Il trionfo del vecchio stile

di Irina Sorokina

Un raro dittico unisce due opere di Rinskij Korsakov assai diverse ma consequenziali nella trama in una produzione fortemente legata alla tradizione, con il recupero di scene storiche.

San Pietroburgo, 25 marzo 2025 - Un bel tuffo nel passato. La fanciulla di Pskov (Псковитянка (Pskovityanka) in russo),la prima opera di uno dei più grandi compositori del secondo Ottocento, il più “russo”, insieme a Modest Petrovič Musorgsky, Nikolay Andreevič Rimsky-Korsakov, non si vede spesso nei teatri d’opera. La sua notorietà è superata alla grande da Una notte di maggio (1880), La fanciulla di neve (1881), La notte alla vigilia di Natale (1895), Sadko (1896), Mozart e Saleri (1898), La sposa dello zar (1899), La fiaba dello zar Saltan (1900), La leggenda della città invisibile di Kitež e la vergine Fevronia (1904), Il gallo d’oro (1907). Un bel tuffo nel passato anche per quel che riguarda la messa in scena al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, che ha preso la decisione di usare storiche scenografie e costumi del mitico Fedor Fedorovsky, artista simbolo dell’arte scenografica dell’epoca staliniana, che risalgono al lontanissimo 1951. Nel 2003 furono distrutte dall’incendio nelle botteghe scenografiche del Mariinskij; la loro ricostruzione, dovuta a Vyačeslav Okunev e Tatiana Noginova, risale al 2008, anch’esso già lontano. Ma c’è un’altra particolarità dello spettacolo che si ha fortuna di seguire al Mariinsky-2, un teatro avveniristico sorto a fianco della storica sede: La fanciulla di Pskov viene preceduta da La boiarda Vera Šeloga, l’opera in un atto che chiarisce la vicenda di Olga Tokmakova, la figlia illegittima di Vera, avuta non dal marito, principe Yurij Tokmakov, ma dallo zar della Moscovia Ivan IV entrato nella storia come Ivan il Terribile, con cui ebbe solo un incontro. Vera Šeloga è un’opera a parte, ma al Teatro Mariinskij viene trattata come il prologo della Fanciulla di Pskov.

A distanza di tanti anni, non perdono il loro fascino e destano una grande ammirazione le scenografie firmate da Fedor Fedorovsky (a proposito, le stelle rosse che coronano le torri del Cremlino di Mosca, sono sue creazioni) e ideate per il Teatro Bol’šoj della capitale russa. Sono una specie d’icona di stile dell’epoca in cui l’artista visse, grandiose e lussuose, dettagliate e colorate e potrebbero far sospettare una paura del vuoto. Al giorno d’oggi, scenografie del genere hanno tutte le possibilità di considerarsi superate fino a risultare fastidiose, e qualche occhio potrebbe essere addirittura disturbato dal loro stile che punta a imitare la realtà. Qualche occhio si, ma gli occhi del grande pubblico quasi certamente no. E anche un cronista che non ha molti ricordi di questo “grande stile” sovietico, potrebbe subire il fascino della “mania” di grandezza, dell’intenzione di rappresentare nel modo più realistico il bosco verde dove avviene l’incontro di Vera con lo zar Ivan o la piazza di Pskov con le mura antiche e la facciata della cattedrale dominata dall’immagine di Cristo dipinta nella tradizione bizantina. Lo stile pittoresco e grandioso, lo spazio scenico pieno di oggetti, il dominio dei colori accesi... questo stile tipico per l’epoca staliniana potrebbe suscitare delle critiche, ma al grande pubblico piace. E può piacere anche ad altre categorie del pubblico.

In questa cornice unica nel suo genere, ormai, il regista Jurij Laptev inserisce la vicenda della Fanciulla di Pskov (per Vera Šeloga, invece, scene e costumi sono scelte da Petr Okunev – la locandina riporta solo quest'informazione). La strada scelta dal regista è facilmente comprensibile; si limita a inscenare il libretto nel modo più realistico, e anche i cantanti disegnano i loro personaggi in modo realistico. Questa pratica teatrale entra in conflitto col teatro di regia, ma il successo della messa in scena dimostra l’alto gradimento di questo tipo di spettacolo.

In questa sera di fine marzo, tocca al soprano Irina Čurilova portare sulle spalle un doppio peso: in Vera Šeloga interpreta la parte della protagonista, nella Fanciulla di Pskov è sua figlia Olga. La solida preparazione vocale della cantante, la resistenza e le doti attoriali destano un’ammirazione sincera. È convincente in entrambi i ruoli, madre e figlia, ovviamente, diverse, ma anche simili, per quanto riguarda la forza interiore e il coraggio di andare a incontrare il proprio destino. La voce morbida, dal timbro incantevole e dal volume importante, permette al soprano di tuffarsi quella specie di oceano con cui si può paragonare la musica di Rimskij-Korsakov con naturalezza assoluta e un grande abbandono. Il risultato sono due ritratti di donne dall’animo forte, capaci di amare davvero e compiere dei grandi sacrifici.

In Vera Šeloga, che nel programma di sala figura come il Prologo, sono impegnati artisti del Mariinsky di alto livello, alcuni vincitori di concorsi di canto internazionali: Dmitry Grigor’ev veste i panni del boiardo Ivan Semenovič Šeloga, Dar’ja Ryabokon’ di Nadežda Nasonova, sorella di Vera, Anton Perminov del principe Jurij Ivanovič Tokmakov, il promesso sposo di Nadežda e Nadežda Serdyuk di Vlas’evna, bambinaia di Nadežda. Il quartetto di cantanti attori preparatissimi fa la forza della messa in scena dell’opera breve di un compositore che pochi conoscono e che meriterebbe attenzioni maggiori.

Dopo la conclusione di Vera Šeloga, una rosa dei nomi degli uomini del Mariinsky conferisce alla storica Fanciulla di Pskov un evidente carattere lussuoso: Aleksandr Morozov dona allo zar Ivan il Terribile voce di basso bella, ma non sufficientemente voluminosa e profonda. Lo “salvano” le grandi doti di musicista e interprete, è sempre attento alla sua vicenda personale e penetra in profondità della sua psicologia. Lo zar vissuto nell’epoca di Elisabetta II d’Inghilterra appare in tutta la ricchezza interiore, un miscuglio impressionante di crudeltà al margine della follia e di dolcezza del padre. Il basso Gennady Bezzubenkov nel ruolo del principe Yurij Ivanovič Tokmakov, governatore di Pskov nominato dallo zar e padre adottivo di Olga, riesce a “domare“ con disinvoltura un ruolo non di certo facile. Nikolay Gassiev dà il volto e la voce a Nikita Matuta: grazie al talento d'interprete il boiardo vigliacco appare come vivo agli occhi al pubblico. Dmitriij Demidčik veste i panni di Mikhajlo Tuča, l'innamorato di Olga con grande slancio e affascinante spirito eroico. La voce di tenore lirico spinto dal bel timbro si unisce felicemente alla grinta d'interprete e alla buona pronuncia. Il basso Grigorij Karasev disegna con intelligenza e profondità il ritratto del medico dello zar, il tedesco Bomelij (lo ritroveremo anche nell'opera di Rimskij-Korsakov ben più famosa della Fanciulla di Pskov, La sposa dello zar). Molto disinvolti e profondamente umani sono gli interpreti dei ruoli di contorno, Varvara Solov'yeva (Stepanida Matuta), Nadežda Serdjuk e Marina Mareskina rispettivamente nei ruoli di Vlas'evna e Perfil'evna, due balie, Ivan Skuratov (lo scagnozzo dello zar Maljuta Skuratov), Stepan Zavališin (una guardia).

Un compito gigantesco tocca al direttore Gurgen Petrosjan, classe 1991: è incaricato a dirigere una specie di dittico, due opere legate tra di loro, ma profondamente diverse. Riesce a cavarsela dignitosamente, la sua direzione è generica, ma sufficientemente precisa: confidiamo nella sua crescita artistica. Il coro del Teatro Mariinskij preparato da Konstantin Rylov (direttore principale) e Nikita Gribanov gioca un ruolo importantissimo nella Fanciulla di Pskov, dove il popolo è il vero protagonista, ed è magnifico.