La musica dello Spirito

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta un concerto, diretto da Antonio Pappano, il cui piatto forte è la Sinfonia in mi maggiore n. 7 op. 107 di Anton Bruckner, preceduta dal Salmo 114 op. 51 MWV A 17 di Felix Mendelsshon-Bartholdy.

ROMA, 12 gennaio 2023 – Antonio Pappano presenta al pubblico romano dell’Accademia un concerto dove il sacro è declinato in due maniere alquanto diverse: tali sono, infatti, il cristianesimo cattolico e quello riformato. Proprio con un salmo di Felix Mendelssohn-Bartholdy, Salmo 114 op. 51 MWV A 17, si apre il concerto. La figura di Mendelssohn – come ben ricorda Mauro Mariani, le cui dotte e piacevoli note accompagnano l’ascoltatore – è quella di un ragazzo di origini ebraiche ma cresciuto dal padre Abraham in un contesto progressista, aperto alla modernità; Felix, infatti, fu cresciuto nella fede calvinista e diede prova, nella sua musica, di notevole talento anche nell’àmbito del sacro. Il Salmo 114 op. 51 ne è una testimonianza; salmo che canta il recupero della terra di Giuda a sèguito della liberazione degli ebrei dall’Egitto. Pappano lascia il coro cantare con dolcezza, pienezza, cosicché delibi appieno il melodiare e i giochi di contrappunto creati da Mendelssohn. L’orchestra punteggia e arricchisce l’armonia corale, che si scurisce nella II strofa, arrivando a un momento agitato, poi a uno sviluppo che conduce al luminoso finale.

Del tutto differente è, invece, la spiritualità di Anton Bruckner, austriaco e cattolico, di un cattolicesimo che si esprime nella naturale potenza dell’architettura sinfonica. La Settima, già diretta in questa sede da Pappano nel 2017 (leggi la recensione), è, peraltro, imbevuta del misticismo cristiano bruckneriano, tanto che il II movimento è un omaggio funebre a Wagner, amatissimo dall’autore. Pappano sorregge il movimento inarrestabile della musica di Bruckner con un’agogica che incanala e risalta proprio questo slancio: si pensi al I movimento (Allegro moderato), dove, partendo da un vapore orchestrale, si arriva a un tema geometricamente incastonato dalle sferzate degli archi, che si scioglie in uno sviluppo ricco di screziature, per poi irrigidirsi, nuovamente, in passaggi scanditi da netti blocchi orchestrali. Il II movimento (Adagio) è pervaso da un sentimento di morte, tanto da avere un marcato carattere di marcia funebre. Pappano ne allarga le arcate, sottolineando passaggi che sprigionano addolorata mestizia, come le lamentose, acute note degli archi in apertura del pezzo. Nello sviluppo centrale, Pappano dà luce a quei colori cromatici che lasciano intravedere l’incertezza del trapasso; il pezzo, infatti, lentamente trapassa, oscilla, fino a una conclusione tesa e potente, in puro stile bruckneriano. Nello Scherzo (III) Pappano slancia l’orchestra, che cavalca il ritmo franto, inesorabile, com’è ogni passaggio musicale di Bruckner; seducente il contrasto con i passaggi più screziati e tersi del Trio. La sinfonia si chiude con il Finale, che inizia in maniera quasi straussiana, prima di incontrare la presentazione dei temi, il primo dei quali è affidato agli archi ed espresso da Pappano e dall’orchestra con ieratica posatezza. Pappano legge bene, in effetti, proprio la ieraticità con cui si deve concludere la Settima, dopo uno sviluppo in cui, come sempre in Bruckner, si accumula progressivamente energia per rilasciarla in una dimensione sonora tersa e luminosa. Il pubblico applaude calorosamente.