Una voce sul lago
Successo a Lazise, nell'ambito di Garda Festival, per il recital di Ekaterina Bakanova, che ha spaziato da Donizetti a Dvorak, da Belrioz a Obrados con l'eccellente accompagnamento di Emanuela Savròn.
Lazise, 26 luglio 2025 - Uno dei più luoghi più incantevoli del Benaco, la Dogana Veneta di Lazise, è la cornice con cui il Garda Festival (giunto alla sua 3a edizione) accoglie il recital del soprano di carriera internazionale Ekaterina Bakanova. Nata in Russia, nella regione degli Urali, ma italiana d’adozione, è artista poliedrica, interprete apprezzata di opere italiane, francesi, tedesche, russe e non solo. Per questo suo concerto, in occasione del quale è stata inoltre insignita del Premio “Cigno del Garda”, presenta un programma raffinato che spazia da Donizetti a Dvorak, passando per brani di Berlioz, Rachmaninov, Debussy, De Falla, Liszt, Puccini, Massenet, Obradors. L’ascoltatore viene letteralmente immerso sia in mondi musicali conosciuti in in quelli poco esplorati, almeno da una parte del pubblico, e il risultato porta a delle forti emozioni e a un gran successo.
Alcuni brani sono molto affini a personalità e arte di Ekaterina Bakanova, altri meno. Una cosa è chiara e ammirevole: all’artista piace decisamente cimentarsi con stili e compositori diversi e il passaggio da Anna Bolena di Donizetti in apertura alla chiusura con Rusalka di Dvoràk è solo un esempio della vastità del programma.
Il soprano russo ha tante qualità tra cui una che non è propria di tutti i cantanti lirici. Si può essere dei vocalisti eccellenti, figurare perfettamente in sala da concerto e in disco, ma risultare deludente sul palcoscenico. Il soprano russo, oltre alla voce, incanta con una bellissima figura, ogni abito valorizza il suo fisico snello e dalle movenze eleganti, ma è in possesso pure di ottime doti attoriali che rendono possibile l’apparizione del personaggio di cui interpreta un’aria in una sala da concerto come si trattasse del palcoscenico della Scala o del Metropolitan Opera: gli occhi si aprono insieme alle orecchie.
L'aria di Anna Bolena è uno dei cavalli di battaglia di tutti i grandi soprani; il timbro di Ekaterina Bakanova non è tra i più belli e indimenticabili, ma l’intelligenza musicale le permette di figurare benissimo. La scelta di “O mio babbino caro” da Gianni Schicchi contribuisce decisamente alla crescita del successo del soprano; lo esegue con un’estrema sensibilità musicale ed è realmente capace di far apparire dietro le note cantate il personaggio della dolce Lauretta, colorandolo però dinote malinconiche. “Adieu, notre petite table” da Manon di Massenet è uno dei momenti più alti della serata, l’eroina dell’abbé Prévost che attirò le attenzioni di più compositori appare come per magia dietro le mura del castello lacustre: un’ulteriore conferma delle doti della Bakanova-attrice. Superficiale, avida, fragile, innamorata, tutta la gamma di sfumature del personaggio si rispecchia nella linea di canto raffinata, la dizione ben studiata e la sorprendente capacità di giocare sui colori. Cambia tutto in “Mia madre aveva la povera ancella” dal quarto atto dell'Otello verdiano dove sfoggia il declamato più raffinato segnato da un’opacità voluta che rende il canto realmente malinconico e rassegnato nelle commoventi evocazioni “Salce! Salce! Salce!”, seguito da un'Ave Maria molto intensa e di bel suono. Perfetta la conclusione del recital con “Mésički na nebi hlubokém” da Rusalka di Dvorak, dove la Bakanova riesce a calarsi con naturalezza e abbandono nei panni della sirena indifesa che aspira tanto a diventare un essere umano: voce sempre piena, declamato accurato ed espressivo, buon cantabile e chiaroscuri raffinati valgono all'artista grande ammirazione del pubblico.
Grande nelle arie ben conosciute delle opere, Ekaterina Bakanova, forse, è ancora più coinvolgente nei brani da camera dei compositori francesi, spagnoli e russi, in questo repertorio la sua raffinatezza d’interprete si esprime appieno. Le spectre de la rose da Les nuits d’été di Berlioz le appartiene proprio per il senso drammatico innato, in Beau soir di Debussy il suo canto diventa delicatissimo e nostalgico, nelle Siete canciones populares españolas di De Falla e Siete canciones clasicas españolas di Obrador il soprano che vide i natali nella regione di Ural dimostra per l’ennesima volta la ammirevole capacità di interpretate nel modo coinvolgente musiche di terre lontanissime. Per pochi istanti, fa apparizione al castello di Lazise il russo Rakhmaninov сon il celeberrimo brano “Poljubila ja na bedu svoju” (“Mi sono innamorata per i guiai miei”) ed è un momento più alto della serata: la musica di Rakhmaninov è profondamente consona al temperamento drammatico del soprano.
Dopo la consegna del Premio “Cigno del Garda”, con l'omaggio alla cantante di una bottiglia speciale della Cantina Vitevis con l’etichetta speciale realizza in occasione del festival, la bella Ekaterina ha proposto come bis “O mio babbino caro”, ovviamente molto gradito. Un gran successo per il soprano venuto dagli Urali, che sa unire in perfetta armonia doti canore, musicalità raffinata e qualità attoriali ammirabili anche nel contesto concertistico.
Una notevole parte del buon esito del concerto è dovuto alla presenza al pianoforte del giovane Emanuele Savròn, accompagnatore sensibile che riesce a ritagliarsi uno spazio tutto suo. Musicalissimo, tecnicamente scaltrito, attento e delicato, ma anche esplosivo, crea sonorità ricche, segnate da un senso d’equilibrio impeccabile e da un senso del ritmo coinvolgente. Il suo successo è meritatissimo e siamo sicuri che il pubblico già accarezza il desiderio di ascoltarlo in un altro recital e in un concerto per solo piano.
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