di Luis Gutiérrez
Cecilia Bartoli è Norma al Festival di Salisburgo nella versione filologica di Maurizio Biondi e Riccardo Minasi. Piacciano o meno la sua vocalità e la sua interpretazione, con la direzione di Giovanni Antonini, la regia di Moshe Leiser e Patrice Caurier e un cast eccellente, la produzione è un autentico evento.
SALZBURG, 17 agosto 2013 - Ogni opera tende a modificarsi, se non a corrompersi, con il passare del tempo a causa di cambiamenti nell'ambiente intellettuale, politico e sociale, della disponibilità di interpreti, così come delle loro abilità di recitazione e canto. Esempio concreto di questo sono le riprese filologiche delle opere barocche con strumenti d'epoca, o costruiti su quel modello, suonate secondo quella che si presume essere stata l'articolazione originale e con un'intonazione più bassa rispetto a quella prevalente dagli anni '50 del XIX secolo (440 hertz). Oggi è più raro assistere a un'opera di Mozart o di Rossini eseguita come si faceva nella prima metà del secolo scorso di quanto non lo sia rifarsi a quella che riteniamo, con buone basi documentarie, essere stata la prassi esecutiva di due secoli o due secoli e mezzo fa. Anche la riapertura di molti tagli considerati "tradizionali" il più delle volte illumina non solo la storia e la drammaturgia, ma anche la struttura musicale dell'opera.
Con questo in mente, e con il pesante fardello della memoria delle cantanti che hanno reso Norma un'opera mitica (Giuditta Pasta, Lilli Lehmann, Rosa Ponselle e soprattutto, nel dopoguerra, Maria Callas), Maurizio Biondi e Riccardo Minasi hanno realizzato questa edizione con una aderenza rigorosa all'autografo di Bellini, a una riduzione per pianoforte stampata da Ricordi nel 1832, e alle copie manoscritte utilizzate durante la produzione del lavoro nel primo anno di circolazione (Milano, Bergamo e Venezia). I principali contributi della edizione sono evidenti più nell'aspetto orchestrale che in quello vocale, anche se in questo senso è molto importante l'eliminazione dei tagli di diverse strofe per Adalgisa così come la caratterizzazione dei cantanti tenendo conto di ciò che sappiamo dei primi interpreti (come Norma Giuditta Pasta; Giulia Grisi come Adalgisa e Domenico Donzelli come Pollione) e i tempi originali assegnati a ciascun cantante. Per "Casta diva" l'edizione, ad esempio, consiglia la tonalità di Sol maggiore, ma lascia alla discrezione delle interpreti la possibilità del Fa maggiore.
Il ruolo eponimo è affidato a un soprano con una grande estensione vocale, tra cui acuti scintillanti, e gradi capacità d'interprete, doti molto ammirate nelle prime grandi Norme, Giuditta Pasta e Maria Malibran. Giulia Grisi, all'età di 20 anni, è stata la prima Adalgisa, giovane sacerdotessa. La Grisi creò Elvira nei Puritani e Norina nel Don Pasquale. Anni dopo, con una voce più matura e drammatica, fu un'altra notevole Norma. La tradizione ha assegnato questo ruolo a un mezzosoprano, che la fa sembrare spesso più adulta della stessa Norma, minacciando non solo l'integrità drammatica del lavoro ma, soprattutto, andando contro la struttura musicale dell'opera, in particolare durante i duetti con Norma. Tuttavia, questa soluzione soddisfaceva molto il gusto dei nostri predecessori, anche se talvolta Adalgisa poteva sembrare la nonna di Norma! Domenico Donzelli, il primo Pollione, dopo la prima di Norma ha seguitato a cantare ruoli come Almaviva, Don Ramiro e Otello di Rossini, mentre il Proconsole è stato in seguito interpretato da più di un tenore spinto . Il ruolo di Oroveso, scritto per Vincenzo Negrini, è rimasto invariato. Il coro, in particolare "Guerra, guerra! " ha subito cambiamenti significativi, mentre in questa edizione si opta per la chiusura originale. La messa in scena di Moshe Leiser e Patrice Caurier ha spostato l'epoca dell'azione dal tempo dell'occupazione romana della Gallia all'occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale. Questo cambiamento non solo rispetta l'essenza del libretto di Romani, ma accentua la caratterizzazione ambigua di Norma come collaborazionista con l'occupante nemico: quale maggiore segno di connivenza di due figli dal comandante degli invasori? Pollione è il capo della Gestapo, molto più facile da identificare come ripugnante e offensivo di un generale romano. Oroveso è il leader di un gruppo di resistenza che si risolverà tragicamente a dover sacrificare la propria figlia per aver tradito la causa. I Galli sono i membri della Resistenza francese, che sicuramente comprendeva sacerdoti e tutti i personaggi che Romani incluse nel suo libretto. Il testo è cantato senza variazioni, ma le allusioni alla corona di verbena di Irminsul non sembrano estranee alla narrazione. L'azione si svolge interamente in un interno, una scuola in cui Norma mostra la sua collaborazione con l'invasore, quando Pollione arresta una delle insegnanti (ruolo muto) prima dell'inizio del primo atto. Gli appartamenti di Norma sono spartani, e l' edificio in cui si svolge l'opera arde alla fine in un grande incendio in cui Norma e Pollione muoiono in maniera spettacolare. Eventualmente, risulta straniante non vedere la luna durante "Casta Diva". I costumi, apparentemente molto semplice, erano del tutto appropriati per la situazione e l'illuminazione non aveva un briciolo di imperfezione. Assistere a una recita di Cecilia Bartoli è sempre un avvenimento, che ci piaccia o no il suo timbro (a me piace ), che ci ispiri o meno simpatia (la considero la diva più umile che conosca), non c'è dubbio che la sua tecnica vocale è una delle più limpide e raffinate nel mondo della lirica di oggi. Come attrice è grande, togni movimento del corpo e del viso ha un significato preciso e altamente emozionale. Il sentimento con cui ha cantato "Casta diva", cabaletta inclusa con la sua spettacolare coloratura, è stato semplicemente travolgente. La sua interpretazione di Norma è stata la cosa migliore che abbia visto da lei e spero che la affronti nuovamente nel prossimo futuro. Rebeca Olvera, Adalgisa, era fenomenale, sia per il suo impegno nel rendere il personaggio sia per la musicalità, la bellezza del timbro cristallino e argenteo insieme e la freschezza della sua luminosa voce di soprano. Il risultato sono stati duetti spettacolari in cui le voci femminili si sono unite in modo sublime. John Osborn era un Pollione forte e brillante nella sua aria come, poi nel terzetto del primo atto e nel duetto con Norma del secondo. Michele Pertusi, Oroveso, era molto solido vocalmente, sulla scena un partigiano valoroso e un padre afflitto. I ruoli di Clotilde e Flavio sono stati cantati con efficacia da Liliana Nikiteanu e Reynaldo Macías (solo Salisburgo ha il lusso di presentare questi "cantanti secondari") . Il Coro della Radio Televisione Svizzera di Lugano ha offerto una performance assolutamente eccezionale: risuona ancora nelle orecchie il loro "Guerra, guerra!". E trascurare l'orchestra La Scintilla di Zurigo sarebbe un peccato di profonda stupidità: anch'essa è stata impeccabile. Il concertatore Giovanni Antonioni ha dispiegato tutto il suo talento affinché brillasse d'una lucentezza quasi abbagliante, da autentico grande direttore. I tempi erano gestiti con molta precisione, per esempio nel rendere durante il primo duetto di Norma e Adalgisa la differenza tra il tradizionale Moderato e l'originale Andante assai agitato quando la giovane Adalgisa chiede di vedere la grande Norma .
Non so se abbiamo una nuova Norma, ma Cecilia Bartoli ce ne ha offerto una lettura indimenticabile insieme con un cast eccellente fra solisti, coro, orchestra, direttore e team creativo e tecnico. Peccato che le repliche debbano finire.