Apollo e Dioniso

di Vincenza Caserta

L'Akedon Quintett suona Mozart e Brahms per la stagione di Malipiero Concerti.

CAVASO, 14 gennaio 2023 - La stagione di Malipiero Concerti Cavaso Classica è giunta alla VI edizione e si è aperta sabato 14 gennaio con un impegnativo programma dedicato a Mozart e Brahms. L'arte in questi luoghi è di casa, riesce ad essere connaturata nel paesaggio, ne è testimone la vicinanza con il poderoso Tempio di Canova nella vicina Possagno ed è insita nelle morbide colline dell'asolano. Il contrasto musicale tra l'apollineo mondo di Mozart e la passionalità post romantica di Brahms è rappresentato dalle pagine intense del Quintetto in mi bemolle maggiore K 493 e dal Quintetto Op 34 in fa minore; gli interpreti sono i raffinati musicisti dell'Akedon Quintett: Valter Favero al pianoforte, Enzo Ligresti e Carlo Lazari ai violini, Silvestro Favero alla viola e Giuseppe Barutti al violoncello.

L'Akedon Quintett (in questo primo brano in formazione di quartetto con solo violino, Carlo Lazari) propone un Mozart in cui la leggerezza del pianoforte è in armonioso dialogo con l'eleganza del violino e le rifiniture di viola e violoncello, in un clima misterioso che allude alla massoneria. È' una interpretazione che punta alla semplicità, priva di ogni eccesso che rischierebbe di compromettere la visione cristallina. Ed è nella presentazione chiara e brillante degli elementi iniziali che già si manifesta il pensiero dell'Akedon. Atmosfere dalla delicatezza più marcata vengono trasformate con repentina maestria in nuove ambientazioni e così i modi minori improvvisi assumono un aspetto ancora più spettrale. L'equilibrio d'insieme degli archi ben si presta alla massima cantabilità offrendo al pianoforte di Favero grandi possibilità espressive e timbriche gestite con spontanea disinvoltura e illuminate dagli sprazzi di luce del violoncello di Barutti. Particolarmente intensa l'atmosfera del Larghetto, sostenuta dal procedere coeso degli archi ed intima nei cambi di colore del pianoforte. Le due anime di Mozart fanno capolino confondendosi tra loro: quella giocosa e legata al mondo dell'infanzia e quella già rivolta verso una dimensione meno terrena, di grande pregnanza espressiva nel modo minore. I dialoghi tra gli strumenti sono eleganti nella scioltezza, specialmente nell' Allegretto, di rinnovata freschezza anche là dove emerge pure la serietà contrappuntistica; l'Akedon osa coraggiosamente e Mozart conserva delicatezza pur nella vivacità della ripresa finale.

Il Quintetto di Brahms trasforma completamente l'atmosfera: alle sonorità minute ed in equilibrio su un filo d'argento di Mozart si sostituiscono quelle piene di un'orchestra ed è questa la sfida più grande in cui il Quintetto Akedon trova risposte rassicuranti. Si palesa subito un Brahms che unisce la pastosità di un suono intenso al pathos nato dalla densità di scrittura. La scelta di tempi più moderati spinge verso la poetica che ha la sua linfa nelle sonorità più profonde. Non sono i vortici in cui Brahms riesce ad immergere i suoi ascoltatori l'elemento predominante nell'interpretazione dell'Akedon Quintett, piuttosto il punto cardine è dato dal contesto vivo e spigliato che brilla tra gli archi, lasciando nascosta una rarefatta dolcezza. La stessa scelta di tempi non affrettati fa prevalere l'idea di sinfonismo. Nel mediare continuo tra chiaro e scuro si anima la ricerca espressiva, simbolo della complessa anima brahmsiana. La lotta titanica di stampo beethoveniano attraversa i confini più insidiosi filtrandoli nelle sezioni di più intima cantabilità. È un Brahms a tratti crepuscolare, scrutato attraverso le valli di una scrittura fortemente interiorizzata pur non privando slanci di tenerezza in alcuni fraseggi. Il suono, nella sua densità, riesce a conservare la scintilla che prepara ogni elemento prima di intrecciare tra loro le varie idee musicali che si susseguono. L'affiatamento tra gli strumentisti permette di osare anche nell'idea di attesa introdotta dal pianoforte di Valter Favero, lasciando spazio al canto spiegato nel suono ricercato e rotondo di Enzo Ligresti e Carlo Lazari ed all'incisività degli intensi pizzicati di Silvestro Favero e Giuseppe Barutti. Il senso di circolarità introdotto dai violini suggerisce spunti alla ricerca di cantabilità del pianoforte, spesso avvolto nella tipica malinconia brahmsiana. Gli archi cantano la nostalgia con decisione, mentre l'ostinato del violoncello di Barutti introduce allo Scherzo con un elemento rivelatore, avvolgendo di suspense pagine così articolate. Brahms ricerca nel pianoforte le sue certezze per far predominare la luce rispetto ai meandri scuri e misteriosi in cui trascina gli archi, perfino nelle reminiscenze del tema del "destino che bussa alla porta". È già tutto proiettato verso la musica del Novecento, sono sottolineate le spigolosità ed è caratterizzato lo spirito gitano (tanto vicino alle Danze Ungheresi) enfatizzato dal violoncello. Si conclude quasi come un inno il concerto, tra pienezze timbriche ricercate, manifesto di un Brahms che non teme di svelare il segreto di sonorità dense, d'orchestra.