Dramma sacro

di Ramón Jacques

La stagione della più antica orchestra statunitense si apre con il capolavoro sacro di Verdi

SAN DIEGO 2 ottobre 2022. La San Diego Symphony Orchestra ha inaugurato una nuova stagione con il celebre Requiem di Verdi. Sembra che si tratti di una partitura di cui le orchestre sinfoniche si sono impossessate, poiché si sente più frequentemente nelle sale da concerto che nei teatri d'opera. L'orchestra di San Diego non sembrerebbe godere della stessa notorietà internazionale di altre ad essa vicine, come quella di San Francisco e, soprattutto, di Los Angeles, tuttavia è una delle istituzioni musicali più antiche e solide degli Stati Uniti e il primo gruppo musicale della California, avendo eseguito il suo primo concerto più di cento anni fa, nel dicembre 1910. Con una rinnovata lista di musicisti, americani e internazionali che sono entrati a far parte del suo staff in pochi anni, attualmente si distingue nella classifica delle orchestre americane fra quelle considerate di più alto livello, per budget e per quantità e qualità di solisti e direttori invitati ogni anno.

L'orchestra è attualmente sotto la guida del suo direttore titolare, il maestro venezuelano Rafael Payare, e dell'ospite principale, l'olandese Edo de Waart, che tra loro uniscono da un lato esplosività e giovinezza e dall'altro esperienza e carattere. (Non dimentichiamo che de Waart ha anche una lunga carriera le'''opera, poiché in passato era il direttore musicale del teatro dell'opera di Santa Fe). Attualmente la sala concerti Copley Symphony Hall, sede dell’orchestra, è chiusa per lavori di ristrutturazione fino al 2024 e l'orchestra sta attraversando un periodo itinerante esibendosi in vari teatri della città, quindi questi concerti inaugurali si sono svolti nella sua sede estiva, nota come The Rady Shell al Jacobs Park, un teatro all'aperto a pochi metri dalla baia di San Diego. Quanto al Requiem, è curioso pensare che per la sua composizione Verdi, eccezionale creatore operistico, avesse in mente la morte di Rossini e poi quella di Alessandro Manzoni per creare una messa, e un capolavoro basato su un testo cattolico, quando il suo rapporto personale con la fede non si poteva definire osservante e addirittura criticava la chiesa e la sua struttura, che associava all'ipocrisia, al privilegio e all'oppressione. Tuttavia gli ideali cristiani traspaiono nella partitura.

Per l'esecuzione di questo concerto, oltre ai solisti, sul palco erano presenti centoquaranta strumentisti e settanta coristi del San Diego Master Chorale. Dal podio Rafael Payare è riuscito a unire in modo omogeneo tutte le forze musicali in una lettura drammatica e precisa in ogni dettaglio. Non sembrava perdere il controllo o sopraffare con la forza voci e strumenti che trasmettevano speranza, ansia e palpitazioni. Il soprano Leah Crocetto ha cantato con una voce potente e ben proiettata per tutto il concerto. Il suo timbro è brillante, e sebbene abbia un vibrato che potrebbe suonare un po' antiquato eccelleva in Rex tremendae majestatis e affascinava nel sempre commovente Libera me. Dal canto suo, il tenore Limme Pulliam, che ha avuto un buon inizio di carriera interpretando ruoli in opere verdiane, come nel recente Manrico nel Trovatore alla Los Angeles Opera, ha mostrato solidità nella voce e nelle note acute, con ombreggiature quasi baritonali. La sua interpretazione dell'Ingemisco a volte suonava più come un'aria operistica stilizzata che come un pezzo con un tono religioso. Il mezzosoprano Jennifer Johnson Cano eccelleva tra i solisti con un canto drammatico e vellutato che ha trasmesso emozione e ha dato vitalità alla sua parte. Il baritono Aleksey Bogdanov ha mostrato una voce con buone qualità, ma sembrava concentrarsi su forza e potenza, il suo canto a volte appariva privo di significato. Il monumentale coro, il San Diego Master Chorale, sotto la direzione di John K Russell, ha adempiuto all'importante compito assegnatogli da Verdi, in particolare nel Dies Irae e nel Rex tremendae majestatis.