Vienna a Parigi

di Luis Gutierrez

A Parigi si presenta l'occasione di assistere a Don Giovanni nella versione viennese. Alterna la resa degli interpreti.

en español

PARIGI, 16 febbraio 2022 - Inizio questa recensione dicendo che questa recita mi ha davvero sorpreso. Per la prima volta, fuori da un festival, ho assistito alla versione di Vienna di Don Giovanni, e non alla "versione standard". Questo è importante, perché cambia in qualche modo il peso di alcuni personaggi, e naturalmente cantanti, nello sviluppo di tale meravoglioso maravilloso dramma giocoso. Al termine di questa cronaca, dirò due parole sulle versioni di Don Giovanni.

La produzione di Ivo van Hove colloca l'azione ai nostri giorni e fa di Don Giovanni un violento stupratore che assassina a tradimento il Commendatore con un colpo di pistola a brucapelo – sarà che non si usa più l'arma bianca, ma almeno un coltello a serramanico? –. Jan Versweyweld ha disegnato scene e luci con quattro pannelli mobili che limitano gli spazi dell'azione creando un ambiente lugubre adeguato alle intenzioni del regista. I costumi di An D´Huys contribuiscono a svilippare questo clima tetro, essendo assai semplici e di colori grigiastri

Il basso Christian van Horn ha impersonato il libertino in un'interpretazione drammatica lugubre come tutta la produzione. Questo non è un basso cantante e, per essere gentili, le sue note acure non sono buone, per cui ha sofferto considerevolmente in ‘Fin ch’han dal vino’. Non è un cattivo cantante, ma non è un basso con acuti sufficienti, né un baritono con buoni gravi.

Leporello era il basso Krzysztof Bączyk, che ha reso un'interpretazione assai buona; forse la sua voce è più adatta a Don Giovanni di quella di Van Horn, sebbene creda che  questi non sarebbe adatto nemmeno al servitore, per via delle sue carenze nella coloratura. A mio parere sarebbe stato un magnifico Commendatore, migliore di Alexander Tsymbalyuk, forse giovane per la parte. A proposito, ho avuto la sesazione che il regista abbia cercato di minimizzare l'aspetto sovrannaturale del soggetto per conferire movimenti quasi infantili al poderoso convitato di pietra.

Pavel Petrov ha cantato con eleganza ‘Dalla sua pace’, ma non possiamo valutare la sua coloratura e padronanza degli acuti non avendo affrontato ‘Il mio tesoro’. Mikhail Timoshenko è stato un buon Masetto.

Le tre donne si sono adattate al desiderio di Mozart e alle esigenze di una buona opera buffa, che richiede ottime artiste della medesima importanza, una seria e una di mezzo-carattere, Donna Anna e Donna Elvira, e un'altra totalmente buffa, Zerlina. Adela Zaharia si è distinta come Donna Anna, specialmente durante ‘Or sai chi l’onore’, e Nicole Car come Donna Elvira, tanto in ‘Mi tradì quell’alma ingrata’ quanto nel terzetto ‘Ah, taci, ingiusto core’, in cui si strugge d'amore per l'infedele. A proposito, questo terzetto è stato, a mio parere, il momento migliore della recita. Anna El–Khashem ha interpretato una graziosa e seduttrice Zerlina ed è stata forse la cantante che ho apprezzato di più.

L'orchestra, forse il triplo dell'organico di cui disponeva Mozart a Praga, ha offerto una buona prova, non eccellente ma buona. Mi ha colpito una incongruenza: nella scena del ballo del finale I, le tre orchestre si collocano sulla scena facendo sentire chiaramente l'accordatura, mentre il gruppo dei fiati che accompagna la cena estrema di Don Giovanni si trovava in buca. Perché? Forse disturbavano il regista, non vedo altra ragione.

Dopo la cancellazione di Bertrand de Billy, James Gaffigan è salito sul podio e credo che sia stata una perdita. Il coro preparato da Chin–Lien Wu è stato impeccabile nei suoi brevi interventi.

Devo citare il gioiello di questa produzione, e non lo dico con sarcasmo. Quando Don Giovanni canta ‘Che inferno! Che terror!’ si forma un velo di nebbia su cui viene proiettato un video disegnato da Christopher Ash che presenta il formarsi a poco a poco di un'immagine indimenticabile di quello che potrebbe essere l'inferno cattolico. Queste immagini sono quanto di più vicino alla mia immagine della perdizione di Don Giovanni. Chapeau a Monsieur Ash! Questo finale giustifica la scena ultima in cui torniamo alla realtà senza il Burlador. Senza questa, la cena del dopo teatro o una notte di placido sonno sarebbero impossibili. 

Se me lo permettono, e credo sia così se continueranno a leggere, sintetizzerei le differenze fra le varie versioni.

Varianti per Don Ottavio. La versione originale, quella di Praga, include l'aria No.21 ‘Il mio tesoro’ nel secondo atto. Mozart la tagliò a Viena perché il tenore Francesco Morella non aveva coloratura adeguata; in cambio Mozart compose l'aria 10a ‘Dalla sua pace’, KV540a nel primo atto.

Varianti per Leporello e Zerlina. Questi sono, a mio parere, quelli che comprendo meno. Benché a Vienna Francesco Benucci, forse il basso buffo più ammirato da Mozart, fosse Leporello, si tagliò l'aria del secondo atto, No.20 ‘Ah pietà, signori miei’, sostituita dal duetto con Zerlina No.21a ‘Per queste tu manine’, KV540b, la cui parte era cantata da Luisa Laschi, la prima donna della compagnia di Vienna. Il duetto è prescindibile musicalmente e drammaticamente, come disse George Bernard Shaw, tanto quanto l'aria tagliata è più importante sotto ogni aspetto. Si dice, senza base documentaria, che Mozart dicesse di aver composto il duetto per compiacere il “gusto semplice dei viennesi’.

Varianti per Donna Elvira. Mozart compose per Vienna il recitativo accompagnato ed aria No.21b ‘In quali eccesi, o Numi… Mi tradì quell’alma ingrata’, KV540c come tributo a Caterina Cavalieri, il cui stile conosceva perfettamente.

Fino a pochi anni fa la versione viennese si conclideva con la caduta di Don Giovanni all'inferno omettendo completamente l'ultima scena; scelta forse motivata essenzialmente da capricci teatrali. Negli ultimi anni si è ripreso l'epilogo con il taglio del duettino fra Don Ottavio e Donna Anna, così come dall'autografo di Mozart per le rappresentazioni viennesi. 

La versione che ascoltiamo normalmente comprende tutti i numeri ad eccezione del duetto fra Leporello e Zerlina. Certo, Mozart non ha mai sentito la sua opera in questa forma.  

Il programa della recita non annunciava la versione viennese, presentando il libretto della versione "normale". Ci informa, però, che si tratta della 795ª del titolo all'Opèra national de Paris e della 18ª di questa produzione; altra curiosità: ci fa sapere che solo 1960, quasi 126 anni dopo il debutto in una versione in lingua francese in cinque atti alla sala Le Peletier, l'opera fu presentata in italiano, il che è notevole.


 

Don Giovanni de Viena en París

por Luis Gutierrez 

 

Paris, Febrero 16, 2022Inicio esta reseña diciendo que tuve una gran sorpresa en esta función. Por primera vez, fuera de un festival, presencié la versión de Viena de Don Giovanni, y no la “versión estándar”. Esto es importante, pues cambia de alguna forma la importancia de algunos personajes, y cantantes por supuesto, en el desarrollo de este maravilloso dramma giocoso. Al final de esta crónica les dejo unas palabras referentes a las versiones de Don Giovanni.

La producción de Ivo van Hove coloca la acción en nuestros días y hace de Don Giovanni un abusador prepotente, quien asesina a traición al Commendatore con un disparo de pistola a bocajarro –¿será que ya no se usa asesinar con arma blanca, al menos una navaja de muelle? –. Jan Versweyweld diseñó la escenografía y la iluminación en el que cuatro paneles móviles delimitarán los espacios en los que se desarrolla cada acción, logrando un ambiente lúgubre adecuado para la intención del director de escena. El vestuario diseñado por An D´Huys colabora a proyectar ese estado de lobreguez, al ser muy sencillo y de colores grisáceos.

El bajo Christian van Horn personificó al libertino, su interpretación dramática fue lóbrega como toda la producción. Este cantante no es un basso cantante y sus notas agudas no son buenas, siendo piadoso, por ello sufrió considerablemente al cantar ‘Fin ch’han dal vino’ cuando realmente ladró. No es mal cantante, pero no es el bajo con notas agudas decentes, ni el barítono con buenas notas graves.

Leporello fue interpretado por el bajo Krzysztof Bączyk, quien logró una muy buena interpretación, quizá su voz sea más adecuada para Don Giovanni que la de Van Horn, aunque creo que éste tampoco sería el indicado para el criado de Don Giovanni por su coloratura deficiente. En mi opinión hubiera sido un magnífico Commendatore, mejor que Alexander Tsymbalyuk, quizá joven para el papel. Por cierto, me dio la sensación de que el director trató de minimizar el lado sobrenatural del argumento al asignar movimientos casi infantiles al poderoso invitado de piedra.

Pavel Petrov cantó elegantemente ‘Dalla sua pace’, pero no se pudo evaluar sus capacidades de manejo de coloratura y tonos elevados al no cortarse ‘Il mio tesoro’. Mikhail Timoshenko fue un buen Masetto.

Las tres mujeres se ajustaron al deseo de Mozart en el sentido de que una buena opera buffa requiere dos muy buenas cantantes de la misma importancia, una seria y otra de mezzo-carattere, Donna Anna y Donna Elvira, y otra totalmente buffa, Zerlina. Adela Zaharia destacó como Donna Anna, especialmente durante ‘Or sai chi l’onore’, y Nicole Car como Donna Elvira, tanto en ‘Mi tradì quell’alma ingrata’ como en el terceto ‘Ah, taci, ingiusto core’, en el que se derrite de amor por el ingrato. Por cierto, este terceto fue, en mi opinión, el número más brillante de la función. Anna El–Khashem interpretó una graciosa y seductora Zerlina, quizá fue ella la cantante que más me agradó.

La orquesta, quizá con el triple de la dotación que Mozart usó en el estreno de Praga, tuvo una buena interpretación, no excelente, pero buena. Me llamó la atención una incongruencia orquestal: durante la escena del baile del Final del acto I, las tres orquestas se colocan sobre el escenario, oyéndose claramente cómo afinaban los instrumentos, en tanto que el conjunto de alientos que acompaña la cena final de Don Giovanni se oyó en el foso. ¿Po qué? Quizá le estorbaban al ponedor de escena, no veo otra razón.

Debido a la cancelación de Bertrand de Billy, James Gaffigan tomó la batuta y creo que salimos perdiendo. El coro preparado por Chin–Lien Wu tuvo una actuación impecable en sus breves intervenciones.

Debo mencionar la joya de esta producción, y no lo digo como sarcasmo. A la vez que Don Giovanni canta ‘Che inferno! Che terror!’ se forma un telón de neblina sobre el que se proyecta un video diseñado por Christopher Ash que presenta la formación paulatina de una imagen inolvidable de lo que pudiese ser el infierno católico. Estas imágenes son lo más cercano a lo que me imagino es la perdición de Don Giovanni. Chapeau a Monsieur Ash! Este final justifica la escena última que hace que regresemos a la realidad sin Don Giovanni. Sin ella, la cena posterior a la función o una noche de sueño placentero sería imposible.

Si me dan permiso, que creo lo hacen al seguir leyendo esto, les cuento las diferencias entre las versiones.

Cambios de la partitura de Don Ottavio. La versión original, la de Praga, incluye el aria No.21 ‘Il mio tesoro’ en el segundo acto. Mozart la cortó en Viena pues el tenor Francesco Morella careció de la coloratura suficiente para cantarla; a cambio Mozart compuso el aria 10a ‘Dalla sua pace’, KV540a en el primer acto.

Cambios en las partituras de Leporello y Zerlina. Estos son, en mi opinión, los que entiendo menos. Pese a que en Viena, Francesco Benucci, quizá el basso buffo más admirado por Mozart, fue Leporello, cortó el aria del segundo acto, No.20 ‘Ah pietà, signori miei’ que sustituyó con el dueto con Zerlina No.21a ‘Per queste tu manine’, KV540b, cuyo papel fue cantado por Luisa Laschi, la prima donna de la compañía de Viena. El dueto es musical y dramáticamente prescindible en palabras de George Bernard Shaw, en tanto que el aria cortada es más importante, no sólo musicalmente sino dramáticamente. Se dice, sin base documental que Mozart dijo que había compuesto el dueto para agradar el “gusto ramplón de los vieneses’.

Cambio en la partitura de Donna Elvira. Mozart compuso para la versión de Viena el recitativo accompagnato ed aria No.21b ‘In quali eccesi, o Numi… Mi tradì quell’alma ingrata’, KV540c para cumplimentar a Catalina Cavalieri, cuyo estilo Mozart conocía perfectamente.

Hasta hace pocos años la versión vienesa de la ópera finalizaba con la caída de Don Giovanni al infierno omitiendo la escena final en su totalidad, quizá esta decisión haya sido motivada esencialmente por caprichos directoriales. En últimos años se ha incluido la escena final cortando el mini-dueto de Don Ottavio y Donna Anna, tal como lo indica el autógrafo de Mozart para las presentaciones vienesas.

La versión que oímos normalmente incluye todos los números con excepción del dueto entre Leporello y Zerlina, y termina con la última escena completa. Por supuesto, Mozart jamás oyó esta versión.

El programa de la función no da indicación de que veríamos la versión vienesa, incluso contiene el libreto que se usa para las funciones “normales”. Eso sí, nos informa que se trata de la 795ª representación de la obra en la Opèra national de Paris y la 18ª de esta puesta en escena; otra curiosidad que nos informa el es que fue hasta 1960, casi 126 años después de su estreno en cinco actos con una versión francesa en la salle Le Peletier, que la ópera se presentó en italiano, lo cual no deja de ser notable.