Del trivio

di Giuseppe Guggino

La chiusura della stagione sinfonica del Teatro Massimo di Palermo è affidata all’ottantacinquenne Zubin Mehta e i Carmina Burana di Orff. Particolarmente grossier l’esito complessivo della serata, funzionale comunque a far registrare il primo sold out dell’epoca covid.

Palermo, 18 novembre 2021 - Da Zubin Mehta non c’è certo da attendersi un programma particolarmente articolato o l’accostamento a pagine di insolita esecuzione; in concerto predilige programmi con una singola grande pagina di repertorio, senza intervallo. Stavolta niente Nona sinfonia, niente ennesimo Requiem, è toccato ai Carmina Burana di Orff.

L’ottantacinquenne direttore indiano raggiunge il predellino con l’ausilio del bastone ma si mostra in buona forma: il gesto è quello di sempre, non particolarmente incline a suggerire finezze di fraseggio, ma preciso quanto basta a raggiungere col minimo sforzo il minimo decoro; affronta i primi numeri a memoria, poi un’improvvisa amnesia lo costringe ad aprire la partitura, con conseguente siparietto coi professori d’orchestra. Dei tre registri che si mescolano in una partitura sospesa fra l’apocalittico, l’etereo e il triviale forse l’ultimo è la cifra caratterizzante della lettura, fra sonorità quasi sempre debordanti e tempi piuttosto sbrigativi.

Giovanni Sala è messo in difficoltà dalla scrittura di "Olim lacus colueram", mentre Nadine Sierra, in abito celeste, ancheggia latinamente a tempo di musica ma ha proiezione assai limitata e non sempre sufficiente a passare il muro sonoro dell’orchestra. C’è poi il caso di Lucio Gallo, chiamato a sostenere la maggior parte di numeri solistici, affrontati sempre tra il parlato e una linea di canto ora fibrosa ora esausta. Poderoso il Coro guidato da Ciro Visto e ben preparate da Salvatore Punturo le voci bianche.

Prevedibile sin da principio il tripudio finale, pronosticabile un prossimo Requiem o Nona sinfonia a fronte di tanto consenso.