Lunga vita allo zar!

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia riporta in scena, dopo dieci anni, le musiche di scena del capolavoro di Ejzenštein, Ivan il Terribile, a firma di Sergej Prokof’ev. A dirigere è Daniele Rustioni, voce recitanti Orlin Anastassov, contralto Marina Prudenskaya e basso Alexander Roslavets.

ROMA, 13 febbraio 2025 – Storie come quella di Sergej Ejzenštein e Sergej Prokof’ev illustrano quanto complessa risulti la vita di un artista sotto un regime dittatoriale. Ambedue, infatti, furono osannati e poi criticati dal regime sovietico. Ivan il Terribile, la loro seconda opera insieme (dopo Alexander Nevskij) sarebbe dovuto essere una trilogia, ma vennero in effetti realizzate solo la prima pellicola ed una parte della seconda. Per ironia della sorte, Prokof’ev morì nello stesso giorno di Stalin (1953) e non poté creare una suite dalle musiche di scena della trilogia. Daniele Rustioni si è servito di quella approntata da Abram Stasevič, che era stato il direttore della registrazione delle musiche dell’Ivan; l’idea di Stasevič era quella di sottolineare «l’aspetto corale e nazionalistico del racconto» (Oreste Bossini, dal programma di sala). Dunque, i protagonisti di questa suite sono una voce recitante (cioè lo stesso Ivan, come elemento di connessione fra le parti) ed il coro.

L’Accademia, di conseguenza, ha affidato il ruolo di voce recitante ad un cantante di esperienza: il basso Orlin Anastassov. L’interprete si distingue certamente per qualità recitative – come esempio si può citare tutto il monologo della morte di Ivan (n.13), specialmente la climax finale. La sua pronuncia dell’italiano, però, è logicamente assai ‘russofona’: non si comprende perché, avendo a disposizione lo schermo con i soprattitoli, non si sia scelto di far recitare la parte in russo, com’è nell’originale, rendendo la vita più facile all’interprete e permettendo al pubblico di godere maggiormente delle doti di Anastassov. Non si possono che tributare complimenti al coro dell’Accademia, che ha cantato magnificamente la complessa parte, delibando ogni passaggio di una partitura ricca di colori. Non solo riesce a risultare terrifico (come nell’ouverture, un coro composto dalle sole voci maschili), ma incanta per i toni epici che raggiunge negli inni a Dio ed al potere dello zar (nn. 5 e 6). Non si dimentichi, inoltre, il puro abbandono melodico del Canto celebrativo (n. 8), dove la pulizia e l’intonazione dell’esecuzione ingentiliscono la lussureggiante dolcezza del dettato orchestrale. La bravura del coro si mostra anche nei numeri dell’assedio di Kazan, dove Prokof’ev si mostra abilissimo compositore di Militärmusik. In tal senso, brillano il minaccioso coro maschile del n. 9 (Sulle ossa dei nemici) e, per antifrasi, l’atmosferico coro a bocca chiusa (n. 13), che evoca le folate di vento delle enormi steppe dell’Asia. Verso il finale appare anche il coro di voci bianche, anch’esso ottimo musicalmente (come si è ascoltato nel momento del funerale di Anastasia). Gli ultimi corali, quello grandemente potente del Giuramento degli Opričniki (che molta ispirazione trae dagli austeri e monumentali canti ortodossi), e il finale, con il magnifico filato alla fine di Ritorna! Ritorna!, come pure la chiusura trionfalistica, suggellano un’eccellente performance. A dirigere la serata è stato Daniele Rustioni, uno dei migliori direttori italiani in attività. In generale, la riuscita è ottima, l’orchestra produce un suono plastico, tutte le compagini si amalgamano con armonia, compiutamente. Rustioni possiede un talento per la nettezza sonora e, in generale, per il timing agogico, ma forse qua e là potrebbe curare maggiormente sfumature e colori. Un esempio è stato proprio l’accompagnamento al coro nel Canto celebrativo, che risulta un po’ monocorde; persino nella scatenata sezione orchestrale che evoca la presa di Kazan, dove pure Rustioni cavalca una scrittura immaginifica, sembra mancare qualcosa, come se non si percepisse il sangue, per così dire, ed il direttore avesse reso troppo tersa una sezione, in fin dei conti, pensata per una cruenta battaglia. La gestione dell’agogica, invece, non può che incontrare il favore di tutti: si prenda ad esempio l’accompagnamento al coro dei cannonieri (n. 11), la bravura con cui il direttore sfuma la violenza dei passaggi militari in quelli, sospesi, che contemplano la via delle steppe; un buon momento cromatico è stato, invece, Efrosinija e Anastasia, dove il contrasto fra i due personaggi è reso con le dolcezze dei legni (Anastasia) opposti all’aridità della scrittura degli archi, che pare insinuarsi come un veleno (Efrosinija). La parte del contralto è interpretata da Marina Prudenskaya, dotata di voce pastosa, dall’espressivo, largo vibrato che disegna la melodia in Mare-Oceano (n. 3), sotto le intense linee degli archi; anche nella Canzone del castoro il fraseggio è apprezzabile, come pure la salda linea di canto. Voce maggiormente stentorea, più tendente allo squillo è quella di Alexander Roslavets che interpreta la Canzone di Fëdor Basmanov con gli Opričniki, destreggiandosi fra l’impetuosa scrittura del coro maschile. Alla fine, dopo il trionfo musicale del finale, il pubblico applaude lungamente, testimoniando il suo gradimento.

Leggi anche

Torino, concerto Piemontesi/Rustioni / OSN Rai, 25/10/2024

Torino, concerto Rustioni / Opéra de Lyon, 14/09/2024

Torino, concerto Dego/ Rustioni, 04/09/2020