L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Gli strumenti del pathos

di Daniele Valersi

Torna in val di Rabbi per l'undicesimo anno consecutivo nel Festival dedicato ad Arturo Benedetti Michelangeli, Grigory Sokolov ed è ancora una volta un clamoroso successo.

RABBI (TN), 27 luglio 2025 - È l’undicesimo anno consecutivo che il grande Grigory Sokolov si esibisce nella chiesa di San Bernardo di Rabbi (TN), ospite d’onore del festival Omaggio all’arte pianistica di Arturo Benedetti Michelangeli e, ancora una volta, il suo recital si è confermato come evento memorabile, unico per portato emozionale e per profondità nell’interpretazione. Questo artista geniale, estremamente schivo, che non rilascia interviste, che nulla lascia trapelare della sua sfera personale, che da tempo ha accantonato i concerti con orchestra e suona soltanto in recital da solo, ha molto in comune con Arturo Benedetti Michelangeli, pur distinguendosene per aspetti anche fondamentali, come quello della ricerca timbrica. Torna ogni anno nei luoghi che il Maestro amava e, come lui, a Rabbi si esibisce a scopo benefico; comune ai due grandi virtuosi è l’attenzione estrema, maniacale, per la fisicità del pianoforte in ogni suo singolo componente: non al pianoforte tout-court ma al singolo strumento con cui ci si esibirà, a contatto col quale il solista russo trascorre lunghe ore di studio, una dedizione che gli frutta purezza di suono e intensità espressiva ineguagliabili. La meticolosa riaccordatura dello strumento dopo la prima parte del recital determina la durata non convenzionale degli intervalli, particolare ricorrente nelle sue esibizioni.

Quest’anno Sokolov ha incluso nella sua locandina alcuni brani del cembalista e organista William Byrd, autore tra i maggiori della sua epoca, poco frequentemente eseguito al di fuori dell’ambito della musica storicamente informata, le cui composizioni hanno tuttavia suscitato l’interesse di alcuni grandi pianisti, tra i quali Glenn Gould. La doviziosa ornamentazione e l’intrecciarsi delle voci risaltavano con cristallina nitidezza, in un’interpretazione che coniugava il rigore esecutivo a una fascinazione arcana. Alle generose variazioni sulla canzone popolare Jhon come kiss me now faceva seguito un’accoppiata di Pavana e Gagliarda che probabilmente è stata la prima composta da Byrd e potrebbe pertanto datare agli anni Settanta del Cinquecento; allo stesso periodo risale la Fantasia, la cui parte centrale, polifonica, produceva sotto le dita di Sokolov un effetto ipnotico, per risolversi nel vigore del ritmo di danza che conclude il brano e sfociare, senza soluzione di continuità, nell’Alman su basso di Romanesca, altro motivo popolare. Due le Gagliarde accoppiate alla Pavana dedicata a Sir Robert Cecil, conte di Salisbury; si arrivava infine alla canzone dal bizzarro titolo di Callino casturame, apparentemente un nonsense ma, con tutta probabilità, una storpiatura dal gaelico Cailín ó Chois tSiúre mé, ossia Sono (una) ragazza, sorella di Chois. Nella seconda parte, Sokolov ci trasportava nel cuore del Romanticismo: ben più conosciuto rispetto a quello dei virginalisti inglesi è il terreno costituito dalle Quattro Ballate op. 10 di Johannes Brahms, esposte senza soluzione di continuità a sottolineare il legame che le collega l’una all’altra, il testo drammatico scozzese Edward, diffuso in Germania da Johann Gottfried Herder nella raccolta Stimmen der Völker. Un Brahms ventunenne elegge questa cupa vicenda con un parricidio sullo sfondo per attuare un rapporto ermeneutico tra poesia e musica, dove la musica svolge un suo autonomo disegno (in luogo di accompagnare o descrivere) e dice ciò che nel testo non viene detto; la forma della Ballata è in questo caso perfettamente confacente alla funzione narrativa. Nessuno meglio di Sokolov potrebbe evocare e far parlare i sottintesi contenuti in questi brani, le ultime pagine pianistiche del primo periodo brahmsiano. Si entrava poi nel periodo mediano della maturità di Brahms con le due Rapsodie op. 79, pervase peraltro dallo stesso spirito ardente che anima i lavori giovanili. Imparentate con la forma dello Scherzo ma anche con la Ballata, occupano un posto eminente nella produzione pianistica brahmsiana e, nell’economia del recital di Sokolov, concludevano in climax un disegno che prende vita dalle robuste radici popolari delle musiche elisabettiane e si evolve idealmente nella Ballata, tramite la poesia popolare scozzese.

I carismatici concerti di Sokolov fanno del piccolo centro della Val di Rabbi un polo di forte attrazione, complice la presenza di Benedetti Michelangeli che sembra aleggiare tuttora nella navata: il pubblico vi confluisce da luoghi anche lontani e vi è sempre il “tutto esaurito”. Interminabili gli applausi e le ovazioni, inesauribile la voglia di ascoltare ancora. Sempre generoso di bis, Sokolov eseguiva ancora, nell’ordine, le Mazurke op. 30 n. 1 e op. 50 n. 3 di Chopin, Les sauvages di Rameau, ancora Chopin con la Mazurka op. 68 n. 2 e il Preludio op. 28 n. 20, infine il Preludio in si minore di Bach-Siloti.

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