L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Maratona Wang

di Roberta Pedrotti

Doppio concerto per Bologna Festival di Yuja Wang con la Mahler Chamber Orchestra in un percorso che ad Haydn ha abbinato ora Janáček e Bach, ora Stravinskij e Šostakovič.

leggi anche: Verona, concerto Wang / Mahler Chamber Orchestra, 23/09/2021

BOLOGNA, 18 settembre 2021 - Doppio concerto, doppio programma. Se in sala s'impone ancora il distanziamento, il pubblico ormai sovente si divide in due turni, pomeridiano e serale; talvolta la divisione è netta, con replica pura e semplice, talaltra la scaletta cambia, e allora una buona fetta di musicofili consacra la giornata alla maratona concertistica. A chi può, la scorpacciata fa senz'altro bene, perfino in quella che è l'unica replica della giornata: infatti, entrambi i turni, 18:00 e 21:00, si aprono con la sinfonia n. 31 “col segnale del corno” di Haydn e risentirla nello stesso luogo, dalla stessa orchestra, da un lato o dall'altro della platea, con vicini diversi, a distanza di sole tre ore ci ridà la misura dell'esperienza dal vivo, unica a irripetibile. La Mahler Chamber Orchestra (senza direttore, ma sotto la guida della spalla Matthew Truscott) è splendida, e si sa, ma per fortuna non è una macchina perfetta, è splendidamente umana. Da un'esecuzione all'altra sembra misurarsi diversamente con la sonorità non proprio facile del Teatro delle Celebrazioni (pur attrezzata al meglio con camera acustica e pannelli), prima con un amalgama più asciutto, poi più pastoso e brillante, prima frammentando il discorso fra gli applausi di un pubblico entusiasta meno avvertito che si fa sentire dopo ogni movimento – nei secoli andati si usava, tuttavia – poi riflettendo la concentrazione continua della sala. E se prima i corni, moderni, si avvicinano al colore più caldo e ruvido degli strumenti d'epoca anche a costo di qualche sbavatura, poi acquistano brillantezza senza pregiudicare la coerenza stilistica. Non si tratta, in fin dei conti, di stilare una graduatoria fra le esecuzioni della medesima sinfonia, semmai di riconoscere l'inevitabile, per fortuna, differenza e unicità anche di prove così vicine, l'influenza non marginale del pubblico nell'interpretazione.

Nel pomeriggio, ad Haydn succede Janáček. Arriva lei, attesissima, Yuja Wang, che a Bologna avrebbe dovuto esibirsi all'inizio di marzo 2020: ricuciamo altri fili interrotti. Il Capriccio VII/2 per pianoforte (mano sinistra) e fiati le dà modo subito di esibire la sua tecnica formidabile, tanto più che la disposizione fra i colleghi le impone di mostrar la schiena al pubblico e la foggia minimalista dell'abito ci permette di osservare un lavoro muscolare senza sforzi e tensioni, il bilanciamento del braccio, il moto fluido dei brachiali tesi e distesi dalla schiena rilassata. Con questo biglietto da visita, quando, poi, vedremo Wang meno composta nella postura sullo sgabello per Šostakovič, parrà ovvio che si tratti di pura e semplice necessità per un fisico così minuto e di piccola statura – dissimulata dalla forma atletica e dai tacchi altissimi – di fronte all'irruenza della musica. Il controllo dell'articolazione richiesto da Janáček nol suo vero e proprio pezzo di bravura mancino non pare presentare la minima difficoltà per la pianista cinese, che lo domina con sicura scaltrezza dinamica in perfetta sintonia con i colleghi della Mahler Chamber Orchestra. Un po' più sottotono è l'effetto del Concerto in fa minore BWV 1056 di Bach, non per la qualità dell'esecuzione, in cui semmai si apprezzano la soffusa complicità con l'orchestra e il nitore del tocco, quanto forse per un'acustica meno favorevole alla scrittura cembalistica ripensata al piano.

Una lunga pausa, un parziale cambio di pubblico, mentre chi resta si sparpaglia per rifocillarsi, foss'anche ai provvidenziali distributori automatici del foyer mentre la pandemia tiene ancora chiuso il bar del teatro. Si riprende con Haydn e poi ci si butta a capofitto nel Novecento russo e cosmopolita. I fiati della Mahler Chamber Orchestra hanno il loro momento di gloria in un'esecuzione dell'Ottetto di Stravinskij che alla qualità oggettiva in termini di equilibrio e precisione, unisce lo slancio del piacere di far musica, di un sorriso condiviso con il pubblico. Si chiude poi in bellezza con il Concerto n.2 op. 102 per pianoforte e orchestra di Šostakovič, il momento forse più alto della giornata, in cui Wang si dimostra assertiva, non muscolare, infallibile ma capace di connotare questa infallibilità ora nella meccanicità sfacciata e grottesca, ora in stranianti tintinnii, ora in un attonito lirismo. I contrasti dinamici possono essere repentini, sorprendenti, mai gratuiti, così come i salti di registro e gli estremi chiaroscuri. La maratona musicale si conclude in maniera elettrizzante, sintesi di tecnica e compenetrazione del testo. Peccato solo che nessuna delle due tappe della giornata sia stata coronata da un bis, nonostante le sollecitazioni del pubblico.


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