L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

I talenti di Figaro

di Roberta Pedrotti

Successo meritato per le due compagnie in alternanza nelle Nozze di Figaro a Bologna con la direzione di qualità del giovane Martijn Dendievel.

BOLOGNA, 21 e 23 maggio 2023 - Si sente spesso parlare della modernità del personaggio di Figaro e la si attribuisce, nel contesto degli ultimi lustri del XVIII secolo, al suo rappresentare l'ascesa della borghesia dinamica e intraprendente. Discorso sensatissimo, ma ai giorni nostri forse un altro elemento quantomai attuale dovrebbe balzare all'attenzione: gli effetti concreti delle sue macchinazioni, sia che si tratti di favorire le attenzioni di Almaviva nei confronti di Rosina sia che si tratti di ostacolare quelle del medesimo verso Susanna, sono invero miseri e le situazioni sono spesso risolte da interventi altrui (prima il denaro e l'autorità del Conte, poi la complicità e l'astuzia delle due donne). Tuttavia, la risposta sempre pronta e una grande abilità di autopromozione fanno sì che agli occhi di tutti il factotum appaia come il vero burattinaio e motore dell'azione. Bravo, bravissimo: un maestro dell'immagine che anche oggi farebbe fortuna senza dover dimostrare molte altre abilità.

Per aver fortuna nell'opera che Mozart gli dedica, invece, di abilità ne servono parecchie e non pochi si sono impantanati – talora giocandosi la carriera – nel cimento. Il meccanismo della folle giornata è talmente perfetto che se ingrana non può fallire, ma basta un granello di polvere a scombussolarlo. A Bologna, per la stagione esiliata al Comunale Nouveau (meno male che in questa stagione il guardaroba è poco frequentato, altrimenti una terza coda interminabile si sarebbe aggiunta a quelle per il bar e i – pochi – bagni), a reggere le sorti del capolavoro abbiamo innanzitutto la presenza di una giovane bacchetta di indubbio interesse: Martijn Dendievel, classe 1995, mantiene una bella continuità teatrale, cura affettuosa del suono, tempi fluidi e sempre sensati. L'orchestra appare levigata, morbida, ma pure nitida nei suoi equilibri. I momenti più vivaci non perdono mai il respiro, né quelli estatici o malinconici mancano di sostegno e sostanza. Un debutto più che convincente, insomma.

I due cast convincono del pari, praticamente senza cedimenti (solo un po' troppo liso e acidulo sarebbe ormai il canto di Laura Cherici come Marcellina, ma il pubblico è conquistato dalla sua esperienza di caratterista) e a tutti va reso il merito della chiarezza di pronuncia, dizione, prosodia, oltre che di buon gusto nelle variazioni. Nella compagnia della prima, ascoltata il 23 maggio, la coppia nobile può contare su Mariangela Sicilia e Vito Priante, vale a dire su due eccellenti cantanti attori, sempre presenti al personaggio, sempre attentissimi al peso musicale della parola. Basti pensare a come Sicilia assottiglia e rinforza il suono nella prima parte di “Dove sono i bei momenti”, a sottolineare l'empito appassionato della nostalgia e l'abbandono delicato al ricordo, per definire il peso che intelligenza e gusto hanno per un interprete. Priante sfoggia un distacco aristocratico, un'ironia che non dissimula mai del tutto l'essere per sistema infedele, per genio capriccioso, per orgoglio geloso: “Vedrò mentr'io sospiro” e “Contessa, perdono” rappresentano entrambi, da prospettive opposte, l'ambigua compresenza dell'uomo con i suoi sentimenti e dell'esponente di una casta fiero del suo preteso diritto di nascita; il secondo sembra prevalere ma il primo non svanisce. Il 21 maggio le parti sono sostenute da Maria Novella Malfatti e Vincenzo Nizzardo: la prima è una Contessa che subito s'impone per la bella emissione sul fiato, il canto pulito e vellutato; nondimeno il secondo è un Conte convincente e autorevole per accento, timbro, musicalità.

Il 23 maggio fa furore il Cherubino di Cecilia Molinari, piacevolmente brunito ed elegante, trepido, irruente e dolce, un adolescente perfetto senza inutili smancerie. Non va trascurata, però, Chiara Tirotta, con la sua voce luminosa e la sua tenera caratterizzazione.

Tetiana Zhuravel è Susanna in entrambe le recite che abbiamo seguito e se nel 21 emergeva un po' di vibrato, il 23 è stata impeccabile: vocalità leggera ma ben presente, interprete concreta, seducente, sicura, con una dizione pressoché da madrelingua. Bisognava davvero aguzzare le orecchie per intercettare giusto un paio di consonanti leggermente esotiche. La affiancava il 21 maggio Roberto Lorenzi, la cui vocalità scura non teme comunque gli acuti di Figaro e la cui presenza imponente ben si presta al gioco teatrale, fra ben calibrata spavalderia e umane incertezze. Il 23 Davide Giangregorio mostra l'altra faccia della medaglia con un colore più baritonale e pari sicurezza in tutta la gamma, scioltezza d'articolazione e franca spontaneità.

Oltre alla citata Cherici, non cambiano gli interpreti delle parti di fianco: Francesco Leone è un Bartolo ben timbrato, oltre che attore abile e spiritoso; Paolo Antognetti, Basilio finalmente ben cantato e non pigolato in caricatura, fa rimpiangere il taglio delle arie del quarto atto; Patricia Daniela Fodor contribuisce a fare dell'aria di Barbarina uno dei momenti più intensi di tutta la recita; Cristiano Olivieri, Don Curzio, Dario Giorgelé, Antonio, Chiara Salentino e Rosa Guarracino, le due contadine, completano adeguatamente il cast. Anche il coro si disimpegna bene nei suoi brevi interventi.

Quanto alla nuova produzione firmata da Alessandro Talevi (regia e scene), Stefania Scaraggi (costumi), Teresa Nagel (luci) e Marco Grassivaro (video), ci troviamo di fronte a un'azione di rassicurante tradizione, dove ciascuno fa ciò che ci si aspetta in maniera pressoché didascalica. L'unica deroga alla lettera del testo sembra essere il fatto che, mentre Susanna canta “Venite, inginocchiatevi”, Cherubino invece si sieda. Naturalmente ci sarà chi si fermerà alla foggia dei costumi ispirata al Novecento fra le due guerre mondiali (parrucche, corsetti e redingote si vedono in proiezione, come a suggerire un richiamo fra l'ideale settecentesco e il reale attuale e hanno per contraltare un istante di discoteca per la festa nuziale o una fugace spada laser in video) per attribuire un'etichetta di innovazione per quella che è parsa una chiara illustrazione del testo senza troppe pretese esegetiche. Semmai, si nota come all'ultima recita la prima compagnia sia parsa molto ben coinvolta e complice, mentre la seconda appariva un po' più convenzionale nell'azione, forse per una questione di distribuzione delle prove a favore di un cast rispetto all'altro.

Il successo è vivissimo, molti gli applausi a scena aperta, sincere e spontanee le chiamate finali, con alcuni autentici boati d'approvazione. E si esce con il sorriso sulle labbra.

 

 

 

 
 
 

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