Il valore delle attese
La Form - Orchestra Filarmonica Marchigiana regala un galà lirico sinfonico a sostegno del Teatro della Fortuna di Fano con giovanissimi solisti: il soprano ventiduenne Katerina Chebokova e il tenore diciassettenne Marco Mancuso. Nel clima festoso e sorridente, non mancano anche stimoli per riflessioni più serie.
FANO, 12 settembre 2025 - Sebbene il timore di condizioni meteo avverse abbia fatto trasferire il concerto dalla Corte Malatestiana al Teatro della Fortuna, la serata è limpida, ancora estiva, appena temperata qualche bava di brezza settembrina. Non è, però, un male spostarci al chiuso: l'acustica se ne giova (la sala fanese, opera di Luigi Poletti, è fra le più propizie all'ascolto dell'intera regione) e i numerosi turisti presenti, parecchi dei quali stranieri, hanno l'occasione di apprezzare questo gioiello della città. Si tratta, poi, di un concerto che ha proprio come scopo il sostegno del Teatro della Fortuna, partecipando a una campagna di raccolta fondi che, si annuncia con gioia in apertura di serata, ha già dato i suoi frutti ripianando in tempi record e quasi totalmente il deficit rilevato in chiusura della scorsa stagione.
Con il cuore più sereno ci godiamo allora questo omaggio donato dall'orchestra regionale, la Form, a una sala così favorevole alla musica e in una città, Fano, che figura fra i soci fondatori, sebbene non quello che più spesso la ospita (ed è un peccato).
Il programma è costituito da una carrellata operistica festosamente popolare: sinfonie e intermezzi da Nabucco, Norma, Manon Lescaut, e Il barbiere di Siviglia, arie e duetti da Adriana Lecouvreur, L'elisir d'amore, Gianni Schicchi, La bohème, Turandot, La traviata e La vedova allegra. Tutto repertorio che, fra recite complete e galà, la Form frequenta e conosce a menadito e suonerebbe probabilmente anche a testa in giù. Su solide basi si procede sicuri anche in quella che sulla carta è una serata di disimpegno, ché non ci dovrebbe essere intrattenimento che esima dalla qualità, anzi: più ampio è il pubblico a cui ci si rivolge, maggiore è la responsabilità dell'offerta. Per questo il valore dei complessi artistici, di orchestre e cori, è qualcosa su cui non si dovrebbero mai fare sconti, tendendo sempre, in ogni contesto, al massimo risultato.
Poi, naturalmente, con un repertorio così ben oliato, sono anche ottime opportunità per offrire esperienze ai giovani, compreso qualche volto nuovo in organico. Con la direzione bonaria di Mirco Barani, si alternano e si affianco sul palco la ventiduenne Katerina Chebotova, soprano, e il diciassettenne Marco Mancuso, tenore. La simpatia della sala se la guadagnano subito tutta e applaudiamo con piacere arrivando anche a emozionarci un po': lei ha una grazia incantevole nella figura e nell'atteggiamento, lui la spavalderia tenera e un po' naïf di un ragazzone della sua età. Si sorride disarmati e si condonano volentieri le trappole non eluse dell'inesperienza e dell'emotività, guardando semmai alle qualità promettenti in affinamento. Tuttavia, un discorso più serio è bene farlo nella riflessione post concerto. Se l'esperienza è sempre utile deve anche esserlo per consigliare di non bruciare le tappe, soprattutto nel caso di una natura generosa ma anche di un debutto precocissimo come quelli di Mancuso. Capiamo come “Nessun dorma” possa essere stato la scintilla di una passione e uno dei pezzi più richiesti da parenti e amici, un biglietto da visita sicuro per strappare l'ovazione alla sala prima ancora di chiudere il Si naturale. Tuttavia, in un contesto comunque professionale bisognerebbe arrivarci (come anche alla “Furtiva lagrima” o a “Che gelida manina”) con sulle spalle qualche anno di Vaccaj e Parisotti, di attenti studi musicali che accompagnino la maturazione dello strumento. È bene riconoscere e valorizzare i giovani talenti, ma ciò significa anche far sì che si formino con pazienza ed è quello che auguriamo a Mancuso, che non merita certo di essere gettato in pasto a una macchina avida di precoci prodigi da spremere in attesa del prossimo ragazzo – quando non bambino – di talento. Ai media piace moltissimo la girandola del “nuovo Mozart”, del “baby direttore/pianista/tenore...”, ma noi preferiamo che un giovane così dotato e appassionato si costruisca passo passo la solidità di una carriera duratura.
Sia per Chebokova, sia per Mancuso le speranze possono essere molte e con un ampio sorriso li abbiamo applauditi e torneremmo a farlo. Tuttavia, se in apertura di serata è stato ricordato il riconoscimento Unesco di due anni fa, val la pena ribadire che questo non è andato – come quasi sempre sentiamo semplificare - “all'opera italiana”, bensì alla pratica del canto lirico all'italiana, cosa ben diversa, che non pone confini nazionali ma abbraccia, più che i testi, gli studi, le esperienze e le professionalità, sì, dei cantanti, ma anche di tutti coloro che in qualche modo lavorano intorno a loro, della rete umana e professionale che costituisce il mondo plurale dell'opera. Questa rete esige un continuo perfezionamento, un'inesausta ricerca della qualità, una profondità diversa dall'attuale girotondo di celebrità social e televisive; un percorso che merita di essere sostenuto e riconosciuto anche dalle istituzioni. A questo pensiamo ascoltando l'orchestra regionale e augurando a chi è ancora all'inizio di un percorso di costruire una lunga e felice carriera.
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