L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Festival di Belcanto

di Roberta Pedrotti

Un trionfale galà di Jessica Pratt con Daniel Oren sul podio celebra Mirella Freni per il Belcanto Festival del Teatro intitolato al soprano modenese e al concittadino Pavarotti, che sceglie di esprimere l'adesione allo sciopero generale attraverso la musica.

MODENA, 3 ottobre 2025 - L'omaggio della città natale a Mirella Freni (che pare in questo un po' più fortunata del fratello di latte celebrato altrove) è anche il vero fulcro del Modena Belcanto Festival, kermesse consacrata alla storica e viscerale passione lirica emiliana, che altrimenti di belcantistico (inteso come repertorio: l'opera in cartellone è stata nei giorni scorsi La bohème) non ha granché, né di festivaliero nel senso di ricerca e proposta inconsueta (nella precedente edizione I puritani si davano nell'abituale versione parigina con i tagli di tradizione). Insomma, si tratta soprattutto di una mini-stagione che inneggia al DNA melomane di queste terre: sempre sia lodato. Quando, però, alla melomania che spasima per primedonne dispensatrici di mirabilia virtuosistiche si unisce anche l'interesse di un programma intelligente e stuzzicante, allora la combinazione è perfetta e accontenta tutti, offrendoci un vero Belcanto da Festival. Questo è il Galà con protagonista Jessica Pratt.

Certo, al di là dell'impresa formidabile dell'inanellarle quasi senza soluzione di continuità in un'unica serata, si potrà dire che il sonnambulismo di Amina e le pazzie di Lucia (di Lammermoor) ed Elvira (dei Puritani) non sono poi una rarità. Lo è, però, il delirio donizettiano di Emilia di Liverpool, né si può dire che la scena di temporanea follia di Linda di Chamounix sia un pezzo da concerto particolarmente gettonato.

Il percorso attraverso varie sfaccettature di stati allucinatori e onirici, di alienazione mentale nel belcanto di Bellini e Donizetti tocca nodi cruciali e sostanziali della poetica romantica nell'opera italiana che sono al centro dell'ultima fatica discografica di Jessica Pratt (Delirio). Non si tratta di una parata di pezzi forti – sebbene effettivamente lo siano – bensì di un ritratto complesso della psiche femminile in musica intorno agli anni trenta dell'Ottocento. Che Pratt canti divinamente ciascuna di queste pagine non è una sorpresa né una novità: il CD lo testimonia, dal vivo lo conferma e, anzi, fa apprezzare ancor di più l'ampia gamma dinamica, la proiezione sul fiato, la varietà delle articolazioni virtuosistiche e del legato. E, dato fondamentale nel rapporto fra fonazione e fonetica, melodia e prosodia, se la sia ascoltasse senza conoscerne nome e biografia, la si direbbe subito italiana madrelingua.

Diva vera, Pratt può permettersi di cambiare abito ad ogni brano senza tema di ridondanza: la sua empatia con il pubblico fa la differenza, soprattutto nella cornice ottocentesca che si viene a creare questa sera. È giornata di sciopero generale, si sa, ma l'adesione alle “manifestazioni di solidarietà e sostegno alla popolazione di Gaza” dichiarata espressamente dal Teatro si vuole esprimere con la musica e la cultura come veicolo dei migliori valori dell'umanità, pur in una condizione fuori dalla norma: inizio con mezz'ora di ritardo (raggiungere Modena non è semplice oggi e parte dell'orchestra si è trovata imbottigliata), luci in sala e non sul palco, con un'atmosfera decisamente prewagneriana. Così, in una collana di arie che danno forma allo scontro fra desideri e costrizioni, fra aneliti di libertà, illusioni, ambiguità, fraintendimenti, pressioni, il piacere dell'arte non è superficie e distacco dal mondo esterno.

La luce che arriva al pieno proscenio si affievolisce via via sul palco, dove sui leggii baluginano led azzurrini. L'Orchestra Filarmonica del Teatro Comunale di Modena, reduce dalla tournée in Giappone del mese scorso e dalle recite della Bohème, apre il programma con la sinfonia di Norma e lo scandisce poi con quelle del Barbiere di Siviglia e di Don Pasquale. Sul podio, Daniel Oren mostra il suo lato migliore: quello del musicista dall'istinto innato e infallibile per il canto, capace di accompagnare le voci con complice trasporto, se si instaura quella sintonia che con Pratt pare evidente. Non manca l'esuberanza che del direttore israeliano è sempre stato un tratto distintivo, quel gusto sanguigno di un bel suono pieno, tornito, sostenuto e assecondato dall'orchestra in una resa sempre di qualità.

Al termine, grandi applausi e la consegna a soprano e direttore delle chiavi dell'Acetaia comunale e di una pregiata confezione di aceto balsamico. Poi, il bis: qualcuno chiede “Casta diva”, ma con le parti sui leggii non si può improvvisare e cambiare all'ultimo momento. Così, invece dell'inno alla pace lunare, dopo deliri e dolori, si passa al mordace sarcasmo del pieno Novecento: Bernstein, Candide, “Glitter and be gay”. L'esplosiva esaltazione dello scintillante benessere a cui tutto si può sacrificare con due lacrime opportune: Jessica Pratt è ancora una volta strepitosa e può mostrarsi spiritosa. E in sala è un tripudio.

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CD, Pratt, Delirio

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