Nel regno delle fiabe

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, come concerto natalizio, propone le musiche di scena per Sneguročka, scritte da Čajkovskij. A dirigere coro e orchestra è Stanislav Kochanovsky; gli interpreti vocali sono, del pari, russi: Agunda Kulaeva e Sergey Radchenko.

ROMA, 22 dicembre 2022 – Niente è più natalizio della musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Ascoltandolo, si è trasportati in paesi fatati, ricoperti di una coltre di soffice neve; ma, pure, in paesi popolati di esseri glaciali, che non riescono a scaldare fino in fondo il loro cuore. Fu questa la vera croce di Čajkovskij: quella di doversi sempre proteggere, in un cuore di ghiaccio, giacché il fuoco che gli ardeva dentro era come proibito. È forse questo il motivo per cui fu attratto sùbito dalla storia di Sneguročka, opera teatrale di Aleksander Nikolaevic Ostrovsky basata su una fiaba affascinante e antropologicamente interessante. La fanciulla di neve è, infatti, figlia di Gelo e Primavera; non può provare il calore dell’amore perché ciò significherebbe, per lei, la morte, cioè essere sciolta proprio da quel calore. Una fiaba che inscena la trepidante attesa per l’arrivo del sole, che potrà spandere i suoi raggi solo una volta che la fanciulla di neve (cioè la personificazione stessa della neve) si sarà dissolta. La scoperta dell’amore corrisponde, per Sneguročka, alla sua stessa morte.

Le musiche composte da Čajkovskij sono le musiche di scena per la rappresentazione teatrale della pièce. Nel presente concerto, è la talentuosa Milena Vukotic a leggere la storia, con la sua voce calda, espressiva ed ammaliante. A dirigere l’orchestra dell’Accademia è Stanislav Kochanovsky, esperto di repertorio čajkovskijano e ben noto al pubblico romano. Kochanovsky esegue le musiche di Čajkovskij esaltandone il carattere evocativo ed innevato; l’agogica scelta dal russo è fiabescamente posata, ben scandita, adatta a questo carattere musicale. Fra gli esempi migliori è bene citare, oltre ai vari entr’acte, di seducente bellezza, anche la Danza e coro degli uccelli (I atto), un tripudio di figurazioni di legni cui si aggiunge il melodiare degli archi, e la Danza degli acrobati, una tipica melodia russa, virtuosistica, gioiosa, piena di vita. Il Coro dell’Accademia si impone in una performance notevolissima, eseguendo con precisione e potenza ogni pagina loro affidata. Oltre che nelle pagine orchestrali, il vero colore di Sneguročka compare proprio nelle pagine corali. Indimenticabile il bizantineggiante, ieratico Coro dei suonatori ciechi di gusli; delicato come i petali di un fiore è il Coro e Danza dei fiori; fantasticamente pomposo il coro finale, a cominciare dalla marcia che accompagna l’entrata dello Zar dei Berendej, popolo fiabesco presso il quale si era rifugiata, per essere protetta, Sneguročka. Ottimi sono anche i solisti, in particolare Agunda Kulaeva, la quale possiede un timbro pieno, brunito, duttile, che si piega a tutte le sfumature delle due canzoni di Lel’, ballate dal sapore autenticamente russo. Sergey Radchenko, tenore dalla tessitura centrale robusta e scura, canta degnamente nei ruoli di Gelo e Brusila.

Gli applausi finali testimoniano il gradimento di un folto pubblico, dove c’era, fortunatamente, una buona rappresentanza di bambini, che si spera siano rimasti affascinati dalla fiabesca musica di Čajkovskij.