Fra Mozart e Chopin

di Vincenza Caserta

Il Quintetto Akedon non fa rimpiangere l'orchestra in un programma fra Mozart e Chopin per l'Alpen Classica Festival.

PEJO, 27 luglio 2022 - Cosa accomuna Mozart e Chopin se non una scrittura nitida ed una cantabilità talmente scoperta da mettere alla prova qualsiasi artista? L’interpretazione di pagine note e brillanti del compositore salisburghese assieme al lirismo più puro del Primo Concerto di Chopin riempie la sala mentre un cadenzato tintinnio di pioggia leggera fa dimenticare l’arsura estiva. Questo è lo scenario serale all’Alpen Classica Festival, itinerante fra Trentino, Tirolo e Alto Adige, che il 27 luglio ha visto protagonisti il quintetto Akedon e la pianista Sandra Landini presso la Sala del Parco Nazionale dello Stelvio a Cogolo di Pejo.

Mozart del Divertimento K136 è all’insegna di vivacità e spigliatezza nel primo movimento, il quintetto formato da Michelangelo Lentini ed Enzo Ligresti (violini), Silvestro Favero (viola), Giuseppe Barutti (violoncello) e Patrizia Pedron (contrabbasso) è entusiasmante nell’energia di colori che lo pervade e nella grande sintonia fra gli elementi. Il secondo movimento del Divertimento è luogo di dialogo fra sonorità bilanciate ed espressive. Giocoso diventa il terzo movimento, scandito dal virtuosismo marziale di primo e secondo violino e dallo scambio espressivo di idee musicali che animano i bassi, mentre il tessuto sonoro del fugato finale è fatto di una materia plastica e di sinuosa flessibilità.

Si potrebbe avere nostalgia dell’orchestra nella riduzione per Quintetto e pianoforte del Concerto di Chopin Op 11, della sonorità delicata dei fiati, della potenza sonora che vibra tra gli archi, eppure la forza del pensiero musicale e l’interpretazione coesa del Quintetto Akedon rendono giustizia anche alle pagine più dense di Chopin, a quel primo tema fiero ed intenso che nelle trame sonore dialoganti dei violini trova la direzione del fraseggio e nelle parti interne dei bassi richiama la più raffinata poesia. Così anche il secondo tema prende vita e nella sua vibrante intensità diventa incisivo ed elegante. Ed è uno Chopin carezzevole nei pizzicati, in cui l’aspetto virtuosistico viene posto in secondo piano dalla Landini per privilegiare un aspetto originale che non risulta sempre nitido da un punto di vista sonoro. In Chopin l’idea musicale è spesso enigmatica, a dispetto di quella chiarezza di scrittura che lo accomuna a Mozart, e proprio questo elemento così discutibilmente delicato del “rubato melodico” diventa in qualsiasi interpretazione di Chopin il nodo da sciogliere. La Landini, stacca dei tempi molto rapidi in cui la cantabilità diventa filologicamente simile a quella del canto italiano che ispirò Chopin. E senza dubbio la maestosità del Concerto in mi minore desta reminescenze operistiche e la scrittura pianistica risulta essere particolarmente ardua nella complessità di narrazione e pensiero che la pervade. L’architettura grandiosa del Concerto non può che essere all’insegna di una grande introspezione da parte del pianista ed il dialogo con una formazione ridotta non è certamente semplice da dominare, proprio perché Chopin consegna alla parte pianistica una grande responsabilità nel dialogo alla pari con una importante scrittura orchestrale ed allo stesso tempo richiama quella flessibilità vocale tanto cara a Bellini. La Landini si mette in gioco con una grande agilità pianistica e senza dubbio nella versione con Quintetto d’archi diventa ancora più complesso gestire le sonorità senza perdere poesia e continuità narrativa. Colpisce la ricchezza d’inventiva musicale del Quintetto Akedon nel sottolineare alcuni dettagli della partitura, come la continuità di dialogo tra i violini e la viola di Favero mentre il contrabbasso della Pedron sostiene con decisa delicatezza. Il climax di intensità nel secondo tema viene scandito da un suono “parlato” al contrabbasso, mentre accresce d'interesse anche la riesposizione, nel sospendere e rinnovare dettagli musicali che sono importanti suggerimenti per la parte pianistica. La timida spigliatezza della Landini emerge nel terzo movimento tra l’incalzare vivo di convincenti pizzicati degli archi ed è esplosione di orchestralità e fantasia interpretativa nel sottolineare in tutte le sezioni strumentali il gruppo delle stesse tre note ripetute prima del vorticoso finale.

Bis della Landini con un più sonoro Chopin dello Studio Op 25 n 12.

Vincenza Caserta