La forza del velluto

di Roberta Pedrotti

Bella prova della violinista Veriko Tchumburidze nel concerto di Brahms con la Filarmonica marchigiana diretta da Leonardo Sini.

MACERATA e JESI, 14 e 15 aprile 2023 - Veriko Tchumburidze è nata il 20 aprile 1996 nel sud della Turchia da una famiglia di musicisti (padre oboista, madre e sorella violiniste come lei) georgiani. Si presenta già con un bel biglietto da visita di premi, studi e collaborazioni e il suo debutto con la Filarmonica Marchigiana non delude, anzi conquista, per la pienezza del suono, la densità vellutata del colore e la sicurezza tecnica. Il peso e l'impegno del Concerto per violino di Brahms sono sostenuti da solidissime fondamenta, senza mai l'ombra di un cedimento o di una perdita di controllo. Non bisogna, però, pensare che Tchumburidze sia, allora, una specie di implacabile, inattaccabile mezzo blindato: la sostanza profonda della sua cavata è strumento di fraseggio, la pronta padronanza dei suoi mezzi le permette di articolare con disinvoltura e incisività tutte le esigenze della scrittura brahmsiana, dall'ampiezza del primo movimento all'ispirata levità del secondo fino allo slancio gioioso del terzo. Lo stesso bis, Doluri di Alexi Matchavariani, lungi dall'essere solo un frenetico virtuosismo, conferma la capacità di Tchumbaridze di mantenere una considerevole compattezza in uno sviluppo mobile quanto rapido.

La Filarmonica marchigiana risponde con suono robusto secondo le sollecitazioni di Leonardo Sini e del suo gesto ampio e teatrale. Il maestro sardo è subentrato in sostituzione di collega in tempo per sostenere tutte le prove, ma comunque nel mezzo di un turbine di impegni, per cui non stupisce nemmeno troppo che la seconda data del concerto – il 15 aprile a Jesi – convinca più della prima – il 14 a Macerata – in cui ancora si respira un'atmosfera di rodaggio; il pubblico non proprio numeroso al Lauro Rossi non contribuisce a scaldare l'atmosfera, mentre al Pergolesi la sala sarà ben popolata in platea e nei palchi.

Due pezzi beethoveniani che aprono e chiudono il programma sigillando Brahms fra atmosfere da pièce à sauvetage francese (il marchigiano Spontini docet) con l'ouverture Leonore n.1 e una svolta progressiva che, nella Seconda Sinfonia, trova già la strada della maturità sganciandosi dal modello haydniano senza scordarlo, sulla scia dell'ultimo Mozart (e in un percorso simile all'altro gran marchigiano suo contemporaneo, Rossini, non a caso detto “tedeschino”. In entrambi si intende l'impulso di Sini proteso con istinto teatrale verso accenti marcati, sonorità vigorose, eloquenza esuberante a tinte forti. Parimenti energica e generosa è la risposta del pubblico, che accoglie con favore il programma in entrambe le date e mostra punte di entusiasmo per la prova di Veriko Tchumburidze.