Beethoven e Bruckner

di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia propone in concerto due capolavori: il Concerto per violino in re maggiore op. 61 di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia n. 9 in re minore (WAB 109) di Anton Bruckner. Antonio Pappano dirige le maestranze dell’Accademia e Lisa Batiashvili esegue il concerto beethoveniano.

ROMA, 11 novembre 2022 – Il Concerto per violino di Ludwig van Beethoven è un indiscusso capolavoro del genere e l’orchestra dell’Accademia, sotto la bacchetta di Antonio Pappano, ne rende perfettamente giustizia, accompagnando un’interprete raffinata del calibro di Lisa Batiashvili. La georgiana torna, infatti, a deliziare il pubblico romano con la sua arte e la sua personalissima sensibilità, fatta di tenera delicatezza. In tal senso, il Larghetto (II movimento) rappresenta probabilmente il momento più sublime dell’intera lettura della violinista, che riesce a intonare passaggi splendidi, mezze-voci, arcate lunghe, legate, dolcemente vibrate. L’intonazione della Batiashvili è perfetta, il suono pieno e turgido, i colori delicatissimi; magnifici i trilli sfumati, come pure le varie fioriture che è in grado di produrre la corda del violino e che Beethoven raccoglie tutte in questo movimento. L’intesa fra Pappano, l’orchestra e la violinista si vede già dall’importante Allegro ma non troppo (I). La Batiashvili imprime un’esecuzione mai sopra le righe, in cui la precisione (che non si traduce mai in sterile freddezza) rende giustizia delle linee melodiche beethoveniane, ma anche dei numerosi salti e delle virtuosistiche difficoltà della scrittura del tedesco, che si esprime in particolare in un’articolata cadenza, di cui la Batiashvili dà una lettura mozzafiato. Sia nel I movimento, dunque, che nel III, il Rondò, la violinista mostra uno spumeggiante virtuosismo, che non sacrifica, val bene ripeterlo, la bellezza arieggiata ed intonata della linea melodica. Da par suo, imprimendo un’agogica viva e dinamica, modulando colori e interventi dell’orchestra, Pappano accompagna superbamente l’interprete; l’orchestra esegue quasi tutto perfettamente (c’è da notare solo un passaggio a vuoto dei corni in un attacco del I movimento). Dopo il freschissimo finale, gli applausi sgorgano fragorosi. Le maestranze tutte offrono, come bis, l’arrangiamento per violino ed archi, a firma di Anders Hillborg, di Ich ruf zu dir (BWV 639) di Johann Sebastian Bach, che la Batiashvili ama eseguire.

La seconda parte del concerto è dedicata alla monumentale Nona di Anton Bruckner. Opera sublime quant’altre mai, la Nona è un’architettura che, mediante un linguaggio sinfonicamente ‘profano’, vuole offrire un estremo ma grandioso dono a Dio. La resa di Pappano è magnifica: l’orchestra ha un suono pieno, titanico, tale da valorizzare quegli enormi blocchi, paratatticamente inframmezzati da estasi sonore, di cui quasi tutta la sinfonia è costruita. Un accumulo seriale di intensità, quasi inesorabile, sfogantesi nei ben noti momenti in cui l’orchestra tutta, avvolta dagli ottoni, invade la sala, come avviene nel I movimento. Nello Scherzo (II) Pappano cura al millimetro i passaggi in pizzicato e l’accumulo di tensione che sfocia in una danza satanica, sfrenata, dove l’orchestra non si risparmia; ma tutto il movimento, ancora, è un alternarsi di momenti estatici (dove la bacchetta di Pappano si fa delicatissima) ed altri, letteralmente, violentissimi. Questi contrasti sono esaltati dalla resa di Pappano, che ha una sensibilità particolare per questo tipo di pezzi. Sublime, ieratico l’Adagio, dirigendo il quale Pappano disegna arcate melodiche lunghissime, poggiando le linee degli archi su un tessuto che sfuma e si screzia costantemente. Che la direzione di Pappano sia riuscita al meglio lo dimostra il fatto che il pubblico è rimasto incollato alle sedie fino all’estremo sfumare degli ottoni su un velo vibrato degli archi: gli applausi fragorosi ripagano dello sforzo.