L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Del tempo e della morte

 di Stefano Ceccarelli

All’Accademia Nazionale di Santa Cecilia continua il progetto del direttore stabile Daniel Harding di dirigere le sinfonie di Gustav Mahler: tocca alla Sinfonia n. 2 “Resurrezione”, preceduta dalla prima assoluta de Il carro del tempo di Enrico Scaccaglia.

ROMA, 6 giugno 2025 – Il direttore principale dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Daniel Harding, continua il suo percorso mahleriano, che vedrà ulteriori appuntamenti nella prossima, ricchissima stagione della massima istituzione musicale italiana. In questo concerto si esegue la Seconda, preceduta da una prima esecuzione assoluta, una commissione della stessa Accademia al vincitore di una passata edizione (2022) del concorso “Luciano Berio”.

Con Il carro del tempo di Enrico Scaccaglia si apre il lungo concerto della scorsa settimana. La composizione, perfettamente inserita nel panorama sonoro contemporaneo, è una riflessione sul concetto di tempo, soprattutto nella sua dimensione di circolarità «in cui, al suo interno, tutti gli elementi che l’attraversano ritornano sempre uguali, creando un senso di grande staticità, una sorta di loop in cui il tempo sembra fermarsi» (parole dello stesso compositore). Questa staticità è musicalmente resa da un’atmosfera sospesa, sulla quale ribollono le accelerazioni dei legni, i timbri argentei dei triangoli: tutte sonorità che gorgogliano su una calma apparentemente tranquilla, basata sulla ripetizione modulare di strutture. L’orchestra, che possiede un suono magnifico, dosa perfettamente la giusta quantità di volume, grazie alle accortezze di Harding, che dirige guardingo, ingenerando, senza esagerare, la climax che attraversa tutta la composizione. Tale crescendo è accompagnato dalle screziature melodiche di un medesimo pattern, variato e rivariato, ben riconoscibile grazie alla vivida direzione di Harding; nel finale, la climax giunge all’estremo e il suono pare perdersi, come un’eco nel vuoto. Esteticamente parlando, il pezzo piace; forse, è un po’ troppo lungo: avrebbe magari giovato una maggiore brevità.

Senza intervallo, si attacca la Seconda di Mahler, che non stona affatto con il pezzo di Scaccaglia. L’Allegro maestoso è ben diretto da Harding: i contrasti volumetrici ci sono, soprattutto nello sviluppo, come pure le verticalizzazioni, persino violente, a tratti, nello slancio sonoro. Il tema iniziale, una marcia funebre dal piglio decisamente assertivo, riesce bene; forse manca qualcosa nella tenuta agogica delle parti che fungono da bozzetti sonori, ma nel complesso l’esecuzione del movimento è convincente. Magari, Harding avrebbe potuto meglio sfruttare l’intensità accumulata durante l’elefantiaco sviluppo. Il secondo movimento vede una soffice, delicata direzione di Harding, con l’orchestra più rarefatta nel suono, il che sottolinea la limpidezza della scrittura orchestrale. Più che nel precedente, Harding riesce in questo movimento a creare un’atmosfera che trascolora dalla placida, danzante melodia dal sapore tardo-settecentesco, fino a zone di più acuta malinconia. Ironico e sardonico al contempo, il terzo movimento, basato su un autoimprestito (Il lied Des Antonius von Padua Fischpredigt dal ciclo Des Knaben Wunderhorn), è ben diretto da Harding, soprattutto nei suoi passaggi più sfrenati – certo, un po’ più di verve non avrebbe stonato, soprattutto nel tessuto ritmico che fa da impalcatura all’accattivante melodia. Splendido l’Urlicht (altro autoimprestito), nel quale il contralto Sasha Cooke esegue benissimo l’intimistica aria, grazie ad una voce chiara, profonda, educatissima, dalla tecnica salda, che riesce a sfumare i colori grazie ad un timbro, il quale, naturalmente, accentua i chiaroscuri e che, quindi, risulta perfetto per la parte. Harding crea la giusta atmosfera nell’accompagnamento, trovando l’emozione dominante del pezzo, una certa qual infantile fiducia in una ricompensa ultraterrena dopo i dolori della vita. Celebre l’ultimo movimento, il quinto, che dà il nome alla sinfonia in virtù del coro sul lied Auferstehung, appunto ‘Resurrezione’. Harding qui dimostra, ancora una volta, che il suo talento, più che ritmico, è cromatico. Riesce, infatti, a creare belle atmosfere, mercé il suono perfetto delle compagini orchestrali, come quelle della prima parte, drammatica, l’angoscia del Giudizio, che scatena gli archi e gli ottoni. Lo sviluppo, lungo e articolato, è particolarmente curato dal direttore, il quale riesce a cogliere l’atmosfera che, a mano a mano, si schiarisce, reificando il senso di stupore e rassicurazione dell’uomo (di fede) di fronte al momento della morte e del Giudizio. Eccellente, il coro attacca Auferstehung, sul quale si libra anche la voce del soprano, Hanna-Elisabeth Müller, potente e con un timbro dal sapore brunito, perfettamente rotonda, udibile. Belli gli effetti che si vengono a creare fra le soliste ed il coro, che canta soffuso, con frasi pregne di senso. Ancora, però, il colore e la morbidezza delle frasi cantate dalla Cooke sono impareggiabili, magnetiche. Trascinante, grandioso il finale, dove Harding scolpisce potenti frasi, dove le voci si impongono alla massima potenza, scatenando gli applausi del pubblico, con lunghe ovazioni.

Leggi anche

Roma, concerto Harding/Bell/ Santa Cecilia, 17/04/2025

Roma, concerto Harding, 12/04/2025

Roma, Concerto Harding, 21/03/2025

Roma, Concerto Harding/Kang, 29/11/2024

Torino, concerto Harding/Zimmermann/OsnRai, 31/05/2024

Roma, Concerto Harding/Lewis, 16/06/2022


Vuoi sostenere L'Ape musicale?

Basta il costo di un caffé!

con un bonifico sul nostro conto

o via PayPal

 



 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.