Tace il labbro, brillano gli occhi

di Irina Sorokina

Un programma variegato e ottimi artisti "condannano al successo" la serata di San Silvestro del Teatro Filarmonico di Verona.

Verona, 31 dicembre 2023 - Non siamo nella Vienna sorridente e danzante che rigorosamente mantiene la tradizione del Concerto di Capodanno trasmesso in mondovisione, ma a Verona, la città votata all’amore a all’opera lirica. Siamo abituati ai numerosi allestimenti di Aida e Nabucco, Carmen e Tosca, ma anche ai vari gala con le star della lirica. Da alcuni anni anche nella città veneta è stata adottata l’usanza di concerto di Capodanno ed è un’ottima occasione per veronesi di trovarsi in teatro prima del cenone, salutarsi cordialmente e incontrare i vecchi amici con i quali si erano quasi persi.

È andata proprio così l’emozionante serata di fine anno, che presentava unprogramma nutrito a tutt’altro banale s dai celebri brani di George Gerschwin e Leonard Bernstein per arrivare agli immancabili pezzi di Johann Strauss jr. e Franz Lehar, ma nella sala del Filarmonico hanno fatto capolino anche Otto Nicolai e Richard Wagner per finire con Le galop infernal di Jacques Offenbach.

Tra due cantanti annunciati, il tenore Giovanni Sala e il soprano Caterina Sala, rimane in sella il primo, mentre la seconda, indisposta, viene rimpiazzata da Gilda Fiume, e, come si capisce nel corso del concerto, si ha una grande fortuna d’ avere sul podio il direttore d’orchestra Gaetano d’Espinosa.

Nel caso dei concerto di fine e Capodanno, soddisfazione e felicità del pubblico stanno, secondo il nostro parere, anche nella capacità degli artisti di non cadere nella banalità nel ricordo di mille altre esecuzioni simili degli stessi pezzi, ma di creare atmosfere indimenticabili. E questo accade grazie alla simpatia pazzesca e alla maniera raffinatissima di comportarsi sul podio di d’Espinosa; è un uomo snello, dai modi delicati e dotato dà un mix di dolcezza e umorismo che rende la serata di San Silvestro un vero evento affiancato dal bravo soprano Gilda Fiume, già conosciuta dal pubblico veronese.

È lui il trionfatore della prima parte che presenta capolavori della tradizione classica americana, come An American in Paris di George Gerschwin e le ouverture di West Side Story e Candide di Leonard Bernstein (gli ultimi sono diventati un must anche nei gala estivi areniani). Un pizzico di follia, un suono grintoso e brillante che non esclude i momenti di lirismo puro, un senso di ritmo perfetto e attenzioni particolari per le percussioni An American in Paris: d’Espinosa si dimostra un gran direttore, dal gesto espressivo e capacissimo di trasmettere il suo spirito ai musicisti.

Gilda Fiume, recentemente ascoltata al Filarmonico nell’impegnativa parte di Ofelia in Amleto di Franco Faccio con un bel successo personale, mostra al pubblico veronese un altro lato della sua personalità intonando il celebre Summertime da Porgy and Bess, che sostituisce “Glitter and be gay” da Candide; dopo un attacco non precisissimo, con il colore e modulazioni vocali raffinate riesce a immergere il pubblico nelle atmosfere ipnotiche, calde e malinconiche del Sud degli Stati Uniti. È un bel piccolo intermezzo inserito tra An American in Paris e Candide, nella cui frizzantissima ouverture Gaetano d’Espinosa riesce a superare felicemente una certa frammentarietà del brano mantenendo continuamente il ritmo ferreo, molto apprezzato dal pubblico.

Il tenore Giovanni Sala fa la sua prima apparizione nell’assolo “Maria” da West Side Story ed è subito successo: si fa ammirare grazie a un’apprezzatissima raffinatezza del canto. Il successo è confermato dal duetto “Tonight”, sempre dal capolavoro di Bernstein, in cui viene affiancato da Gilda Fiume; tra due cantanti l’intesa è immediata. Entrambi sono prima musicisti e dopo cantanti, attenti all’espressività della parola e all’elaborazione della linea; entrambi, però, rivelano alcune difficoltà nel registro basso, facilmente perdonabili.

Se qualche amante della musica classica avesse voluto togliersi lo sfizio di ascoltare qualche brano non conosciuto dal grande pubblico, sarebbe stato accontentato: la seconda parte della serata si apre con l’ouverture da Die lustigen Weiber von Windsor, opera una volta conosciuta, ma oggi rappresentata raramente. Nelle mani del maestro siciliano l’orchestra della Fondazione Arena sfoggia sonorità raffinate e delicatissime, e si nota un lavoro attento con i gruppi di strumenti vari, il suono dei violoncelli mieloso e quel lo dei violini delicatissimo, quasi fantasmagorico; non capita spesso di ascoltare una gamma così ricca di colori.

Una vera rarità del programma, il brano per coro e orchestra del giovane Richard Wagner “Descendons gaiement le courtille”proveniente dal vaudeville-balletto-pantomima Le descente de la courtille e risalente al circa 1841, un’ottima occasione per il coro areniano di ritagliarsi giustamente uno spazio tutto suo - e si conosce benissimo la bravura degli artisti preparati dal maestro Roberto Gabbiani. Un momento glorioso e gioioso, il canto corale si distingue da grinta ed energia e non è da meno la prestazione dell’orchestra.

Giovanni Sala letteralmente delizia l’orecchio nell’immancabile “Dein ist mein ganzes Herz” da Das Land des Lachelns , Il paese del sorriso lehariano e l’espressione “è condannato al successo” perde la propria banalità. Il timbro dolce del tenore lombardo risulta perfetto per il brano, nonostante si sia abituati ad ascoltare le voci più sostanziose, da sempre associate con il piccolo lavoro del compositore austriaco. Nemmeno l’acuto leggermente sforzato influenza la resa musicale, davvero incantevole ,che gli vale un autentico trionfo.

Tornando indietro nel tempo, si omaggia il Re d’Operetta e il Principe del Walzer, Johann Strauss jr. ovviamente, e si ascoltano Wiener Blut, pieno del dolce spirito viennese e leggero come una piuma, e una specie di omaggio all’Italia, la romantica Serenade da Eine Nacht in Venedig col ritmo sognante di una barcarola.

Giustamente all’interno del Concerto di Capodanno veronese è previsto il trionfo dei brani dal secondo atto della Vedova allegra di Franz Lehar, prima la musica ballabile eseguita dai professori d’orchestra con energia frizzante e colori variegati, e poi il brano corale intonato da sempre superlativi artisti veronesi crea un’atmosfera leggermente malinconica: il loro compito è preparare il pubblico alla celeberrima Canzone della Vilja. La VIlja è un autentico trionfo di Gilda Fiume che unisce la naturalezza con lo spirito giusto e fa dimenticare una certa opacità del canto nei brani precedenti per liberare completamente la voce salda, bella e ben impostata, farla volare e brillare per colori affascinanti e filati raffinatissimi.

Ouverture da Waldmeister di Strauss jr. serve da un bel intermezzo dolce per arrivare al pezzo conclusivo della serata, “Le Galop infernal” da Orphéè aux Enfers meglio conosciuto come il “Can can” che incorona una serata davvero entusiasmante; il pubblico applaude all’infinito e sembra non voglia lasciare la sala del Filarmonico. Risulta davvero difficile lasciarla, vista la leggerezza divina e i contrasti marcati che Gaetano d’Espinosa riesce ad ottenere dai suoi musicisti.

Per due bis, due scelte tradizionali, Sul bel Danubio blu di Johann Strauss jr. e ”Tace il labbro” da La vedova allegra di Franz Lehar. Il valzer più famoso del mondo spruzza energia da tutti i pori, come deve essere, e il suo fascino viene arricchito grazie alla scelta di eseguire la versione originale per coro, o, precisamente, quella allargata, visto che inizialmente furono impiegate solo le voci maschili. “Tace il labbro” giustamente diventa la vera perla del programma del concerto veronese; la confessione d’amore reciproco dei personaggi della celebre operetta sembra apparire dal nulla, muove i passi con delicatezza costringendo i melomani a trattenere il fiato. E rimangono col fiato sospeso, non vogliono perdere il momento più alto della serata in cui il soprano e il tenore raggiungono la perfetta sintonia musicale e vocale sostenuti delicatamente dall’orchestra guidata da Gaetano D’Esposito.

Parecchi elogi sinceri vanno a Gilda Fiume e Giovanni Sala, in una buona forma vocale, ma soprattutto due artisti completi che sanno stare in scena e dare un tocco personale a ogni brano intonato. Accanto a loro due, un vero trionfatore della serata, Gaetano d’Espinosa. La bacchetta agile del direttore siciliano è “colpevole” del delirio felice che non tutti i suoi colleghi più esperti e addirittura celebri riuscirebbero a generare; d’Espinosa non si limita a dirigere, ma fa l’uso del proprio corpo come una materia che letteralmente plasma la musica, il battere il tempo e segnalare le dinamiche sono affiancate da una gesticolazione spiritosa e addirittura da una specie di danza sul podio. Insomma, un uomo orchestra.

Un successo che non si può chiamare che grandioso, davvero una conclusione dell’anno 2023 gioiosa e frizzante. E, visto questo successo, ci si augura di vedere e ascoltare presto il maestro d’Espinosa alla guida dell’orchestra della Fondazione Arena.