La sublime arte di Kissin

 di Stefano Ceccarelli

Evgeny Kissin torna all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia incantando il pubblico in un recital sublime che spazia dal barocco al Novecento, proponendo brani di Bach, Mozart, Chopin e Rachmaninoff. Il pubblico è estasiato e tributa un’ovazione genuina ad un genio assoluto del pianoforte.

ROMA,22 febbraio 2023 – Evgeny Kissin è la quintessenza del talento pianistico, un genio elegante e composto, mai eccessivo; già celebre da enfant prodige, Kissin è ora nella sua fase ‘matura’ di interprete, dove non spagina solo con maestria ciò che sta suonando, ma lo fa anche con la piena, completa padronanza del senso di ogni brano, persino di ogni passaggio. Non si parla solo di perfezione estetica, ma di filosofia che si fa suono.

Come non iniziare, quindi, proprio con quel compositore che più di tutti è stato accostato alla limpidezza del ragionamento filosofico? Kissin si approccia al pubblico con la Fantasia cromatica e fuga in re minore BWV 903 di Johann Sebastian Bach. La resa sonora è perfetta, le note sgranate,non meccanicamente, anzi con respiro autentico del senso della frase, come si è visto nei passaggi più virtuosistici della Fantasia cromatica. Gli accordi si librano sciolti in un discorso che procede acquatico, drammatico: si notino i trilli cristallini che Kissin produce con facilità estrema. La sezione della fuga è un piacere sublime, puramente intellettuale oltre che sonoro: Kissin procede con geometrica precisione ed autentica sprezzatura, facendo sembrare ciò che fa di una semplicità disarmante. Il primo tempo continua con la Sonata n. 9 in re maggiore K 311 di Wolfgang Amadeus Mozart. Kissin accende di galante brillantezza la scrittura mozartiana, scoprendo ancora una volta il suo più intimo segreto: la perfezione di una naturale semplicità. L’Allegro incipitario è un esempio perfetto di una tersa scrittura mozartiana, porto dall’interprete con elegante vividezza. Dolcissimo, delicato, lievemente malinconico l’Andante cantabile, reso da Kissin con impareggiabile gusto cromatico - mirabili, ancora, i delicatissimi trilli. Spiritoso, ma anche drammatico, l’Allegretto grazioso, nel quale Kissin fa brillare proprio l’elemento della grazia. Chiude il primo tempo un’interpretazione memorabile dello Scherzo n. 2 in si bemolle minore op. 31 di Fryderyk Chopin. Kissin dona una lettura che sprigiona tutti i colori della scrittura chopiniana, come pure l’intima drammaticità del pezzo. Il pianista non si avventura in iterpretazioni che dilatano ritmi o accentuano zone sonore in genere oggetto di scarse attenzioni: Kissin legge lo Scherzo, ancora, con notevole naturalezza, impostando un’agogica efficace, che esalti ma non slabri il rubato tipicamente chopiniano. L’effetto è quello di trascolorare con efficacia dalla prima sezione, un ‘guardingo’, baritonale recitativo, alla seconda, chiara, luminosa, fatta di puro virtuosismo, poi ancora in una meditativa, per poi tornare al recitativo iniziale e concludere in una coda virtuosistica.

Il secondo tempo è interamente dedicato a Sergei Rachmaninoff, di cui si esegue un’antologia di brani. Kissin si fa più intenso e drammatico. Il senso di Rachmaninoff per lui si impernia nel contrasto fra l’impianto classicamente apollineo di molti brani e il dionisismo novecentesco delle dissonanze. Delicato e dolcissimo Lilacs (12 Romanze op. 21, n. 5), suonando il quale Kissin dà smagliante prova del suo tocco sopraffino, nonché di un respiro floreale della frase pianistica. Seguono due preludi. Se il Preludio op. 32 n. 8 è pervaso da un’energia drammatica sprigionata dal pianismo vigoroso (ma mai sforzato) qui esibito da Kissin, nel Preludio op. 23 n. 10 l’interprete incanta leggendo un brano delicato, tenue, i cui elementi diegetici principali sono delle note ribattute, una sorta di eco; infatti, l’emozione che Kissin vuole far risaltare, dosando delicatamente i colori, è proprio quella della nostalgia. Termina il secondo tempo una serie dagli Étude-Tableaux op. 33, scelta anche per far risaltare l’abilità dell’interprete nel sondare le varie anime dell’arte di Rachmaninoff. L’unica oasi di meditazione, peraltro una meditazione sulla morte, è il n. 4, interpretato mestamente, non nascondendo l’allure funereo; nel n. 1 Kissin esegue con geometrica precisione gli ardui passaggi fra arpeggi e sincopi; nel n. 4 si lascia andare quasi ad un’epica, fantastica cavalcata; ma è nel n. 5 che raggiunge il culmine dell’intensità drammatica, abbandonando la melodia all’accompagnamento martellante, vibrando l’impasto sonoro e crescendo d’intensità, la quale è stemperata nel finale. Il concerto si concluderebbe con il n. 9, l’ultimo dell’op. 39, dove prevale un pianismo percussivo, cui Kissin, ancora, dona chiara brillantezza. Gli applausi esplodono fragorosi, incontenibili. Più volte chiamato alla ribalta, Kissin chiude effettivamente il concerto all’insegna di Rachmaninoff, con tre brani da Morceaux de fantaisie op. 3: la Melodia in mi maggiore (3), la Serenata in si bemolle minore (5) ed il celebre Preludio in do diesis minore (2), di cui dà una lettura quasi ieratica del tema sospeso, imperioso, sciolto in virtuosismi chiaroscurali.