Wagner senza parole
di Luigi Raso
Robert Treviño e la SWR Symphonieorchester riportano Wagner nella sua amata Ravello con la sintesi sinfonica del Ring realizzata da Lorin Maazel nel 1987.
RAVELLO, 25 luglio 2025 - Si possono condensare le circa quindici ore di musica di Der Ring des Nibelungen di Richard Wagner in una settantina di minuti? Da questo interrogativo nacque nel 1987 il progetto discografico di Der Ring ohne Worte (L’anello senza parole): a Lorin Maazel e ai Berliner Philharmoniker l’etichetta statunitense Telarc commissionò un’epitome sinfonica della Tetralogia: il direttore dalla leggendaria tecnica, profondo conoscitore dei meccanismi orchestrali, approntò un’opera autonoma, non un semplice compendio dei “grandi momenti del Ring”, ma una composizione che ha flusso narrativo coeso, pur privata delle voci, e che con logica musicale punta a restituire una convincente idea dell’arco drammaturgico dell’intero ciclo. Non vi aggiunse alcuna nota, non riorchestrò, al netto della sostituzione delle linee vocali con quelle strumentali, le pagine di Wagner, qui legate tra loro dall’originaria continuità tonale e armonica.
Ovviamente per la sua estrema concisione Der Ring ohne Worte è ben lontano dal restituire la profondità musicale, poetica e filosofica del Ring; tuttavia, è innegabile che l’ascolto di questa silloge, grazie alla coerenza dell’arco narrativo, non appare soltanto un affascinante esperimento sinfonico, ma può sollecitare l’interesse, in chi non conosce l’intero Ring, ad addentrarsi in uno dei cicli artistici più elevati e complessi mai concepiti. Chi, invece, già è immerso nell’epopea musicale della Tetralogia e nelle sue opzioni interpretative potrà considerare l’ascolto di questa suggestiva riduzione sinfonica quale un valido “bignami”, un’occasione per ripassare la mastodontica struttura drammaturgica del ciclo di Wagner, per riascoltarne alcuni dei suoi Leitmotive, per osservare il susseguirsi fluido e cronologicamente ordinato delle sue pagine più significative.
Alla 73ª edizione del Ravello Festival, in esclusiva per l’Italia, sul palco del belvedere di Villa Rufolo – dove Richard Wagner e il pittore Paul von Joukowsky nel maggio del 1880 trovarono l’ispirazione per la scenografia dell’atto II di Parsifal: Die Klingsor Zaubergarten ist gefunden! (Il magico Giardino di Klingsor è trovato!), esclamò Wagner – il direttore messicano-americano Robert Treviño e la SWR Symphonieorchester, compagine nata a Stoccarda nel 2016 a seguito della fusione delle orchestre della Südwestrundfunk, offrono al raffinato e internazionale pubblico del festival un’esecuzione di DerRing ohne Worte nel complesso corretta, pulita e molto ben concertata.
Si apprezza innanzitutto la capacità di Treviño di gestire, in un’esecuzione sul palco quasi sospeso sul mare, con un’acustica poco confortevole (ma, vivaddio, non amplificata!), un organismo sinfonico tanto vasto e complesso. Al netto di qualche imprecisione, proveniente in particolare delle sezioni degli ottoni e dei legni, e di qualche entrata fuori tempo, l’esecuzione procede fluida, con passo solido e lineare. Robert Treviño domina con sicurezza e con gesto chiaro la partitura, ha una visione improntata ad una limpida sintesi esecutiva: i tempi scelti tengono ben stretti tra loro la drammaturgia musicale delle pagine del Ring. Ben gestiti i pesi sonori interni: si ascoltano tutte le famiglie orchestrali, raramente gli archi tendono a scomparire di fronte agli ottoni.
Concertatore attento ai dettagli, Treviño farcisce di intensità le frasi musicali più trascinanti: si ricorda, per la tornitura del suono, l’episodio da Siegfried “Vita della foresta”: aereo, sospeso, impreziosito anche dal frinire delle cicale che ha accompagnato tutto il concerto; per la cura del fraseggio, invece, il lancinante “Addio di Wotan a Brünnhilde” da Die Walküre.
Rischiando di apparire fin troppo compassati, Robert Treviño e la SWR Symphonieorchester mettono al bando eccessi d’enfasi e di retorica, puntando invece sull’essenzialità e la concisione del racconto sinfonico. L’orchestra si dimostra strumento affidabile, dal colore argenteo, facendosi apprezzare per l’intensità delle sue dinamiche, per il suono compatto e poderoso, per la capacità di cogliere le sollecitazione provenienti dal podio.
DerRing ohne Worte è salutato da lunghi applausi calorosi e generosi, ai quali seguono ben tre bis - nell’ordine, Marche hongroise da La damnation de Faust di Hector Berlioz, Trisch-Trasch-Polka di Johann Strauss II e la Danza ungherese n. 5 di Johannes Brahms - la cui esecuzione scintillante e travolgente galvanizza l’entusiasmo del pubblico.
Sopite le note, a farla da padrone nella sera di Ravello sono le suggestioni moresche di Villa Rufolo e del suo incantevole panorama.
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