Norma al volo

di Antonino Trotta

Incuriositi dalla presenza di Lidia Fridman, chiama al volo per sostituire l’indisposta Gilda Fiume, torniamo al Teatro Regio di Torino per assistere a una seconda recita dell’applauditissima Norma.

Torino, 18 marzo 2022 – Sostituire una Norma al volo non è proprio cosa da poco: c’è da arrampicarsi sulla corda tesa del Belcanto, posta ad altezze vertiginose, senza alcuna rete di protezione sotto; passo dopo passo, nella funambolica traversata, ci si sente costantemente inseguiti dallo spettro delle cantanti del passato, dato che ormai Norma appartiene più alle interpreti che l’hanno plasmata che al compositore stesso; nel mezzo bisogna pure dar senso a ciò che si canta, pena il naufragio del ruolo, peraltro costruito senza attimi di tregua nell’alternanza tra recitativi ingordi di drammaticità e una scrittura vocale tecnicamente esigente. Insomma a Lidia Fridman, chiamata all’ultimo minuto per sostituire l’indisposta Gilda Fiume e salvare la recita nell’applauditissima Norma del Teatro Regio, va’ senza dubbio riconosciuta un grande dose di coraggio, specie in questo contesto dove all’elenco di difficoltà appena presentato si aggiunge pure il fatto che Francesco Lanzillotta, demiurgo della produzione torinese, in più e più punti ha cucito la direzione sulle qualità vocali della titolare. Certo, da abilissimo sarto qual è, egli non manca di sostenere dalla buca la temeraria primadonna, così con un punto in vita e un colpo di forbice sistema in men che non si dica, ad esempio, la scena iniziale alla protagonista – «Casta diva», staccato ampio e teso come un filo di seta, va’ stretto; la cabaletta è tagliata nella ripresa – affinché ella possa non sfigurare in abiti comunque non suoi.

Poi però Fridman deve vedersela da sola, capire cosa fare e come inserirsi nello spettacolo, e il primo atto risente di una tensione piuttosto evidente. Tensione che là dove il canto pretende, gioca brutti scherzi. Era un rischio messo in conto e in realtà non ce ne curiamo più di tanto, anche perché Fridman, autentica tragédienne che mai trascura la fondamentale componente attoriale – sul palcoscenico è sempre intensa, si muove con istrionismo raro, mai si rifugia nelle rassicuranti pose da cantante –, alla sua Norma al volo sa infondere carisma e personalità che si spingono ben oltre la particolarità del timbro. E questa Norma tragica nell’accezione più classica del termine, che ella costruisce con accenti perentori e bei colori, viene fuori in diversi punti del secondo atto, come la scena d’apertura o il duetto con Pollione. Certamente da riascoltare, in una cornice preferibilmente diversa [il debutto nell'opera completa era già previsto in Italia per il prossimo autunno ndr].

La consapevolezza del vuoto cosmico nella messinscena, a questa seconda recita a cui assistiamo, ci legittima spesso a chiudere gli occhi e a godere appieno della concertazione di Lanzillotta, concertazione che alla prima c’era apparsa magnifica e tale si è conferma anche in seconda istanza. Magnifica perché ancor prima di eccezionale prova direttoriale, essa s’impone come teatralissima regia musicale, come un susseguirsi ininterrotto non di battute ma di emozioni e stati d’animo in cui nulla è lasciato al caso.

Dmitry Korchak è nell’emissione più a fuoco rispetto alla prima e fa davvero benissimo. Annalisa Stroppa si mantiene costante nell’alta qualità della sua prova. Joan Folqué, Flavio, continua a farci interrogare sull’insensatezza di alcune scelte di cast: un tenore preso a caso dal Coro del Teatro Regio, sempre fantastico della morbidezza e nell’omogeneità dei pianissimi – «Tu! Norma!», nel finali, è da brividi –, avrebbe cantato meglio quelle quattro battute messe in croce.

<p">Teatro strapieno per questa Norma salutata con applausi trionfali.