E se non piangi, di che pianger suoli?

di Roberta Pedrotti

Il Comunale di Bologna, la Comunità Ebraica e il Comune ricordano, per il Giorno della Memoria, il pianista Mario Finzi e le vittime del campo "modello" di Terezín con Brundibár di Hans Krása. 

BOLOGNA, 29 gennaio 2023 - Di tutte le mostruosità compiute dall'uomo e, pure, quasi inafferrabili dalla nostra immaginazione, il campo di Terezín trascende ogni possibile comprensione. La mente può dipingersi l'inferno, ma fatica a dare un contorno preciso all'idea di questo sadico acquario dove le vittime sono anche attori di una mascherata per mostrare “quant'è buono Hitler con gli ebrei”, protagonisti loro malgrado di un film di propaganda, una specie di show atroce in cui per i protagonisti non è nemmeno prevista l'opzione della vita salva come premio finale.

A Terezín si ritrovano il compositore ceco Hans Krása e alcuni bambini dell'orfanotrofio di Praga (separati a causa della guerra dai genitori, non necessariamente deceduti: uno di loro, Rafael Sommer, era figlio della pianista Alice Herz-Sommer, poi sopravvissuta ad Auschwitz) che in patria stavano provando la nuova operina Brundibár. Krása ricostruisce a memoria la partitura riadattandola ai musicisti a disposizione, si ricomincia a lavorare insieme: i nazisti intuiscono che lo spettacolino può giovare alla propaganda e invece di reprimerlo lo approvano per essere inserito nelle riprese di Terezin: Un documentario sul reinsediamento degli ebrei (detto anche Il Führer dona una città agli ebrei). Cinquantacinque repliche fra il 1943 e il 44, una delle quali per ingannare la delegazione della Croce Rossa sulel condizioni idilliache del campo, un frammento filmato nel “documentario” di propaganda, poi tutti furono inviati ad Auschwitz e pochi fecero ritorno. La storia dei bambini di Terezín si sovrappone alla parabola ottimista – non intuita dagli aguzzini – dei bimbi che, grazie agli animali del bosco che li incoraggiano a unirsi senza paura nel canto, sconfiggono il prepotente Brundibár (letteralmente Bombo) cantante di strada capace di abbindolare gli abitanti del villaggio con le sue parole e le sue melodie da ciarlatano. Ogni volta che si riprende Brundibár si ricordano le vite di quei bambini, di quegli artisti e dei loro persecutori. Ogni volta che si riprende Brundibár si ricorda il libretto di Adolf Hoffmeister con il suo messaggio di collaborazione, fiducia e coraggio contro le ingiustizie. E si ricorda anche la musica di Krása, che si rivolge a interpreti e pubblico infantile con chiarezza e non con banalità, in un linguaggio sciolto fra aromi di cabaret, tradizioni e innovazioni austroungariche e francesi.

A Bologna, a coronamento della manifestazioni per il Giorno della memoria, la serata al Teatro Manzoni ha come cuore musicale Brundibár, preceduto e seguito da due pezzi in ebraico: Gam Gam di Elie Bobtol è un'ouverture che strappa le lacrime, soprattutto se si pensa all'accostamento fra un incedere spesso reso in maniera brillante (ma, in questo caso, debitamente ammorbidito) e il testo “Anche se andassi nella valle oscura non temerei alcun male, perché Tu sei sempre con me;Il tuo bastone e il tuo supporto, mi confortano.” Infine, a mo' di bis, la serata è suggellata da Hava Nagila di Abraham Zevi Idelson, un inno gioioso (“Rallegriamoci e siamo felici! Cantiamo e siamo felici!Svegliatevi fratelli col cuore felice!”) che nella sua articolazione ricorda come il giubilo nasca dal dolore, la ricerca sia eterna, come le esperienze innumerevoli che la compongono. Ci inoltriamo in una valle oscura, seguiamo le vicende di bambini condannati che ci raccontano di coraggio, giustizia e riscatto, ci rallegriamo, ci svegliamo nella consapevolezza.

La toccante, accuratissima esecuzione semiscenica è affidata ai cori di voci bianche e giovanile del Teatro Comunale da cui provengono anche i giovani solisti, tutti preparati in maniera encomiabile da Alhambra Superchi; sul podio dell'ensemble strumentale dello stesso Comunale coordina con sicurezza il tutto Valentino Corvino, che introduce anche lo spettacolo ricordando sia i fatti di Terezín sia la figura del pianista prodigio bolognese Mario Finzi, morto un mese dopo la liberazione da Auschwitz per le sofferenze patite e al quale è stato dedicato un documentario di cui alcune scene sono state proiettate in anteprima. Con i saluti istituzionali del sovrintendente Macciardi e della delegata alla cultura Elena Di Gioia, è intervenuto anche il presidente della Comunità ebraica Daniele De Paz, che ha rinnovato i moniti di Liliana Segre su una memoria viva, che non sbiadisca e lasci lo spazio all'indifferenza e all'abitudine.

Poi, sembra rimbombare nella testa solo un verso di dante: “E se non piangi, di che pianger suoli?”