Classico e contemporaneo

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta in prima nazionale italiana l’esecuzione del Concerto per pianoforte e orchestra di Thomas Adès; a dirigere l’orchestra è il maestro Antonio Pappano e al pianoforte suona Kirill Gerstein (per cui la parte è stata scritta). La serata è, inoltre, aperta da L’apprenti sorcier di Paul Dukas e chiusa da una memorabile esecuzione di Also sprach Zarathustra op. 30 di Richard Strauss.

ROMA, 3 febbraio 2021 – Il maestro Antonio Pappano, la cui collaborazione con la massima orchestra italiana terminerà con questa stagione, sta inanellando una serie di concerti magnifici, sia per bellezza esecutiva che per scelta delle musiche in programma.

Il primo tempo del concerto presente si apre con una fulgida esecuzione de L’apprenti sorcier di Dukas. Pappano si trova nelle sue acque, nel suo repertorio d’elezione; l’orchestra suona magnificamente: un tripudio di screziature cromatiche invade la sala. Il pezzo (notissimo al grande pubblico per la parte nella prima pellicola di Fantasia) è una sequela di sezioni brillanti, che evocano il goffo tentativo di un apprendista stregone di far fare i lavori domestici a una scopa maldestramente incantata. Pappano si destreggia magnificamente fra gli episodi, esaltando gli accenti cangianti, le cromature dell’impasto orchestrale, il tutto sorretto da un’agogica di polso, brillante. Gli applausi scattano fragorosi, soprattutto dopo la movimentata sezione finale, che si incardina su un turbinio strumentale che si smorza dopo aver raggiunto l’apice. Segue un pezzo che viene dato a battesimo nel cartellone dell’Accademia, un po’ la sorpresa della soirée, cioè il Concerto per pianoforte di Adès: al pianoforte siede l’esecutore sulle cui doti il compositore ha cucito lo stesso concerto, Kirill Gerstein. La composizione si apre con dialogo del pianoforte con l’orchestra che ha il sapore di molti passaggi di Gershwin o Prokof’ev. Tutto il I movimento è una giustapposizione di frammenti melodici che si richiamano liberamente alla tradizione musicale del grande pianismo del Novecento, ma con passaggi desueti e sperimentazioni tonali. La parte pianistica è pensata ance in una chiave virtuosistica, permettendo all’interprete di mostrare tutte le sue doti. Passaggi, arpeggi, scale, fioriture scorrono limpide fra le mani di Gerstein, che mostra un tocco sensibilissimo, in perfetta armonia con la trama orchestrale; il suo pianismo è brillante e la scrittura, che dosa opportunamente le dissonanze, in una sapiente miscela di tradizione e sentieri sperimentali, rimane saldamente ancorata a un sistema tonale. Due parole è bene spendere sulla cadenza, virtuosistica ma mai sforzata, che gioca molto sulla plasticità del suono, come dimostra l’insistere sul tremulo creato da una particolare pressione dei tasti del pianoforte. Il II tempo ristagna in una calma quasi lacustre, sulla quale si increspano linee melodiche volutamente ambigue, sentieri girovaganti di soluzioni cromatiche, il tutto in una dilatazione agogica di notevole effetto; si vede qui la bravura di Pappano come direttore d’orchestra, soprattutto nel far emergere le sonorità cangianti dei vari gruppi orchestrali. L’ultimo tempo (in ciò si svela l’impianto sostanzialmente classicheggiante del pezzo) riprende la brillantezza del primo, in chiave ben più marcata, ironica, ispirandosi palpabilmente alla scrittura irriverente di Šostakovič. Gerstein scorre con maestria sulla tastiera, che s’infuoca di cromature spinte, virtuosistiche, ben scandite da un gioco di energici accordi. Pappano, durante tutto il concerto, è millimetrico nel guidare l’orchestra, permettere all’interprete di adagiarsi su un velluto sonoro sopraffino, amalgamarsi con l’impianto orchestrale senza che questo lo sovrasti o che il tutto si trasformi in una baraonda. La mano attenta e il suono terso dell’orchestra accompagnano brillantemente il pianista. Il concerto si chiude fra gli applausi e Gerstein regala, a mo’ di bis, un pezzo di Adès: la berceuse dall’opera The Exterminating Angel.

Il secondo tempo è tutto occupato dal poema Also sprach Zarathustra di Strauss. Ancora, Pappano si trova nel suo repertorio prediletto. Dell’intera esecuzione stupisce la coerenza e la compattezza, accompagnata da una magistrale sensibilità alla scrittura straussiana, ora compatta, ora tersa, più sottile e impalpabile. La bravura dell’orchestra è, ancora, evidente nei passaggi più spettacolari, come il pedale sonoro d’apertura su cui s’innesta la sequenza degli ottoni (celeberrima per l’uso che ne fece Kubrick), o la danza che prelude al finale crepuscolare, dove il primo violino disegna una sensuale melodia. Tutti gli episodi del pensiero nietzschiano, tradotto in musica da Strauss, sono scontornati con pregevole sensibilità. L’applauso finale scatta genuino e meritato.