Specchio di labirinti

di Luigi Raso

Al Teatro Sannazaro, l'Associazione Alessandro Scarlatti propone un suggestivo accostamento fra Fabio Vacchi e Johann Sebastian Bach con il Quartetto di Cremona.

NAPOLI, 10 marzo 2022 - È un accostamento suggestivo e denso di rimandi quello che vede affiancate un’opera di compositore contemporaneo che rende omaggio a un gigante della musica e una pietra miliare della musica occidentale: il Quartetto n. 6 di Fabio Vacchi e L’Arte della fuga di Johann Sebastian Bach. 

Fabio Vacchi, classe 1949, scrive nel lungo tempo sospeso del lockdown pandemico del 2020 il proprio Quartetto n.6 Lettera a Johann Sebastian Bach, composizione commissionata dal Quartetto di Cremona e dal Comitato AMUR, di cui è membro l’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli che lo propone questa sera in prima esecuzione assoluta a Napoli. L’idea musicale del Quartetto germoglia dal celebre tema che apre L’Arte della fuga di J.S. Bach: su di esso Fabio Vacchi costruisce un micrososmo sonoro della durata di poco superiore ai quindici minuti che ben rende la sospensione, lo straniamento e lo stridore del tempo pandemico. Tanto è geometrica e rigorosa L’Arte della fuga di J.S. Bach, quanto è tormentata, per sonorità e armonie, la “lettera” che un uomo del XXI secolo invia al Kantor: nell’arzigogolato procedere della melodia e del contrappunto si annida il naufragio di ogni certezza e si insinua il senso dell’attesa.

E di questa progressiva disgregazione della cellula tematica iniziale è magnifico interprete lo straordinario Quartetto di Cremona: il ricercato stridore di talune sonorità “sul ponticello” dei violini disegnano nebulose sonore, l’equilibrio e la precisione del discorso armonico e contrappuntistico dimostrano la straordinaria versatilità del Quartetto di Cremona, perfetto nell’affrontare, per sonorità, intenzioni espressive e rispetto delle dinamiche indicate dall’autore, una pagina di musica contemporanea così come un quartetto di Beethoven; un’esecuzione, questa di stasera, che per chiarezza e cesello dimostra quanto sia talora ingiustificato “aver paura” di ascoltare la musica contemporanea e quanto un’ottima esecuzione la possa rendere intelligibile al pari di un quartetto di Mozart, Beethoven o Schubert.

Fabio Vacchi e il Quartetto di Cremona, ensemble dedicatario del Quartetto n. 6 del compositore bolognese, si rivolgono a noi tramite J.S Bach: l’antico parla una lingua contemporanea, declinando un tema del passato in sonorità e spirito a noi proprie.

Dal presente d Vacchi il viaggio musicale del Quartetto di Cremona ci porta indietro nel tempo, a quella Arte della fuga (composta tra il 1749 e il 1750) di J.S. Bach, opera monumentale, enigmatica e ammantata da quell’intramontabile fascino che l’incompiutezza conferisce alle opere d’arte non ultimate. Le note emesse dalla viola [L’Arte delle fuga è eseguita nella trascrizione per quartetto d’archi di Hermann Diener (1897 - 1955)] alla fine del Contrappunto 18 restano sospese in aria, nell’attesa irrealizzabile di un completamento. Se il Quartetto n. 6 Lettera a Johann Sebastian Bach è un tormentato girovagare musicale all’interno di un labirinto (da laborintus, travaglio interiore), L’Arte della fuga è un peregrinare labirintico guidato da un sottile ma non recidibile filo d’Arianna.

Opera estrema di J.S. Bach, dominata dalla maestosa geometria e dal rigore del contrappunto generato dal Contrappunto 1 esposto nell’incipit e sempre percettibile in filigrana malgrado il continuo processo di costruzione e destrutturazione subito nelle fughe, L’Arte della fuga ci impressiona ad ogni ascolto (sempre più raro, purtroppo, quello dal vivo) per la mirabile struttura dell’edificio musicale compiuta dal Thomaskantor. A questa architetturaa, dominata dal rigore, da un’austerità prossima al cerebralismo - è opera teorica? Didattica? Destinata all’esecuzione? E, se sì, per quale strumento/i? Domande senza risposta che amplificano l’alone di enigma intorno alla composizione - il Quartetto di Cremona ha il merito di infondere uno spiccato senso di cantabilità, che nel smussare spigoli e nel frenare astrazioni, rende teso, palpabile questa summa di dottissima conversazione contrappuntistica. Questa cantabilità poggia saldamente sul suono pieno, coeso e brillante (per inciso, magnifico per luminosità e proiezione il timbro del violino Nicola Amati del 1640 suonato da Cristiano Gualco) dell’intero complesso cameristico, sul fraseggio analitico, su dinamiche calibrate e mobili. E non manca pathos in quelle che ci appaiono profonde meditazioni quali i Canoni 14 e 14a per violino e violoncello e i Canoni 15 e 16 per violino e flauto dolce. Per affrontare accordature più basse rispetto a quelle solitamente affidate al violino e alla viola, il Quartetto di Cremona adopera in alcuni Contrappunti la viola in sostituzione del violino II e la viola tenore, più grande e più bassa per accordatura, al posto della viola, strumenti magnificamente suonati da Paolo Andreoli (violino II e viola del Quartetto) e Simone Gramaglia (viola, viola tenore), il quale impreziosisce i Canoni 15 e 16 con il timbro del flauto dolce.

Cantabilità, lavoro di cesello e rispetto della geometrica enigmaticità del monumento bachiano costituiscono la cifra interpretativa di questa pregiatissima e, a giudizio di chi scrive, memorabile esecuzione de L’Arte della fuga.

Al termine, successo convinto da parte del pubblico, purtroppo non numeroso come l’evento musicale avrebbe meritato. Il Quartetto di Cremona concede un bis: si torna al principio, a quella prima pietra musicale sulla quale J.S. Bach costruisce il proprio complesso edificio musicale, il Contrappunto 1 iniziale. Il cerchio si chiude; dai labirinti si esce.