Il tocco dell'arte

di Roberta Pedrotti

Evgeny Kissin suona per la prima volta con l'orchestra del Teatro Comunale in un concerto che ha visto unire le forze delle principali istituzioni musicali cittadine. 

BOLOGNA, 5 novembre 2022 - Bologna, si sa, pullula di proposte teatrali, musicali, cinematografiche, espositive. Talvolta la sovrapposizione di eventi rivolti a un medesimo pubblico (per esempio concerti comeristici e sinfonici) può far pensare che le istituzioni cittadine si parlino poco o addirittura si facciano qualche sgambetto. Per fortuna, però, arrivano le smentite nei fatti quando le forze si uniscono per eventi come quello di sabato 5 novembre, realizzato grazie alla collaborazione delle tre principali realtà musicali – non ce ne vogliano le altre – felsinee: il Teatro Comunale, Bologna Festival e Musica Insieme.

Le magnifiche tre riportano all'ombra delle Due Torri Evgeny Kissin, che qui aveva debuttato ventenne in recital nel 1991. Questa volta si tratta di un concerto con orchestra, data unica per l'Italia, con i complessi del Comunale e Radu Paponiu sul podio: una serata che richiama inevitabilmente un pubblico foltissimo anche da fuori regione.

E sì che le premesse potevano generare qualche inquietudine: Kissin accusa – e serenamente dichiara – una tendinite al braccio sinistro ed è costretto a rinunciare al virtuosismo del Terzo concerto di Rachmaninov in favore del Concerto n. 23 K 488 di Mozart, che sollecita meno la mano dolente. Ma l'artista vero non si misura certo nella prestanza fisica, né il Salisburghese può dirsi meno insidioso del Russo: anzi, è proprio là dove la forma non è la migliore che emergono la tecnica e la musicalità, è nella nuda purezza mozartiana più che nei fuochi d'artificio che si riconosce il grande pianista.

E che Kissin sia un genio fuori dal comune non ci sarebbe bisogno di ribadirlo, ma lo si vede in ogni espressione del volto con cui accompagna, vive, incarna l'articolazione musicale. Anche quando la palla passa all'orchestra e il pianoforte tace, in realtà il suo non è vero silenzio, perché la simbiosi fra solo e assieme è totale, un continuo rapporto di suggestioni e scambi reciproci in cui la grazia e la nobiltà del porgere un suono madreperlaceo non manca mai di profondità. Troppo facile sarebbe effondersi in aggettivi per l'Adagio centrale; pure, non bisogna perdere di vista il legame fra questo densissimo e trasparente ripiegamento cantabile e la distensione dialettica dell'Allegro e dell'Allegro assai.

All'inevitabile ovazione seguono due bis preventivamente annunciati: il Rondò in Re maggiore di Mozart e lo Scherzo n. 2 di Chopin. Eccoci ancora a Salisburgo, questa volta pianoforte solo, per un impressionante gioco di colori, dinamiche, contrasti, trilli vertiginosi che possono però interrompersi repentini in un cambio improvviso ma non gratuito di carattere. Lo stesso spirito, ma in altro stile, si avverte in Chopin, con un uso del pedale che asseconda il tocco nel creare un moto interno ancor più drammatico, a ricordare che dal 24 febbraio scorso Kissin, nato a Mosca, inserisce in ogni sua esibizione due Polacche chopiniane, emblema dell'indipendenza nazionale rispetto all'egemonia dell'impero zarista, come segno di solidarietà verso l'Ucraina. Oggi la tendinite non glielo ha permesso, ma Chopin non è comunque mancato. Anzi, è ritornato quando la tempesa infinita di applausi ha costretto Kissin – non certo riluttante, anzi generoso e sorridente – ad altri due fuori programma: un valzer di Brahms e uno, appunto, di Chopin. Il suono si fa più denso e corposo e rende ancor più potente il contrasto con le diverse declinazioni della natura volatile della danza ottocentesca per eccellenza.

Il successo per Kissin è travolgente, ma sarebbe ingeneroso non rendere merito anche al direttore Radu Paponiu e all'orchestra del Comunale di averlo affiancato in Mozart con una presenza sempre sollecita, suono nitido e leggero in perfetta sintonia con i colori e le dinamiche del solista. Non si tratta solo di assecondare, insomma, ma di saper far musica, respirare insieme. Peraltro, già dalle prime battute dell'ottava sinfonia di Dvořák, che occupa la seconda parte del concerto, è chiaro come l'orchestra sia attenta e in forma, Paponiu un direttore capace di calibrare le sonorità e di dare continuità a un discorso tematico ben articolato.