Colpi di scena

di Antonino Trotta

Con uno spettacolo elegante e funzionale firmato da Italo Nunziata, una bella concertazione di Aldo Sisillo e un cast nel complesso ben amalgamato, Adriana Lecouvreur riscuote molto successo nell’ultima recita Teatro Municipale di Piacenza.

Piacenza, 20 marzo 2022 – Ultimamente sono tutti pazzi per Adriana. Non finiamo nemmeno di applaudirla in Scala che l’indomani siamo già al Municipale di Piacenza, la Scala emiliana, ad aspettare l’arrivo in scena della diva tra le dive bramando, come al solito, di poter sentire sulla pelle quei teatralissimi colpi di scena che uno dopo l’altro sciolgono i nodi della surreale trama e definiscono, nell’ambito della sfera emozionale, l’essenza dell’opera stessa. Siamo immediatamente accontentanti: Luciano Ganci, attesissimo dopo gli ottimi risultati del bellissimo film-operadiretto da Fisch/Cucchi – trasmesso in RAI –, è indisposto così a sostenere l’infame ruolo di Maurizio è chiamato, con un preavviso di poche ore – è la direttrice Cristina Ferrari a darne notizia –, Samuele Simoncini che canterà la parte in proscenio, giustamente limitandosi nell’interazione con i colleghi – avendo ben altre grane a cui pensare.

Lo spettacolo firmato da Italo Nunziata, vuoi o non vuoi, ne è in qualche misura compromesso, specie se si osserva che attori e masse, sul palcoscenico, si muovono e fanno cose con un senso. Ambientata negli anni Cinquanta del secolo scorso, l’Adriana di Nunziata «si ritrova in un mondo in cui le scene non seguono la sceneggiatura prevista», vittima anch’ella dei colpi di scena che la vita le pone come scoglio dinnanzi, capace com’è di elevarsi a statura solo tra le quattro mura del teatro. Insomma, un’Adriana Lecouvreur funzionale e senza alzate d’ingegno che però trova nelle scenografie di Emanuele Sinisi, declinate all’insegna del minimalismo, dell’eleganza e del design, un elemento degna di nota e di forte impatto visivo tala da garantire, insieme ai costumi di Artemio Cabassi e alle luci di Fiammetta Baldisserri, indiscutibile fascino all’intera messinscena.

Il cast è nel complesso ben amalgamato e ricalchiamo con convinzione quanto già espresso dalla collega Irina Sorokina in occasione delle recite modenesi. Maria Teresa Leva non ha ancora il magnetismo indispensabili per ritrarre al meglio Adriana Lecouvreur, tuttavia il difficile ruolo è affrontato con encomiabile preparazione: i declamati sono ben scolpiti, la linea vocale impreziosita da tante sfumature, l’accento vario e convincente. Claudio Sgura è un Michonnet vocalmente rigoglioso che pur nella gagliardia del mezzo vocale sa rendere con toccante delicatezza i propri tormenti amorosi. Teresa Romano è un’autentica belva: nei limiti di una vocalità, già generosa in termini di volume, costruita a suon di voce di petto, la Principessa di Bouillon del soprano falcon colpisce per fraseggio ferino e carisma. Samuele Simoncini salva la recita in extremis e tanto basta per apprezzarlo. Buona la prova del Coro Lirico di Modena istruito da Stefano Colò e tutti corretti i comprimari: Saverio Pugliese (Abate di Chazeuil), Adriano Gramigni (Il Principe di Bouillon), Steponas Zonys (Quinault), Stefano Consolini (Poisson), Manfredo Meneghetti (Un Maggiordomo), Maria Bagalà (Madamigella Jouvenot), Shay Bloch (Madamigella Dangeville).

Alla guida dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, Aldo Sisillo offre una concertazione convincente, attenta a volumi e dosaggi, ispirata nel fraseggio, capace di porre in risalto tanto i momenti di eterea evanescenza quanto i punti di iridescente drammaticità. A fine recita applausi festosi per tutti.