Schegge di civiltà

di Luigi Raso

Un borgo noto per un sito paleontologico unico al mondo e per il compatto sostegno della comunità ebraica di fronte a fascisti e nazisti, Foresta, nel comune di Tora e Piccilli nel casertano, ospita un interessante cartellone estivo che ha visto, tra l'altro, un bel recital di Vito Priante.

Foresta, 3 settembre 2021 - Rivitalizzare piccoli borghi attraverso la cultura, riconquistare piccole comunità rurali e montane, schegge di antica civiltà non naufragate nel mare magnum della frenesia e del parossismo della civiltà contemporanea: sono questi gli intenti della rassegna di teatro, musica e poesia che, nell’arco di poco più che un mese, dall’11 agosto al 16 settembre, si svolge nel piccolo borgo di Foresta, località del comune di Tora e Piccilli, in provincia di Caserta. 

Proprio a Foresta si possono ammirare le cosiddette Ciampate del Diavolo, espressione dialettale traducibile in orme del Diavolo, sito palentologico unico al mondo. Si tratta, infatti, di impronte fossili dell’Homo heidelbergensis, vissuto nella zona ora ricompresa nel Parco regionale di Roccamonfina-Foce Garigliano 350.000 anni fa (medio Pleistocene). Le impronte - le ciampate, appunto - appartengono a un gruppo di tre individui che scesero lungo il fianco della montagna ricoperta dalla fanghiglia calda originata dall’eruzione del vulcano di Roccamonfina. Ma più recentemente vi è stato un altro motivo che rende il piccolo Comune di Tora e Piccilli degno di interesse di onore: qui, tra il settembre 1942 e il novembre 1943, l’intera comunità nascose alcune famiglie ebree, provenienti, in particolare, dalla comunità ebraica della vicina Napoli, sottraendole alle discriminazioni e razzie fasciste prima e naziste poi. L’intera comunità di Tora si schierò a favore degli ebrei, anche quando il comune fu circondato dalle truppe tedesche. Il comportamento coraggioso ed esemplare tenuto dall’intera comunità è valso al Comune di Tora e Piccilli la Medaglia d’argento al merito civile.

Antonio Maiorino Marrazzo e Massimo Pastore, napoletani recentemente trasferitisi a Tora, hanno scommesso sulla rinascita del piccolo e poco abitato borgo di Foresta: per ridar vita al luogo, hanno dunque ideato un cartellone estivo interessante, che mescola generi, linguaggi e arti. Forestate è il nome della rassegna che si svolge nella Piazza Sant’Andrea, adiacente alla Chiesa cinquecentesca.

Quello di Vito Priante è nome noto nel panorama lirico nazionale e internazione; è reduce dal successo personale al Festival di Salisburgo dove ha interpretato Leporello (leggi l'intervista) nell’atteso Don Giovanni diretto da Teodor Currentzis e con la regia - poco convincente e molto discutibile - di Romeo Castellucci.

Accompagnato al pianoforte - o, meglio, pianoforte digitale Roland con ¼ di coda - dall’esperto Francesco Pareti si è esibito in un viaggio musicale che ha toccato il Mozart rodato e affrontato con piglio personale e gusto di "Madamina, il catalogo è questo", virando poi sui doppi ruoli baritonali delle Nozze di Figaro, "Hai già vinta la causa... Vedrò mentr'io sospiro", recitativo e l’aria del Conte, e Non più andrai farfallone amoroso, l’aria di Figaro, parti che consentono a Vito Priante di mostrare i pregi della propria vocalità: registro acuto dominato con naturalezza, dizione scolpita, approfondimento del fraseggio, varietà di colori e accenti, voce ben appoggiata sul fiato.

Dal Mozart più noto si passa alla chicca della serata, la riscoperta di Echi di Napoli: otto canzoni su vecchi testi popolari per canto e pianoforte (1933) del compositore partenopeo Mario Pilati (1903 - 1938): canzoni che uniscono la sensualità e la melanconia del melos tipico della canzone napoletana alla temperie espressiva delle armonie novecentesche, un significativo esempio di tradizione musicale popolare partenopea declinata nelle armonie del ‘900. Priante e Pareti, ciascuno secondo il proprio contributo, danno, per analisi e scavo interpretativo, ricerca del giusto peso della singola parola, del colore vocale più appropriato per ciascuna canzone, una lettura pregiata degli Echi di Mario Pilati. Si riscopre una interessante e suggestiva pagina musicale del ‘900 musicale napoletano che meriterebbe una incisione e che imporrebbe di riscoprire le opere di Mario Pilati, discepolo ideale di Ildebrando Pizzetti, scomparso prematuramente all’età di soli 35 anni, dopo essersi dedicato all’insegnamento e alla composizione.

Vito Priante è artista che padroneggia benissimo il francese (vive da anni a Parigi) e il tedesco: la seconda parte del recital comprende l’aria di Escamillo "Votre toast, je peux vous le rendre... Toreador, en garde", affrontata con sicurezza spavalda, acuti calibrati e luminosi, e il wagneriano "O du mein holder Abendstern" da Tannhäuser: è un Wagner italianizzato quello di Priante, intendendo per tale una linea di canto smussata dalle asperità del tedesco, un cantare ben appoggiato sul fiato, sempre legato, in modo da rendere plasticamente, grazie al dominio dell’emissione e al suo sapiente alleggerimento, la suggestione notturna del brano.

Dalle brume wagneriane temperate dalla sensualità italica si passa al Verdi estremo di "È sogno? o realtà...", il monologo di Ford da Falstaff, parte che Vito Priante affronterà per la prima volta alla Bayerische Staatsoper il prossimo ottobre. Una prova generale superata a pieni voti, per aderenza psicologica al personaggio e dominio del registro acuto.

Chiude il recital "Largo al factotum" da Il barbiere di Siviglia di Rossini: la cavatina di Figaro è dominata con naturalezza, senso della parola, farcita da un sillabato portata quasi al parossismo. La sua conclusione accende gli applausi.

Prima di accennare ai bis, vogliamo ricordare che il recital è stato inframmezzato da quattro brani pianistici (Antonín Dvořák, Humoresque n. 7, Op. 101; di Claude Debussy, Arabesque n. 1, Rêverie e il celebre Clair de lune) che mettono in evidenza le doti di pianista affidabile, esperto e raffinato del maestro Francesco Pareti, concertista, didatta e per molti anni collaboratore del Teatro San Carlo fino a divenirne Direttore del Coro.

Il primo bis di Priante e Parenti è un omaggio a Enrico Caruso nell’anno del centenario della morte; la famiglia di Caruso, inoltre, era originaria di Piedimonte d'Alife - oggi, Piedimonte Matese - non distante da Tora e Piccilli: il brano scelto è la romanza Musica proibita di Stanislao Gastaldon, immortalata nel 1917 in una meravigliosa incisione da parte del tenore napoletano. Il secondo bis è un omaggio alla cultura ebraica, che la comunità di Tora e Piccilli ha contribuito a difendere dalla barbarie nazi-fascista: Tanzlied des Pierrot dall’opera Die tote Stadt del compositore ebreo Erich Wolfgang Korngold, un Lied nel quale si alternano sussurri e voce piena, dispiegata, chiaroscuri e sospiri.

La scommessa, decisamente ardita e visionaria, di riportare vita e cultura in un piccolo borgo immerso nel verde della campagna dell’alto casertano deve ritenersi vinta: la serata registra una confortante presenza di pubblico, ma - ed è ciò che conta maggiormente - successo e palpabile entusiasmo.

“I sogni sono come le stelle, basta alzare gli occhi e sono sempre là” (Jim Morrison): a Tora di sogni e di stelle adagiate nel cielo notturno ignaro di inquinamento luminoso non v’è mancanza.