Lussuosa tempesta al Teatro alla Scala

di Valentina Anzani

Molto apprezzato l’allestimento di The Tempest del compositore contemporaneo Thomas Adès in coproduzione con la Wiener Staatsoper, il MET e l’Opéra de Québec.

Milano, 18 novembre 2022 – Seconda delle tre opere del compositore contemporaneo Thomas Adès (le altre sono Powder Her Face, 1995 e The Exterminating Angel, 2016), The Tempest (2004) ha riempito il Teatro alla Scala per la maggior parte delle repliche appena conclusesi, il che fa ben sperare per l’interesse del pubblico per titoli non necessariamente di repertorio. Tanto più che la scrittura musicale di Adès non è semplice: di area atonale, può risultare dissonante, aspra, di non facile ascolto. Se è certo teatralissima e di estrema efficacia nel sottolineare le situazioni drammatiche e i sentimenti espressi, può allo stesso tempo lasciare disorientato lo spettatore abituato a un repertorio più tradizionale.

Questo allestimento propone uno spettacolo lussuoso, con regia di Robert Lepage, ripresa da Gregory A. Fortner. Nell’impianto scenico (a cura di Jasmine Catudal) si moltiplica la sala del Piermarini, che viene vista da una prospettiva diversa per ogni atto: nel gioco del metateatro lo spettatore non sa più se sia in sala o dietro le quinte, salvo scoprire, ormai nel secondo atto, di essere virtualmente annoverato tra i naufraghi.

Le scenografie, ricche non foss’altro perché titillano la simpatia di coloro che alla sala del proprio teatro sono affezionati, si illuminano di lampade accecanti e di chandeliers sospesi. Le scene sono ancora più efficaci perché non sono gli interni di un teatro qualsiasi, ma proprio quelli della Scala, che già ha dimostrato creare effetto di universale meraviglia in altre produzioni in cui appare per intero, come l’ultimo allestimento di Arnaud Bernard di Nabucco per l’Arena di Verona oppure del Don Giovanni scaligero di Robert Carsen.

Elaborate e d’effetto sono poi le macchine sceniche di fine artigianato, che vanno a creare scenografie mobili e traslucide, coadiuvate, in un lavoro di controluce, dalle fini proiezioni video di David Leclerc e dalle luci di Michel Beaulieu.

I costumi di Kym Barrett descrivono la condizione dei personaggi: la netta distinzione tra gli abitatori dell’isola vestiti di stracci e i nuovi naufraghi imperlati e con le crinoline diminuisce con il progredire del dramma, e così ad esempio gli abiti di Miranda diventano sempre più strutturati tanto quanto quelli dei nuovi naufraghi si afflosciano e si strappano.

A dirigere il compositore Thomas Adès stesso. Sul palco un folto cast di interpreti versati nel repertorio lirico contemporaneo (e alle sue asperità) e che vantava Leigh Melrose nei panni di un Prospero convincente ed esoterico; la sua nemesi Antonio era interpretato da Robert Murray, il re di Napoli Alonso da Toby Spence e il fratello di questi Sebastian da Paul Grant, tutti e tre capaci di far risaltare i connotati drammatici dei rispettivi personaggi, così come, in maniera totalmente diversa Kevin Burdette e Owen Willetts nel duo comico Trinculo e Stefano. Sorin Colban è particolarmente apprezzato per l’accorata interpretazione dell’onesto consigliere Gonzalo.

Audrey Luna è incredibile nei panni del bizzoso spiritello magico Ariel, dalla scrittura vocale acutissima e iperornata. Nei suoi vocalizzi da spiritello, da sirena, da creatura marina magica,

è cantante, ma anche agilissima attrice, con un sorprendente il controllo della voce, soprattutto negli estremi acuti cui è tenuta, pur restando sospesa in pose acrobatiche, come d’altronde fanno anche molti dei colleghi, loro, però con scritture vocali ben meno accidentate. Frédéric Antoun interpretava Calibano in scena, ma era sostituito vocalmente con perizia da Thomas Ebenstein a bordo palco, senza che la delineazione del personaggio ne risentisse.

Il principe Ferdinand, con forse una delle linee vocali più morbide che Adès ha riservato a uno dei suoi personaggi, arriva in scena come un vero principe azzurro: questi e Miranda (rispettivamente Josh Lovell e Isabel Leonard) sono personaggi fiabeschi, e infatti il dramma si risolve in nient’altro che un’apprezzatissima fiaba a lieto fine, prospettandosi allo stesso tempo come grande metafora dell’esistenza, in balia delle onde ma anche di un potete superiore.