Viaggio nel tempo 

di Vincenza Caserta

I Solisti veneti chiudono la rassegna dei Concerti della domenica con un percorso da Bach a Strauss a Schönberg.

Il Concerto conclusivo della cinquantaseiesima Rassegna dedicata ai Concerti della domenica vede protagonisti nell’Auditorium Pollini di Padova i Solisti veneti diretti da Giuliano Carella con un particolare programma ricco di intensità emotiva e narrativa: Trame sonore da Bach a Schönberg. Il maestro Carella introduce il concerto consegnando una chiave di lettura agli ascoltatori ed è attraverso la più imponente architettura musicale che può esprimersi una filosofia capace di scardinare la parola. Attraverso il rigore compositivo di Bach, Carella ed i Solisti Veneti riescono a presentare l’Iperuranio in musica, quel mondo delle idee che Bach ha voluto raccontarci, umanizzandolo pur parlando una lingua che contiene l’essenza del divino.

Carella anticipa la complessità strutturale del brano proposto, Ricercare a sei tratto da Musicalisches Opfer BWV 1079, geniale, articolato ed accompagnato dalla narrazione della vicenda che lega Bach al suo tempo a Federico II di Prussia ed al tema da lui proposto al compositore. I Solisti Veneti si presentano in formazione di sestetto con Lucio Degani ed Enzo Ligresti ai violini, Mario Paladin e Silvestro Favero alle viole, Giuseppe Barutti e Carlo Teodoro ai violoncelli. L’incipit del Ricercare, con il tema presentato dalla viola di Paladin, è sicuro e fiero e già la natura mistica di Bach fa capolino attraverso la capacità rappresentativa che il compositore rivela con immediatezza e che i Solisti di Carella evidenziano con abilità. Aleggia subito in quel procedere lento la dinamica interpretativa dei Solisti veneti, proiettata verso l’infinitamente grande attraverso un tema. I Solisti danno vita, attraverso l’esile frammento musicale, ad una riflessione sulla condizione umana connotata da fragilità e dall’aspirazione verso l’infinito. Il tema si anima nel dialogo strumentale ed il soggetto fugato nell’esposizione di Ligresti e Barutti inizia a prendere forma e colore. È attraverso questa ricerca, che permette di analizzare ciascun frammento da più prospettive, che appare la maestosa complessità di Bach. L’umanizzazione del suono è l’elemento più interessante che emerge da questa interpretazione dei Solisti Veneti ed è la ricerca continua della bellezza che permette ad elementi compositivi come il controsoggetto di presentare l’altro volto del testo per osservare a tutto tondo l’opera. È una accurata lettura quella che Carella e i Solisti propongono, un Bach che si manifesta espressivo nel rigore, vivo e mobile nella ricerca plastica del suono da parte degli interpreti. Attraverso questo modo di avvicinarsi a un’opera così enigmatica prendono forma sia gli interrogativi più complessi ai quali la musica di Bach rimanda inevitabilmente sia la riflessione più spirituale sulla musica. Si avverte una continua ricerca da parte di Carella e dei Solisti per poter scardinare il rigore della forma e manifestare attraverso sonorità brillanti ogni angolatura di un pensiero così profondo ed articolato. Dettagli musicali si impreziosiscono di misticismo: il colore della frase plasma la severità e ogni spigolosità viene temprata da un’interpretazione che privilegia la valenza poetica di queste pagine senza perdere di vista la profondità del pensiero che resta alla base di tutta l’Offerta musicale. La grande flessibilità che accompagna questa esposizione del pensiero bachiano fa sì che i Solisti ne sussurrino le trame sonore al pubblico attraverso una lettura dalla disarmante chiarezza ricercata in sonorità morbide e colori pastosi. Predomina l’eleganza del fraseggio declamata con maestosità anche nell’ultima cadenza piccarda per un Bach che è privo di eccessi sentimentalistici e che lascia trasparire nella coralità delle sei voci strumentali la voce accorata del singolo con la stessa purezza impressale dal compositore oltrepassando il rigore formale che da un frammento crea variazione.

Strauss nel Capriccio per sestetto d’archi è poetico nel narrare: così sin dal suo incipit appare l’interpretazione dei Solisti veneti di Carella. Un’atmosfera trasognata e quasi onirica è subito scandita dal ritmo cullante dei violoncelli di Barutti e Teodoro, accompagnati con morbidezza dalle viole di Paladin e Favero ed il tema dei violini di Degani e Ligresti diventa cantabile e spiegato. Il contrasto immediato creato dal tremolo dal timbro scuro introduce direttamente nel solo di Degani che apre un nuovo percorso di ricerca timbric. Carella ed i Solisti veneti presentano la parte introduttiva con velata dolcezza mettendo in luce l’idea contrastante che anima la seconda parte, più agitata nell’avanzare del nuovo elemento che permetterà di fare ritorno alle sonorità piene ed intense in un tema imbevuto di romanticismo. La narrazione più cantabile viene sottolineata nel solo di Barutti, il colore è vivo nel sottolineare un discorso che diventa incalzante mentre il sostegno scuro delle viole di Paladin e Favero sottolinea l’affabilità di Degani e Ligresti. È l’espandersi di un’idea narrativa che si propaga a tutti i livelli di scrittura strumentale, come un’ondata sonora intervallata alla ricerca vocale con cui il tema viene espresso dai violini attraverso un suono pieno e rotondo che risulta di grande impatto emotivo. Carella ricerca i colori mantenendo una grande coerenza nella sua narrativa emozionale, la dinamica di ogni elemento è ben articolata e con densità e pienezza del suono risulta convincente.

Lo Schӧnberg di Verklärte Nacht, sestetto Op 4 per archi, viene presentato da Carella come brano caro a Claudio Scimone ed il maestro legge i versi poetici di Dehmel che hanno ispirato il poema sinfonico. L’incipit cupo si fa subito descrittivo tanto da rendere immediatamente visibile quella distesa di alberi tra i quali camminano le ombre dei due amanti, immersi in discorsi e rivelazioni. È carica di pathos questa visione, diventa rappresentazione in musica di una lotta contro il destino, la voce accorata di un racconto ha un soffio di vita (idea presente come un Leitmotiv in tutta la composizione). Carella ed i Solisti veneti creano un’atmosfera quasi spettarale in cui l’intensità e la grande sensibilità degli interpreti riesce a diventare parte stessa della scena narrata ed ogni sezione del poema sinfonico riesce a essere una visione in crescente dinamismo. I colori e le attente articolazioni diventano il punto principale su cui si snoda tutta la Notte trasfigurata. Le singole voci del canto spiegato dei violini di Degani e Ligresti, l’intensità emotivamente coinvolgente di Barutti e Teodoro ai violoncelli e Paladin e Favero alle viole diventano immagini di questi due personaggi, sembra di vederne quasi i movimenti sulla scena nell’intrecciarsi dei temi. L’interpretazione è coinvolgente, umanizza le emozioni contrastanti dei versi poetici di Dehmel. Nei momenti in cui la tensione narrativa è ai massimi livelli le sonorità incisive e decise del Sestetto sono cantabili ed equilibrate, tramite un sapiente uso del colore “parlante” in ogni momento della scena. La modulazione luminosa che prelude al finale è una sorpresa, la chiarezza con cui Paladin e Favero porgono ai violoncelli una frase chiave cede la narrazione ai violini. Nel finale una luce contrastante vivacizza il nuovo disegno musicale, leggero come un battito d’ali. Carella ed i Solisti Veneti raccontano trame sonore che dal metafisico mondo bachiano passano attraverso l’umana commozione creata con Strauss per poi raccontare attraverso Schӧnberg l’inaspettata forza di un amore attraverso l’intensità che solo la musica può esprimere in modo totale e immediato con dinamismo sinfonico.

I bis sono leggeri: Boccherini con il celebre Minuetto che non tralascia varietà nei ritornelli e pizzicati delicati e la Passacaglia tratta dalla Musica notturna delle strade di Madrid. Conclusione con il terzo movimento del Divertimento K 137 di Mozart , brillante, spigliato e frizzante.