lissner ha obiettato che la nuova produzione del Don Giovanni avrebbe meritato una risonanza impossibile da ottenere con le attuali limitazione del tempo pandemico; che il concerto della Filarmonica di Vienna, in programma nel mese di maggio, non sarebbe stato economicamente sostenibile in questo periodo così complesso per la vita delle istituzioni musicali italiane e a causa delle incognite che gravano sulla agibilità delle sale da concerto. La dura polemica, per il momento, sembra sopita: il tempo ci dirà se il fuoco cova ancora sotto la cenere o se è definitivamente spento.

Ad ogni modo, il debutto napoletano di Muti al Teatro Mercadante - istituzione culturale di prosa poco distante dal San Carlo - costituisce l’anteprima dell’apertura del Campania Teatro Festival, raffinata rassegna internazionale dedicata al teatro di prosa e attualmente affidata alla direzione di Ruggero Cappuccio.

È questo un concerto che potremmo definire “delle partiture recuperati”: quella dei Due Figaro, opera scritta da Mercadante su libretto di Felice Romani per il Teatro del Principe di Madrid nel 1835, è stata ritrovata soltanto nel 2009 dallo studioso torinese Paolo Cascio e successivamente sottratto all’oblio proprio da Muti nel 2011, con un’esecuzione all’interno del Ravenna Festival di cui resta un’interessante incisione discografica.

La Sinfonia caratteristica spagnola che apre l’opera è condotta da Muti con spiccato senso ritmico, con estrema cura nel tratteggio delle linee melodiche e dei dialoghi strumentali, discendenti da quelli, ben più fantasiosi e colorati, rossiniani. L’alone spagnoleggiante delle melodie e dei ritmi emana entusiasmo, che Muti, con il suo gesto sempre più parco quanto eloquente, ben trasmette ai giovani musicisti dell’Orchestra Luigi Cherubini. Una lettura, questa, piena di grazia, trascinante, improntata grazie e pulizia sonora.

La seconda “partitura ritrovata” del programma del concerto è uno dei pilastri del repertorio sinfonico di tutti i tempi: la monumentale e quasi ineffabile Sinfonia n. 9 in do maggiore D 944 di Franz Schubert “Grande”, composta tra il 1825 e il 1826, ritrovata da Robert Schumann tra le carte dell'autore e proposta per la prima volta n pubblico soltanto nel 1839 da sotto la direzione di Felix Mendelssohn Bartholdy. Tra i ricordi indelebili della memoria di ascoltatore di chi scrive vi sono proprio due esecuzioni della Sinfonia “Grande” di Schubert dirette da Muti: la prima, al San Carlo nel 2002, alla guida dei Wiener Philharmoniker e, la seconda, sempre al San Carlo nel 2009, alla guida della Berliner Philharmoniker. Naturale che sorgano spontanee comparazioni circa il diverso approccio interpretativo di Muti a distanza di tanti anni. Nell’esecuzione che qui si recensisce la scelta dei tempi appare, a differenza delle precedenti citate, improntata a una maggiore rilassatezza agogica che, in particolare nel solenne primo movimento (Andante. Allegro ma non troppo), consente la contemplazione delle melodie più che l’urgenza drammatica. Ora c’è un fraseggio articolato, che procede senza sussulti, dedito a far risaltare la bellezza e la compostezza delle linee melodiche. Nei successivi tre tempi della sinfonia si assiste, invece, a un lento e progressivo aumento di tensione: l’agogica si stringe, il respiro della sinfonia si fa più incalzante, pur in una atmosfera di distacco quasi contemplativo del dipanarsi del discorso melodico di Schubert che Muti e la sua orchestra ci fanno ammirare irradiate dalla loro instrinseca luminosa bellezza e semplicità. È nel finale, nell’Allegro vivace, che chiude la sontuosa partitura che lo scavo, la contemplazione, l’incisiva e incessante propulsione ritmica, il senso dell’attesa che innerva la gigantesca partitura, la poderosa solennità della forma-sonata trovano la loro acme: la serie dei quattro accordi tenebrosi che Schubert fa ripetere ben quattro volte, decisi e plumbei, sono il sigillo finale a questo straordinario capolavoro sinfonico. Tutta la tensione accumulata nel corso del dipanarsi del lungo e variegato discorso musicale schubertiano prende forma e forza sonora in quegli accordi che Muti fa risuonare con ben tornita incisività.

Una prova eccellente, per entusiasmo per precisione, quella dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini che si conferma compagine raffinata, affidabile e fucina di professori per le principali compagini italiane. Gli applausi ovviamente non ci sono, ma non abbiamo difficoltà a immaginarceli scroscianti, come al termine di ogni concerto di Muti nella sua città natale. Riccardo Muti è patrimonio di Napoli e dell’Italia. E Napoli non può privarsi dell’onore di averlo ospite e di festeggiarlo in questo 2021, anno del suo ottantesimo compleanno.


 

 

 
 
 

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