Scelta felice, esito eccellente

di Sergio Albertini

Applausi convinti, calorosi, entusiastici per la Petite Messe Solennelle rossiniana in versione orchestrata sotto la direzione accuratissima di Maurizio Benini.

CAGLIARI, 14 gennaio 2023 - Parigi, 13 marzo del 1864. Pochi invitati. Un salone nobiliare, quello della Contessa Louise Piller. Rossini presenta la sua Petite messe solennelle. «Douze chanteurs de trois sexes Hommes, Femme et Castres seront suffisants pour sono execution, savoir huit pour les choeurs, quatre pour les solos, total Douze Cherubins». I castrati sono però del tutto scomparsi, niente 'terzo sesso', quindi, ma voci femminili. Due pianoforti, un harmonium. È tutto. Pure, questa versione venne eseguita solo tre volte in tutto, durante la vita di Rossini. Prese corpo e diffusione assai presto la versione orchestrale, di mano dello stesso autore, con una prima al Théatre des Italiens di Parigi, il 24 febbraio 1869, che rapidamente conquista teatri e sale, dapprima in Italia (a Bologna – dirige l’allievo di Verdi, Muzio -, a Torino, alla Scala) per arrivare in Svizzera, Francia, Russia, Germania, in Australia.

Cagliari, 14 gennaio 2023. I complessi artistici del Lirico sono appena rientrati da una tournée in Oman alla Royal Opera House di Mascate dove hanno proposto L'elisir d'amore (appena ripreso nella passata stagione) con Erwin Schrott e René Barbera tra gli altri interpreti e un recital di arie dirette dal giovanne Gaetano Lo Coco (classe 1996). E si festeggiano i trent'anni del nuovo spazio di via Sant'Alenixedda, mentre si inaugurerà tra qualche mese un nuovo spazio supplementare, un Teatro Ridotto adiacente da 320 posti intitolato al grande soprano cagliaritano Carmen Melis.

E per inaugurare la nuova stagione concertistica 2023, ecco tornare, nell'edizione critica di Davide Daolmi, la Petite Messe Solennelle, che l'ente cagliaritano aveva proposto già in tempi recenti (nel 2012 l'edizione orchestrata diretta da Filippo Maria Bressan con Scano, Calanna, Tarver, Guagliardo; nel 2018 la versione cameristica diretta da Donato Sivo con Schirru, Zara, Leone, Mayumi). Scelta felice, esito eccellente. Merito di una direzione, quella di Maurizio Benini, che definirei esemplare; cura ogni dettaglio, mostra un controllo assoluto della variegata dinamica dello strumentale, dando pieno corpo al clangore degli ottoni, agli interventi dei singoli strumentisti (difficile citarli tutti, ma vanno almeno ricordate le due arpiste, Maria Vittoria De Camillo e Erika Perantoni, il flauto di Stefania Bandino, i timpani di Davide Mafezzoni), scegliendo dei tempi di ampio respiro e di impeccabile senso del ritmo (su tutti, “Domine Deus” del tenore) e i rutilanti Gloria e Credo. Il successo di questa esecuzione va condivisa con la prova superba del Coro (come sempre preparato dal Maestro Giovanni Andreoli), il cui Kyrie iniziale ha da subito affascinato il pubblico (poco, e scarso, dopo i sold out per West Side Story) per il controllo dei pianissimo, per la precisione degli attacchi, per la perfetta fusione tra le diverse sezioni.

I solisti, quindi. Grande prova, dopo quella offerta la passata stagione nella Messa di Requiem di Verdi [], sempre al Lirico, di Rafal Siwek. Volume importante, offre precisione di stile e di gusto sia nel terzetto Gratias sia nel suo solo Quoniam; spavaldo registro acuto, come sempre, quello di Antonino Siragusa, e grande esecuzione del Domine Deus (ad onta di un timbro non proprio felice); meno convincenti le due donne. Se Giuliana Gianfaldoni possiede una tecnica ineccepibile e un canto di alata eleganza, tuttavia il suo O Salutaris necessiterebbe di maggior corpo nel registro grave; il finale Agnus Dei richiederebbe invece una vera voce di contralto, e la pur apprezzabile Paola Gardina qui sembra essere più un soprano corto, indistinguibile ad esempio dalla Gianfaldoni nel loro comune Qui tollis.

Applausi convinti, calorosi ed entusiastici per tutti.

Ma una esecuzione così meritava un teatro pieno.