L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

 

Mendelssohn musica Sofocle

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia apre la stagione estiva con le musiche di scena (op. 55) per l’Antigone sofoclea di Felix Mendelssohn Bartholdy. La direzione è affidata a Francesco Lanzillotta, il narratore è Massimo Popolizio, mentre i ruoli cantati sono affidati a Christoph Hülsen (Creonte), Simonetta Solder (Antigone), Alessandro Budroni (Guardia, Corifeo, Servo).

ROMA, 23 giugno 2025 – Sotto gli auspici dell’illuminato trono di Federico Gugliemo IV di Prussia, Felix Mendelssohn Bartholdy fu incaricato di comporre musiche di scena per l’Antigone, uno dei capolavori di Sofocle. Si tratta della tragedia par excellence sullo scontro fra legge naturale e ragion di stato, due temi particolarmente sentiti nell’Europa di metà ‘800, nella quale i fermenti per gli ideali rivoluzionari francesi erano ancora caldamente sentiti. Mendelssohn, basandosi sulla traduzione tedesca di J. Ch. Donner (scelta dal grande filologo August Böckh), mise in musica le parti corali della tragedia (parodo e stasimi).

L’operazione promossa dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, in collaborazione con Teatro di Roma (Teatro Nazionale) e Festival Teatro di Ostia Antica, è quella di sostituire le parti recitate in tedesco con una voce narrante, di eseguire tutte le musiche di Mendelssohn, compresi gli interventi recitati organici nei pezzi, che non potevano essere tolti senza squilibrare i vari pezzi. La voce recitante è quella di Massimo Popolizio, che, pur non convincendo appieno, non carica eccessivamente la recitazione, risultando più neutro rispetto ad altre sue performance cui mi è capitato di assistere. Christoph Hülsen è un Creonte complessivamente convincente, anche se la voce è forse troppo acuta per la parte e vi è una ricerca di effetti stranianti, quasi a volersi astrarre dai più profondi sentimenti del personaggio. Esagerando su questa direzione, proponendo una scelta estetica singolare e, ad avviso di chi scrive, inadatta, è Simonetta Solder come Antigone: costantemente distaccata dal personaggio, la Solder pare guardare solo attraverso un diaframma le reazioni emotive della protagonista, convincendo ancora meno. Più misurato e d’effetto, invece, Alessandro Budroni, nei differenti ruoli della Guardia, del Servo e del Corifeo.

La parte musicale è affidata a Francesco Lanzillotta, al suo debutto nei cartelloni di Santa Cecilia. La sua direzione è composta, ordinata, mai asettica, rispettosa di cori che traggono il loro stile dall’austero classicismo della tragédie lyrique, filtrate da un fraseggio beethoveniano e arricchite da tensioni chiaramente romantiche. In tal senso, l’orchestra imposta un suono netto, ma misurato, ed il coro maschile può librarsi elegante e statuario, porgendo in chiave romantica le potenti parole sofoclee. Il coro, infatti, è mirabile fin dall’incipitario “Strahl des Helios”, maestoso per potenza, linea di canto, ma anche dolcezza, elegante sillabazione. Il secondo, “Vieles Gewaltige lebt”, piace per l’effusione corale in ampie e placide frasi, inargentate dal timbro del flauto. Lanzillotta rispetta il terso classicismo della partitura, come testimonia il terzo coro, “Ihr Seligen, deren Geschick”, dove pure le emozioni più angoscianti sono espresse con un’agogica scandita (qui vi sono effetti di pieno/vuoto, anche con gli interventi di voci soliste del coro stesso). Un punto di svolta della partitura è nel sesto coro, un baccanale (“Vielnamiger, Wonn’ und Stolz”), in cui Lanzillotta sfrena l’orchestra, forse per la prima volta; la serata si chiude con il lungo settimo coro, “Hier kommt er ja selbst”, ieratico e solenne, dall’incedere mesto di una marcia funebre, nel quale Hülsen dà sfogo al dolore di Creonte, con l’eco del coro. La serata si chiude fra gli applausi, ma lascia un po’ perplessi non tanto nella qualità dell’esecuzione musicale, quanto nella modalità di presentazione della musica mendelssohniana.

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